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POLITICA

VOL. XXVII

ANNO IX

NUM. LXXVII

IDEALISMO E NAZIONALISMO

LA NAZIONALITÀ NELLA RELIGIONE E NELLA FILOSOFIA

XI.

L'arte vissuta e goduta dà alla coscienza del soggetto una nuova vita ed insieme il sentimento di una superiorità assoluta. Il mondo della bellezza sta di fronte al singolo come qualcosa che incuta rispetto e pretenda ammirazione. Poemi interi si sono custoditi religiosamente con la sola tradizione orale; monumenti ed immagini si conservano con cura riverente.

Ma se l'arte ispira la religiosità, non ci porge l'idea di una serietà della vita. Un popolo non può vivere spiritualmente dei soli fantasmi dell'arte, senza che un vuoto si formi nella sua coscienza, insieme col bisogno di una più profonda realtà. Quella conciliazione dei contrarî, che è nell'arte, fa sentire viemmeglio l'opposizione di essi nella vita. Chi ha goduto di tutte le immagini, non sa ancora se oltre di esse vi sia una realtà e non può far a meno di dare una risposta a tal quesito.

La Religione vuole appunto dare, non una risposta qualsiasi, ma la vera risposta al problema del perchè della

Continuazione dai fascicoli LXXIV e LXXVI. Vedi l'AVVERTENZA al fascicolo LXXIV.

vita. Certo il nome di religione non è stato soltanto adoperato in questo senso. I due elementi del concetto di religione: l'autorità e il soprannaturale, si sono talvolta presentati scissi l'uno dall'altro. Nella magia (che è stata detta dal Clodd religione preanimistica e considerata come lo stadio primitivo del pensiero religioso umano) il soprannaturale si presenta come oggetto di conquista anzichè di rispetto e di adorazione. D'altra parte il Confucianismo e il Buddismo nei loro primordî non offrono tracce di soprannaturale; ma appaiono come l'ossequio intellettuale e pratico ad una grande autorità umana.

Se non che, nel loro sviluppo storico, le religioni svolgono sempre meglio i due principî dell'autorità e del soprannaturale. L'efficacia dei riti e la regolarità della condotta umana appaiono subordinate alla volontà manifestata di enti o di un Ente superiore all'uomo. Questa volontà implica la reale esistenza di quegli enti o di quel l'Ente. Tale esistenza è riconosciuta come indipendente dai contrasti delle diverse opinioni. Sia la potenza della Divinità limitata o illimitata, estesa ad un popolo o a tutta l'umanità; sia la Divinità stessa indipendente dal mondo o destinata a perire con questo (come i dei degli antichi germani); non si tiene per dubbio che la Divintà sia e con essa la sua volontà. L'una cosa e l'altra si considerano come verità assolute.

La signoria o il patronato dei varî dei possono estendersi ad una famiglia, ad una stirpe, ad una nazione. Nelle religioni politeistiche il mondo della reale esistenza della divinità vien rilevato principalmente nella relazione di essa con l'uomo. Nelle religioni monoteistiche invece Dio ha una realtà affatto indipendente dall'esistenza degli uomini, e tanto più poi dall'esistenza di questi o di quegli uomini. Perciò le religioni monoteistiche non sono nazionali. Gli Ebrei della Diaspora non disdegnavano di far proseliti; nel Cristianesimo e nell'Islamismo la propaganda è un dovere sociale che non si arresta ai confini delle nazioni. Ma sarebbe grave errore inferire da ciò che l'universalismo religioso escluda toto coelo il nazionalismo. È nell'essenza stessa del principio religioso di tendere all'universalità. Facendo appello al criterio della verità, ogni religione po

sitiva (e la storia non conosce che religioni positive) fa appello all'esame logico. Anche imponendo la credenza all'incomprensibile e all'indimostrabile, la religione positiva vuol che si creda all'esistenza reale di questo incomprensibile e indimostrabile; che pertanto non solo non può essere inconoscibile, ma al contrario, in tanto può divenir oggetto di fede o di culto, in quanto in qualche modo venga · effettivamente conosciuto. Ora è impossibile che ciò che è conosciuto, cioè tenuto per vero da un popolo, venga disconosciuto da un altro. La verità non può essere che una sola.

Le religioni senza teologia o filosofia, teoricamente agnostiche e ristrette alla sola morale, che oggi pullulano specialmente in America (1), e che vengono lodate e raccomandate nei paesi latini da coloro che voglion dare tinta religiosa alla morale laica, sono nel fatto così agnostiche come esse si dicono? Intanto è da notare che, agnostiche in teologia e filosofia, in fatto di morale esse sono dogmatiche. Ora le dottrine morali sono ancor esse discutibili. Anche quei punti della morale, che sembra debbansi accettare dovunque come fondamento delle leggi e della società civile, sono stati posti in discussione. L'amoralismo e l'immoralismo di oggi non sono soltanto manifestazioni letterarie; ma implicano correnti di pensiero e sistemi tutt'altro che trascurabili. V'ha di più. Molte delle cosiddette religioni libere hanno nel loro programma, oltre a scopi generalmente approvabili, come la guerra all'alcoolismo e al mal costume, per lo più anche il pacifismo, quasi che fosse un punto fuori di contestazione la pace tra i popoli essere il bene supremo dell'umanità. Ma la guerra per sè non ha niente da vedere con l'alcoolismo e con la débauche. La guerra, come la lotta economica per la vita e come la generazione, può dar luogo a vizî e disordini, ma per sè non è un vizio o un disordine. Talvolta essa è una necessità fatale, tal'altra un sacro dovere. A prescindere da ciò, buono o cattivo che sia il contenuto delle religioni libere, esso deve venire razionalmente giustificato. Ora le religioni po

(1) Esempî, la Free Religious Association e la Society for Ethical Culture, questa diffusa anche in Europa. Su di esse vedi R. Bianchi, L'evoluzione religiosa nella società americana. (Piacenza, 1910).

sitive con i loro dogmi giustificano o pretendono di giustificare i loro precetti etici. Un'etica senza dogmi o filosofemi è un'etica campata in aria o fondata sul fragile fondamento dei movimenti del cuore umano, il che praticamente val quanto dire sull'arbitrio individuale. Se poi essa vuole rafforzare la sua efficacia pratica per compensare il difetto dei principî, le può accadere di seguire in buona fede tendenze pericolose, come è quella del pacifismo cosmopolitico, il quale, sotto sembianze umanitarie, mira ad affievolire o a distruggere il sentimento nazionale. Le religioni positive, più avvedute o più sagge, sanno fare la loro parte ai diritti delle nazioni. Ed infatti le nazioni moderne sono nate e si sono sviluppate in un ambiente spirituale cristiano.

ᎥᎱ

Dopo l'avvento delle grandi religioni universali, come il Buddismo, il Cristianesimo e l'Islamismo, non sembrano più possibili religioni etniche. Chi poi studia lo svolgimento delle nazioni, non ha da occuparsi che del Cristianesimo, poichè la sola grande nazione non cristiana odierna, Giappone, si è, in tempi recenti, modellata sul tipo delle nazioni cristiane di Europa e di America, pur senza cambiare di religione. Nel mondo cristiano v'ha una pluralità di confessioni e di chiese; ma il principio della nazionalità della Chiesa non si osserva che fra i cristiani orientali. L'universalismo cattolico e l'individualismo protestante vi si oppongono. Ciò nondimeno in tutte le nazioni protestanti si è sentito sùbito, al tempo stesso della Riforma o poco dopo, il bisogno di costituire una Chiesa nazionale e ufficiale che desse ordine e stabile assetto alla vita religiosa del popolo e frenasse le intemperanze del misticismo individuale. Ciò è avvenuto senza gravi difficoltà in Germania e negli stati scandinavi; non è potuto accadere, o vi si è giunti con grande sforzo, in Inghilterra, in Olanda, in Svizzera ed in America. Non si può negare che in questi ultimi quattro popoli, a causa appunto della diversità delle religioni, i perseguitati per motivi di religione o di pensiero hanno, in varie epoche, trovato libertà e sicurezza. Ma d'altra parte non si può dissimulare che le lotte e le scissure religiose abbiano avuto sinistra efficacia sul consolidamento della compagine nazionale. Anche oggi, nelle cor

renti demagogiche che turbano la nazione inglese, con grave scandalo dei perpetui ammiratori del tradizionale senno di oltre Manica, soffia lo spirito di opposizione alla Established Church, la quale negli ultimi secoli è apparsa sempre congiunta con i fattori della grandezza britannica. Il nazionalismo religioso delle nazioni protestanti deriva più dalla ragione politica che dallo spirito mistico individuale, che è piuttosto fattore di disgregazione. Esso trova pertanto il suo punto d'appoggio nella unità dello Stato, di cui è riflesso; ove la forza centrale è debole, esso vien meno, come è accaduto appunto in Svizzera ed in America. Nella rigida unità del Cattolicismo le divisioni non possono cadere sul dogma, ma sulla giurisdizione e sul rito. La Chiesa gallicana è il tipo della chiesa che, rimanendo cattolica nella fede, è nazionale per la sua politica. Se non che il fatto della coincidenza del massimo risveglio della nazionalità francese, al tempo delle guerre della Rivoluzione e del Primo Impero, con la definitiva decadenza del gallicanismo, mostra quanto poco questo fosse necessario all'incremento dello spirito nazionale. E di fatti il clero gallicano ben di rado aveva concesso gratuitamente il suo contributo allo sviluppo delle forze politiche e militari della nazione (1).

Tra gli orientali la Chiesa nazionale è stata per secoli. il segnacolo della unione del popolo contro l'invasore maomettano. Mantenendo vivo il sentimento religioso del popolo, essa ne ha tenuta salda l'unità politica. Ma la coestensività della Chiesa con la nazione ha prodotto anche i suoi tristi effetti, perchè il dissidente, e più ancora l'ebreo e il razionalista, sono stati esclusi dal corpo nazionale. L'inconveniente del nazionalismo religioso era manifestato sopratutto in Russia, la nazione orientale più ricca di elementi degni di godere della libertà occidentale.

In Italia un nazionalismo religioso non potrebbe significare che l'instaurazione di un regime di intolleranza cattolica. Da noi neppure un quid simile del gallicanismo è possibile, perchè il nostro primate è il Pontefice. Le attinenze della religione con lo spirito del popolo vi sono; ma

(1) Vedi TAINE: Ancien Régime.

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