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CANTO VENTESIMOSESTO.

CERCHIO OTTAVO; BOLGIA OTTAVA: CONSIGLIERI FRAUDOULISSE E DIOMEDE.

LENTI.

Godi, Firenze, poi che se' sì grande
Che per mare e per terra batti l' ali,
E per l'inferno il nome tuo si spande.
4 Tra li ladron trovai cinque cotali

Tuoi cittadini, onde mi vien vergogna,
E tu in grande onranza non ne sali.

7 Ma se presso al mattin del ver si sogna,

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1. GODI: parole di amarissima ironía. Firenze aveva motivo di rattristarsi sapendo di nutrir tanti ladri nel suo seno. SÌ GRANDE: tale era davvero; qui è detto per ironía. La vera lode rende ancor più amara l' ironica apostrofe.

2. BATTI L'ALI: voli per mare e per terra. «Erano allora i Fiorentini sparti molto fuor di Fiorenza per diverse parti del mondo, et erano in mare et in terra, di che forse li Fiorentini se ne gloriavano.» Buti. Ma Firenze avea poi anche mala fama de' traffici che fece per di quà e di là del mare. «Oh misera, misera patria mia! quanta pietà mi stringe per te, qual volta leggo, qual volta scrivo cosa che a reggimento civile abbia rispetto!»> Conv. tr. IV. c. 27.

3. SI SPANDE: avendo Dante trovato fiorentini pressochè in tutti i cerchi infernali. «Tanto se' grande, che non ti basta lo mare e la terra; ma ancora l' inferno è pieno di te.» Buti.

4. CINQUE: Cianfa, Agnello, Buoso, Puccio e Guercio Cavalcanti, de' quali ha trattato nel canto antecedente. COTALI: di tal condizione. Que' cinque erano stati de' primari cittadini fiorentini.

5. MI VIEN VERGOGNA: pensando che ladri sono i tuoi principali cittadini.

6. ONRANZA: orranza, onoranza. Cfr. Inf. IV, 74. L' aver io trovato nell' inferno tra i ladroni cinque tuoi cittadini sì notabili e distinti non ti fa troppo onore.

7. DEL VER SI SOGNA: Gli antichi credevano che i sogni fatti presso al mattino annunziassero veramente ciò che dovesse accadere. Ovid. Heroid. Ep. XIX, 195:

Namque sub auroram jam dormitante Lucina,
Tempora quo cerni somnia vera solent.

Tu sentirai di qua da picciol tempo
Di quel che Prato, non ch' altri t'agogna.
10 E se già fosse, non saria per tempo;
Così foss' ei, da che pure esser dee!

Chè più mi graverà, com' più m' attempo.

E Dante chiama altrove (Purg. IX, 16 e seg.) il mattino l'ora in cui la mente nostra peregrina

Più dalla carne, e men da' pensier presa,

Alle sue vision quasi è divina.

Non volendo ascriversi il dono della profezía Dante finge aver visto insogno sul mattino le calamità che egli vaticina alla sua patria. All' incontro Biag.: «Non si creda che il Poeta sognasse in su l'aurora le cose che dirà. Oibò! Vuol dire che, siccome i sogni del mattino mostrano del vero, così il guasto e disordinato vivere della città facevano antivedere i disastri ch' erano per sopravvenire alla medesima.» Ma il concetto del Poeta vuolsi raccoglierlo dalle sue parole, e queste accennano ad un sogno, non al guasto e disordinato vivere della città. Inoltre noi non affermiamo che il Poeta sognasse davvero, bensì ch' egli finge d' aver sognato. 8. SENTIRAI: proverai, sperimenterai. Cfr. Virg. Aeneid. VII, 432-435: Cœlestum vis magna jubet. Rex ipse Latinus Ni dare conjugium, et dicto parere fatetur, Sentiat, et tandem Turnum experiatur in armis.

DI QUA: tra non molto.

-

9. DI QUEL: male. AGOGNA: desidera ardentemente. In breve vedrai col fatto avverati i male in te, i quali i tuoi nemici, fra essi Prato già da te oppressa, ti desiderano. O Dante parla quì in generale: nel qual caso questo luogo proverebbe che egli credeva grandi disastri dovessero piombar addosso a Firenze. O il suo è un vaticinium post eventum ed egli allude a fatti particolari: e in tal caso queste sue parole dovranno riferirsi alle sciaguratissime divisioni de' cittadini dopo il 1300, cfr. G. Vili. 1. VIII, c. 39 e seg., 68 e seg., alla rovina micidiale del ponte alla Carraia, Vill. 1. VIII, c. 69., al terribile incendio avvenuto il 10 giugno 1304, Vill. 1. VIII, c. 71., alle sciagure che seguirono l'entrata di Carlo di Valois, ecc. ecc. O Dante mira per avventura ad un fatto particolarissimo, allora bisognerà dire che egli fa menzione di Prato in riguardo del Cardinale Niccolò di Prato, legato del papa, il quale «subitamente si partì di Firenze a dì 4 di giugno 1304, dicendo a' fiorentini: Dappoichè volete essere in guerra e in maledizione, e non volete udire nè ubbidire il messo del Vicario di Dio, nè avere riposo nè pace tra voi, rimanete colla maledizione di Dio e con quella di Santa Chiesa, scomunicando i cittadini, e lasciando interdetta la cittade, onde si tenne che per quella maladizione, o giusta o ingiusta, ne fosse sentenzia e gran pericolo della nostra cittade, per le avversità e pericoli che le avvennero poco appresso.» G. Vill. 1. VIII, c. 69. Quest' ultima opinione ci sembra la più probabile. V' ha poi chi prende Prato per nome di persona il cardinale da Prato, e per altri intende il card. Napoleone degli Orsini, inviato da Clemente V a distogliere i fiorentini dall' assedio di Pistoja (1306), il quale «da capo gli scomunicò, e confermò lo interdetto.>> G. Vill. 1. VIII, c. 85. Anche questa opinione, emessa dal prof. Minich (Delle relazioni tra la vita e l'esiglio di Dante ecc. Venez. 1865. pag. 43), non è del tutto priva di fondamento.

10. SE GIÀ FOSSE: se i guai che ti si agognano ti avessero già colta. - PER TEMPO: non sarebbe troppo presto, avendoli tu meritati già da un pezzo.

11. Così Foss' EI: volesse Iddio che questi mali ti fosser' già avvenuti, dacchè tu non puoi evitarli!

12. PIÙ MI GRAVERÀ: mi sarà tanto più doloroso il veder questi mali piombarti adosso, quanto più essi indugeranno, quanto più io m' attempo, cioè invecchio. «Alcuni veggono in queste parole un' insaziabile desío

13 Noi ci partimmo, e su per le scalée

Che n' avean fatte i borni a scender pria,
Rimontò il duca mio, e trasse mee.

16 E proseguendo la solinga via

Tra le schegge e tra' rocchi dello scoglio,
Lo piè senza la man non si spedia.

di vendetta, quasi dicesse: io non godrei più a lungo di tua pena, se la ti cogliesse negli anni miei tardi; altri: quanto più tardo il castigo divino, tanto più sarà tremendo, ed io, che t' amo, n' avrò più dolore; altri in fine, e con questi andiamo noi, che Dante conti pure il suo esiglio fra' tristi destini della sua patria, e desideri quindi che gli tocchi in giovinezza, quando l' uomo comporta meglio anco le cose più dure, piuttosto che nell' età avanzata.» Blanc, Versuch ecc. I, pag. 236. 237.

13. Nor: Dante e Virgilio.

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PARTIMMO: dalla riva dell' argine ottavo, ove eravamo calati per poter discernere gli abitatori della settima bolgia. >>Al canto XXIV, 67, stanno i poeti in sul ponte che s' inarca sopra la settima bolgia, ma questa è sì oscura, che Dante dall' alto non può discernere cosa alcuna al fondo, v. 75: giù veggio e niente affiguro; e però dice a Virgilio v. 73: dismontiam lo muro, il quale non può essere che il ponte, cui dobbiamo immaginare a vôlte sfogate. Al fondo della bolgia non discendon già, perchè quivi tutto è pieno di serpenti, e perchè al v. 79 è detto chiaramente com' essi giungano all' estremità del ponte (alla testa), ove s' aggiunge coll' ottava ripa, e di lì possano quindi correr coll' occhio al fondo della bolgia, E poi mi fu la bolgia manifesta, come pure al XXV, 35 è notato espressamente che le ombre eran sotto di loro, E tre spirti venner sotto noi. Qui trovansi tuttavia allo stesso luogo sull' argine, e ad andare innanzi devono risalire il ponte.» Blanc. 1. c. — SCALÉE: ordine di scale. Rimontammo su per quelle sporgenze di scoglio, le quali ci eran servite di scala a scender giù.

14. BORNI: è un anak keyópevov, derivato probabilmente dal francese bornes. Dante chiama così i rocchi sporgenti. Altri spiegano diversamente. Alcuni (Lan., An. Fior., Cod. Cass.) leggono iborni. L' An. Fior.: «gombi e chinati, come va chi a tentone scende.» Lan. e Postill. Cass.: «freddi e stanchi», il che è una spensieratezza. Eppure, chi lo crederebbe? quel tal Scarabelli difende anche qui il Laneo! Uomo proprio singolare, quel dottorone di Scarabelli! Andando giù per una discesa un po' difficile altri figli di Adamo sogliono aver caldo, la fatica facendoli sudare; lui all' incontro ha freddo!! Risum teneatis amici! L' Ott.: «i borni, cioè li ladri fecero loro prima discendere.» Benv. Ramb.: «borni rocchi che sporgevano dalla riva.» Buti e Barg. leggono: Che il buior n' avea fatto scender prima, correzione, o piuttosto corruzione di copisti ignoranti. Land. e Vell.: «borni= = abbagliati et di cattiva vista; perciocchè borni in Bolognese significa questo.» E il povero Lana Bolognese nol sapea! Dan., Volpi, Vent.: «borni = = quelle pietre, che sogliono avanzar fuori d'alcun muro, che si lascia imperfetto e non compito.» Il francese bornes dinota quelle pietre sporgenti dai canti degli edifizi per difendere la muraglia dagli urti de' carri; qui rocchi, massi sporgenti. Così quasi tutti i moderni coi quali stiamo anche noi lasciando del resto che ognuno la intendi a suo modo.

15. MEE: me. Mee è forma antica che si usa anche oggigiorno in Toscana.

17. SCHEGGE: minori de' rocchi. DELLO SCOGLIO: dell' ottavo ponte. 18. SENZA LA MAN: bisognava adoperare anche le mani aggrappandosi onde poter rimontare. Da un confronto del c. XVIII, 70. XIX, 130 e seg. XXIV, 61-63 risulta che gli scogli o ponti si fanno sempre più erti, quanto più i Poeti si avvicinano al centro dell' inferno. Cfr. Purg. IV, 33: E piedi e man voleva il suol di sotto.

19 Allor mi dolsi ed ora mi ridoglio

Quando drizzo la mente a ciò ch' io vidi;
E più lo ingegno affreno ch' io non soglio,
22 Perchè non corra che virtù nol guidi;

Si che se stella buona, o miglior cosa

M' ha dato il ben, ch' io stesso nol m' invidi. 25 Quante il villan, che al poggio si riposa,

28

31

Nel tempo che colui che il mondo schiara
La faccia sua a noi tien meno ascosa,
Come la mosca cede alla zenzara,

Vede lucciole giù per la vallea
Forse colà dove vendemmia od ara;
Di tante fiamme tutta risplendea

L'ottava bolgia sì com' io m' accorsi
Tosto che fui là 've il fondo parea.

34 E qual colui che si vengiò con gli orsi

19. MI DOLSI: vedendo ciò ch' io vidi. -MI RIDOGLIO: ricordandomene. Dai seguenti versi alcuni arguiscono che in questo Canto il Poeta tratti di persone e di cose da non poterne apertamente parlare con prudenza (Cfr. Graziani: Interpretazione dell' Allegoria della D. C. Bologna 1871. pag. 239). Ma le sono fantasie. All' aspetto delle pene di coloro che abusarono del loro ingegno Dante sente timore di abusarne anche lui, e di questo timore egli parla nei seguenti versi.

20. DRIZZO LA MENTE: ripenso.

21. AFFRENO: tengo in freno il mio ingegno più del solito e più dell' usato lo assoggetto alla virtù, avendo visto come son puniti coloro che lo abusarono col dare astuti e mali consigli.

23. STELLA BUONA: influenza propizia de' pianeti. MIGLIOR COSA: la grazia divina. Cfr. XV, 46. XXI, 82.

24. IL BEN: l' ingegno. NOL M' INVIDI: nol tolga a me stesso, nol perda. Qui sibi invidet, nihil est illo nequius. Eccles. XIV, 6.

25. QUANTE: vede lucciole, v. 29. Tosto che fui giunto sul colmo del ponte, là dove appariva il fondo della bolgia, la vidi tutta risplendere di tante fiamme, quante lucciole nella state, sul far della notte, il villano che sta sul poggio a riposarsi vede svolazzare per la vallata.

26. NEL TEMPO: nel solstizio estivo dopo il tramonto del sole. COLUI: il sole.

27. TIEN MENO ASCOSA: sta più lungo tempo sopra l'orizzonte che sotto; nella stagione estiva.

28. COME: tostochè la mosca si riduce a riposare, e la zanzara esce a volare, cioè sul far della notte.

29. GIÙ: guardando giù per la vallata. - VALLEA: valle, vallata. 30. VENDEMMIA OD ARA: le due principali occupazioni del contadino. 31. RISPLENDEA: luceva. Cfr. Virg. Aen. XI, 207 e seg.

Cetera, conjusæque ingentem cædis acervom,

Nec numero nec honore cremant; tunc undique vasti
Certatim crebris conlucent ignibus agri.

33. LÀ: sull' arco del ponte. IL FONDO: dell' ottava bolgia. PAREA: appariva.

34. COLUI: Eliseo profeta, discepolo di Elia. SI VENGIÒ: Eliseus ascendit autem inde in Bethel: cumque ascenderet per viam, pueri parvi egressi sunt de civitate, et illudebant ei, dicentes: Ascende calve, ascende calve! Qui cum respexisset, vidit eos, et maledixit eis in nomine Domini: egressique sunt duo ursi de saltu, et laceraverunt ex eis quadraginta duos

37

Vide il carro d' Elia al dipartire,
Quando i cavalli al cielo erti levôrsi,
Che nol potea sì con gli occhi seguire
Che vedesse altro che la fiamma sola
Sì come nuvoletta in su salire:
40 Tal si movea ciascuna per la gola

Del fosso; chè nessuna mostra il furto,
Ed ogni fiamma un peccatore invola.
43 Io stava sovra il ponte a veder surto,

Si che, s' io non avessi un ronchion preso,
Caduto sarei giù senza esser urto.

46 E il Duca che mi vide tanto atteso

Disse: «Dentro da' fochi son gli spirti;

pueros. IV Reg. II, 23. 24. VENGIO: vendicò; da vengiare per vendicare,

cfr. IX, 54.

35. IL CARRO: Cumque Elias et Eliseus pergerent, et incedentes sermocinarentur, ecce currus igneus, et equi ignei diviserunt utrumque: et ascendit Elias per turbinem in cœlum. Eliseus autem videbat et clamabat: Pater mi, pater mi, currus Israel, et auriga ejus. Et non vidit eum amplius. IV Reg. II, 11. 12.

36. LEVORSI: si levarono; così anche Inf. XXXIII, 60. È sincope di levorosi. Usatissimo agli antichi. Cfr. Nannuc. Anal. crit. pag. 192 e seg.

37. SEGUIRE: accompagnarlo con lo sguardo. Oculisque sequuntur pulveream nubem. Virg. Aen. VIII, 592. Oculisque sequacibus auras. Stat. Theb. III, 500.

39. NUVOLETTA: Cfr. Vit. Nuoo. §. 23: «Io immaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere moltitudine di Angeli, li quali tornassero in suso, ed avesser dinanzi di loro una nebuletta bianchissima.» Canz. II, 57 e seg.:

Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
E vedea, che parean pioggia di manna,
Gli Angeli che tornavan suso in cielo;
Ed una nuvoletta avean davanti.

40. TAL: corrisponde a qual v. 34. — CIASCUNA: di quelle tante fiamme accennate al v. 31.

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42. OGNI: quantunque moltissime, v. 25 e seg. INVOLA: contiene entro di sè. Colla prima similitudine il Poeta vuol darci ad intendere quanto grande si fosse il numero delle fiamme che egli vedeva nella bolgia ottava, colla seconda in qual modo esse gli apparissero. Non vedea, come Eliseo, altro che la fiamma sola, v. 37; ma ogni fiamma nascondeva uno spirito, come quella fiamma che Eliseo vedeva nascondea il profeta Elia. I mali consiglieri sono avvolti in fiamme, i loro consigli essendo scintille d'incendio; le fiamme sono acute in punta, e somigliano così alle lor lingue spargitrici d'incendio. Et lingua ignis est ... inflammata a gehenna. S. Jac. Ep. III, 6.

43. SURTO: in punta di piedi e sporto con la persona in sulla bolgia, in modo che, se non mi fossi tenuto ad un masso dello scoglio, sarei cascato giù. Cfr. v. 69.

45. URTO: urtato, spinto; come compro per comprato, trovo per tro

vato ecc.

46. ATTESO: attento a mirare.

47. DENTRO DA' FOCHI: dentro le fiamme.

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