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94 «In mezzo mar siede un paese guasto»>,
Diss' egli allora, «che s'appella Creta,
Sotto il cui rege fu già il mondo casto.
Una montagna v' è, che già fu lieta

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D' acque e di frondi, che si chiamò Ida; Ora è diserta come cosa vieta. 100 Rea la scelse già per cuna fida

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Del suo figliuolo; e per celarlo meglio,
Quando piangea vi facea far le grida.
Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,

94. IN MEZZO MAR: in mezzo del mare. Virgil. En. 1. III, v. 104 e seg.:

Creta Jovis magni medio jacet insula ponto;

Mons Idæus ubi, et gentis cunabula nostræ.

UN PAESE: Creta, isola del Mediterraneo, donde l'origine dei Troiani, da' quali poi Enea, da cui l' Impero. B. B. GUASTO: disertato e rovinato. Si credeva che anticamente avesse avuto cento città

Centum urbes habitant magnas, uberrima regna

Virg. En. 1. III, v. 106.

«Chiamala paese guasto, e così è, per rispetto a quello che anticamente esser solea. Oggi la tengono i Veneziani tirannescamente, e hanno di quella cacciati molti antichi paesani, e gran parte d' essa, il cui terreno è ottimo e fruttifero, fanno star sodo e per pasture, per tener magri quelli della contrada.» Bocc.

96. REGE: Saturno. CASTO: puro, senza vizi. Quando Saturno regnava in Creta il mondo ebbe l' età dell' oro.

Primus ab ætherio venit Saturnus Olympo.
Aurea quæ perhibent, illo sub rege fuerunt
Sæcula; sic placida populos in pace regebat.
Deterior donec paullatim ac decolor atas,
Et belli rabies, et amor successit habendi.

Virg. En. VIII, 319 e seg.

99. VIETA: Vecchia, fracida e siappa: onde si dice saper di vieto una cosa, quando è divenuta vecchia. Dan.

100. REA: moglie di Saturno e madre di Giove, detta anche Cibele.

Hinc Mater cultrix Cybeli, Corybantiaque æra,
Idæumque nemus: hinc fida silentia sacris

Et juncti currum dominæ subiere leonis.

101. FIGLIUOLO: Giove.

Virg. En. 1. III, v. 111 e seg.

CELARLO: a Saturno.

102. LE GRIDA: ai Cureti suoi servi. Onde render vana una profezia, che egli sarebbe stato detronato dai suoi figli, Saturno gli divorava uno dopo l'altro. Alla nascita di Giove Rea gli presentò una pietra a divorare invece del fanciullo il quale ella fece trasportare a Creta e nascondere in una grotta del monte Dicte, ove egli venne allevato dalle ninfe Adraste ed Ida, mentre la capra Amaltea gli teneva le veci di balia e le api gli recavano del miele. Onde impedire che Saturno udisse le grida del bambino Rea diede ordine ai Cureti, suoi servitori, di fare grande romore attorno di lui con spade, scudi, cembali ed altri stromenti.

103. UN GRAN VEGLIO L'intenzione di Virgilio è d'instruire Dante sopra l'origine dei fiumi infernali. È chiaro che l' imagine del veglio dentro dal monte in Creta, è tratta dal sogno di Nebucadnezar nel libro di Daniele; inoltre è pur chiaro che Dante la spiega in altro modo. Non trattasi qui di parecchie monarchie succedentisi l' una all' altra, ma della storia generale del genere umano; e come appresso gli antichi occorre la

Che tien volte le spalle invêr Damiata,
E Roma guarda sì come suo speglio.
106 La sua testa è di fin' oro formata,

E puro argento son le braccia e il petto,
Poi è di rame infino alla forcata;

tradizione dell' età dell' oro, d' argento ecc., e Giovenale (Sat. XIII, 28) dice del suo tempo, che esso sia tanto corrotto da non potersi paragonare a verun metallo, così in Dante il peggiorare de' metalli dinota l'invilimento degli uomini. Egli locò in Creta la statua, tra per l'antica tradizione che quivi fiorisse l' età dell' oro sotto Saturno, e per essere quell' isola, secondo le cognizioni d' allora, proprio nel mezzo alle tre parti del mondo conosciute, onde potè essere considerata quale centro e principio del genere umano. La statua volge le spalle a Damiata (città d'Egitto sul Nilo), e la faccia a Roma, o ad indicare in generale il processo della storia, che sorta dall' oriente passò all' occidente, o, meglio forse, l'avanzamento della coltura, che dalla rozza idolatria egiziana si levò alla cristiana verità, la quale in Roma si accentra. L'un piede ha di ferro, l'altro di creta e in su questo più che sull' altro par che si posi. La dichiarazione più ovvia sarebbe certo, che il peggiorare della razza umana fosse lì per toccare l'estremo; ma gli è del pari assai verosimile che in siffatti piedi debbasi cercare un altro riscontro nascoso; nel piè di ferro, come pensan pure parecchi degli interpreti più antichi, l' Impero, e in quel di terra cotta, la Chiesa. Bl. Ecco una grande statua, il cui splendore era eccellente, era in piè, e il suo aspetto era spaventevole. Il capo di questa statua era d'oro fino; il suo petto e le sue braccia d' argento; il suo ventre e le sue cosce di rame; le sue gambe di ferro; i suoi piedi, in parte di ferro, in parte d' argilla. Daniele c. II, v. 31-33.

104. TIEN VOLTE: la monarchia universale, l' ideale vagheggiato da Dante, dopo aver cercato invano di stabilirsi in Oriente, gli volge le spalle e mira verso Roma, vera sede di tal monarchia.

105. ROMA GUARDA: Creta è in linea retta tra Damiata d' Egitto e Roma. Damiata giace sul confine dell' Asia e dell' Africa. Il veglio, imagine della storia universale le volge le spalle. Il corso della storia è conforme al corso del cielo, dall' oriente all' occidente, vedi Parad. VI, 1 e seg. Roma è la sola speranza dell' avvenire della monarchia, e perciò il veglio la riguarda come suo specchio. Vedi De Monarch. 1. II, e Conv. t. IV, c. 5.

106. LA SUA TESTA: la prima età, ossia l' età dell' oro. 107. LE BRACCIA: seconda età, l' età d' argento.

108. FORCATA: fino alle coscie. Terza età, l' età di rame.

Nel Conv.

t. IV, c. 5: Il mondo non fu mai nè sarà si perfettamente disposto, come allora che alla voce d' un solo principe del roman popolo e comandatore fu ordinato. E però pace universale era per tutto, che mai più non fu nè fia. E nel De Monarchia l. I. c. 16. Sub divo Augusto monarcha, existente monarchia perfecta. La prima età sarà dunque per Dante il secolo d' Augusto; la seconda età i tempi in cui l' imperio romano cominciava già a decadere, conservando tuttavia qualche splendore di virtù civili e militari; la terza età i tempi dell' intiera decadenza dell' imperio fino alla sua divisione alla morte di Teodosio, figurata nella forcata della statua. Nelle gambe di ferro coll' un piede di terra cotta è figurata la quarta età, ossia quella che, almeno ai tempi di Dante, era la presente. Il ferro allude alle guerre di ogni sorta, che formano quasi tutta la storia di quella età; il più di terra cotta, sul quale la statua più che su quel di ferro si poggia, denota la vile e fragile base sulla quale gli ordini e le istituzioni politiche e della chiesa si fondano, e vuol fors' anco dire oltre a ciò, che il tutto dovrà cadere in breve e la storia umana sia vicina al suo fine. In ogni età, dalla promulgazione del Cristianesimo in poi, si credette il giudizio finale non esser più molto lontano. El ultimo tempo, scriveva già l' apostolo S. Giovanni (1. Ep. II, 18), e questo grido rimbombò per tutto il medio evo e sino ai giorni nostri,

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Da indi in giuso è tutto ferro eletto,

Salvo che il destro piede è terra cotta,

E sta in su quel, più che in su l'altro, eretto.
Ciascuna parte, fuor che l' oro, è rotta
D'una fessura che lagrime goccia,

Le quali accolte foran quella grotta.
Lor corso in questa valle si diroccia:
Fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
Poi sen van giù per questa stretta doccia
Infin là ove più non si dismonta.

109. ELETTO: senza alcuna mistura d' altro metallo.

111. ERETTO: appoggiato. Dell' età presente Giovenale Sat. XIII:
Nona ætas agitur, pejoraque sæcula ferri
Temporibus, quorum sceleri non invenit ipsa
Nomen, et a nullo posuit natura metallo.

112. CIASCUNA PARTE: della statua. FUORCHÈ L' ORO: nella prima età gli uomini erano felici e non spargevan lagrime di dolore che avesser potuto fendere l' aureo capo.

114. ACCOLTE: radunate insieme.

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GROTTA: nella quale la statua colossale stà dritta, avendo già detto nel v. 103 che essa sta dentro dal monte.

115. DIROCCIA: scende giù di rocca in rocca nella valle infernale. 116. FANNO: Le lagrime che il veglio, figurante l' uman genere, piove da tutte le fessure ond'è vulnerato, fuor che dal capo d'oro, sono l' universalità dei peccati commessi da tutti gli uomini delle tre ultime età viziate, e colanti nel gran baratro Che il mal dell' universo tutto insacca (Inf. VII, 18); e fanno da prima il fiume nomato la triste riviera d'Acheronte; il qual fiume poi ricompare buio molto più che perso nel cerchio degli avari; si dilaga nella palude Stige, ove stanno attuffati gl' iracondi; forse, nella intenzione del Poeta, è il medesimo che, trasmutato in sangue bollente, cruccia i violenti del primo girone, perocchè rosso e bollente spiccia fuori alquanto sotto, ossia dalla triste selva dei suicidi col nome di Flegetonte; e pervenuto al fondo che divora Lucifero con Giuda, si rappiglia in una immensa spera di ghiaccio denominata Cocito. Codesto fiume derivato da sì rea fonte, che percorre le diverse regioni dell' Inferno sotto quattro nomi, è il contrapposto di quell' altro che pullula dal mezzo e irriga la divina foresta del Purgatorio, si biparte in Eufrate e Tigri che poscia mutano nome, quello in Lete e questo in Eunoè. Il fiume infernale è originato dalla corruzione dell' uman genere, cresce in malignità di mano in mano che avanza nel corso, funesta la dimora de' presciti, ossia del secolo malvagio, ed è strumento di punizione de' medesimi; quello della divina foresta

esce da fontana salda e certa, Che tanto dal voler di Dio riprende Quant' essa versa da due parti aperta,

(Purg. XXVIII, 124 e seg.) fluisce con onda limpidissima ad abbellire la Chiesa di Dio, acquista correndo virtù dall' una parte di astergere ogni memoria delle passate colpe, dall' altra di conferire ogni dovizia di beni spirituali. In una parola, il primo è l'emblema della colpa, il secondo della grazia: quello del male, questo del rimedio (V. Barelli: L' Allegoria della Div. Com. pag. 90-92). FLEGETONTA: per Flegetonte, come orizzonta per orizzonte Inf. XI, 113. 117. DOCCIA: canale, condotto; dal lat. barb. doga.

118. LÀ: al fondo dell' Inferno che è il punto al qual si traggon d'ogni parte i pesi (Inf. XXXIV, 110. 111), oltre il quale non si dismonta (= scende) più, ma si sale all' emisfero opposto.

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Fanno Cocito; e qual sia quello stagno,
Tu il vederai; però quì non si conta.»
Ed io a lui: «Se il presente rigagno

Si deriva così dal nostro mondo,

Perchè ci appar pure a questo vivagno?»
Ed egli a me: «Tu sai che il luogo è tondo,
E tutto che tu sii venuto molto

Pur a sinistra giù calando al fondo,
Non se' ancor per tutto il cerchio vôlto
Perchè, se cosa n' apparisce nuova,
Non dee addur maraviglia al tuo volto.»
Ed io ancor: Maestro, ove si trova
Flegetonte e Letè? Chè dell' un taci,
E l'altro di' che si fa d' esta piova.»
«In tutte tue question certo mi piaci»,
Rispose, «ma il bollor dell' acqua rossa

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119. FANNO: là al fondo dell' Inferno quelle lagrime formano il fiume Cocito. - STAGNO: le acque del Cocito sono ferme e ghiacciate.

120. NON SI CONTA: non ne faccio parola.

121. RIGAGNO: lo ha detto nel v. 77 picciol fiumicello. 122. SI DERIVA: viene dal mondo dei viventi.

così come tu dici.

123. PURE: soltanto. Perchè ci si mostra esso soltanto qui a questo vivagno, cioè all' orlo di questo girone, e perchè non lo abbiamo veduto già prima?

124. TU SAI: nel loro viaggio i Poeti percorrono la nona parte di ogni cerchio, dimodochè non hanno percorso l' intiera circonferenza dell' Inferno che quando ne sono giunti al fondo. Si ritrovano adesso nel settimo cerchio e non hanno ancora percorso l' intiera circonferenza. LUOGO: l' Inferno.

IL

126. PUR: sempre. Vanno sempre a sinistra, soltanto due volte, Inf. IX, 132 e XVII, 31 si volgono a man destra. — Al. più a sinistra, e: pure sinistra, l'ultima lezione probabilmente errore tipografico della Cominiana.

127. NON SE': non hai ancor percorso tutta la circonferenza dei cerchi infernali.

128. SE COSA: se nel corso del nostro viaggio noi troviamo cose non ancora viste nei cerchi già percorsi, ciò non dee recarti maraviglia. 129. VOLTO: la meraviglia dell' animo si esprime sul volto.

131. LETE: Come Climenè, Parad. XVII, 1. al. Letéo. Dante finge nel suo Poema di prestar fede alla mitologia, conseguentemente non poteva porre in dubbio l'esistenza del famoso fiume dell' obblio. DELL' UN: del Lete.

132. L'ALTRO: il Flegetonte. DI' dici. - D' ESTA PIOVA: dalle lagrime del veglio.

133. QUESTION: domande.

ardo;

134. IL BOLLOR: Flegetonte val fiume bollente, da heyw dunque il bollire della riviera sanguigna doveva farti accorto ch' essa è appunto il Flegetonte. Da questo rimprovero di Virgilio si vuol dedurre che Dante sapesse di Greco, poichè esso ne presuppone la cognizione. Ma onde sapere che Flegetonte vale fiume di fuoco ardente non era necessario di sapere il Greco, ma bastava conoscere il verso di Virgilio (En. 1. VI, v. 550): Quæ rapidus flammis ambit torrentibus amnis Tartareus Phle geton, e l'avvertenza di Servio (ad Aen. VI, 265: coll. 550) che dice come Virgilio Phlegetonta vocat ignem. (Vedi C. Cavedoni: Osservazioni critiche intorno alla questione se Dante sapesse di Greco. Modena 1860.)

Dovea ben solver l' una che tu faci. 136 Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, Là ove vanno l' anime a lavarsi Quando la colpa pentuta è rimossa.» 139 Poi disse: «Omai è tempo da scostarsi Dal bosco; fa che di retro a me vegne. Li margini fan via, che non son arsi, 142 E sopra loro ogni vapor si spegne.»>

135. L' UNA: la domanda: ove si trova Flegetonte? Il Flegetonte l' hai visto. « Dovevi congetturare da segni evidenti, che il Flegetonte mostravasi di nuovo, quando rivedesti le acque sanguigne e bollenti, giacchè sapevi che Flegetonte significa ardente.» Benv. Ramb.

136. DI QUESTA FOSSA: di questa cavità infernale. Dante pone il fiume Lete nel Purgatorio; vedi Purg. XXVIII, 121 e seg.

137. LÀ: in cima del Purgatorio.

138. PENTUTA: scontata mediante la penitenza. Pentuta è partic. della voce autica pentere, ed è passivo.

Di penter si mi punse ivi l'ortica,
Che di tutt' altre cose, qual mi torse
Più nel suo amor, più mi si fe' nimica.

RIMOSSA: levata via, rimessa.

Purg. XXXI, 85-87.

140. DAL BOSco: dalla triste selva del secondo girone.

seguitami.

VEGNE: venga;

141. MARGINI: del fiumicello, cfr. v. 83. — FAN VIA: ci permettono di passar oltre senza esser lesi. NON SON ARSI: non sono coperti di arena infuocata, cfr. v. 84.

142. VAPOR: fiamma, come al v. 35. principio del canto seguente.

SI SPEGNE: il perchè lo dirà al

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