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LA POLITICA DELL' ORO

I. Ritiri d'oro eseguiti a Londra e a New York e loro conseguenze.
II. Una dottrina d'occasione escogitata dalla City ed esposta dal TIMES.
III. Le disponibilità in conto corrente non possono assolvere le fun-
zioni della vera e propria riserva aurea.

I.

In aprile scorso la Banca di Francia rimborsava anticipatamente il saldo di 33 milioni di sterline che doveva ancora alla Banca d'Inghilterra in virtù della Convenzione 25 aprile 1916 ed acquistava così la libera disponibilità di L.st. 18.350.000 di speci auree depositate a parziale garanzia. Poco dopo la Banca d'Italia effettuava un modesto ritiro d'oro a Londra e finalmente la Banca di Francia procedeva verso fine maggio a degli acquisti d'oro effettivo a Londra ed a New York che si sono valutati rispettivamente in L.st. 2.500.000 e Doll. 40.000.000.

La ripercussione di tale uscita d'oro si faceva sentire assai grave in Inghilterra; la percentuale delle riserve del Banking Department della Banca d'Inghilterra agli impegni cadeva da 34 1/4 il 18 maggio a 30 13/16 al 25 maggio. Il tasso di sconto per effetti a tre mesi sul mercato libero saliva da 3 5/8 a 4 5/16 ed il tasso di emissione dei buoni del Tesoro a tre mesi da L.st. 3.12.0 a L.st. 4.6.4. Il commercio inglese se ne risentiva violentemente e le finanze di Stato non erano meno influenzate. Era infatti noto che la Tesoreria inglese preparava la consolidazione di debiti fluttuanti a non lontana scadenza. Tale operazione dovè essere rimandata a seguito di questa brusca scossa al mercato monetario. A New York, la sorpresa non fu meno grande, ma meno gravi le ripercussioni grazie alla politica di compressione già da tempo eseguita dalle Federal Reserve Banks che, da qualche mese, avevano ridotto i loro crediti al livello più basso toccato dopo il 1924, nonostante il grande aumento delle loro riserve d'oro.

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Vivissime furono le proteste nella stampa inglese che stigmatizzava come assolutamente inutile questa pressione su un mercato che ha adottato il libero commercio dell'oro, da parte di un paese a circolazione inconvertibile ed in cui vige il divieto dell'esportazione del metallo prezioso. La stampa finanziaria francese d'altra parte faceva osservare che la grande abbondanza di denaro su gran parte dei mercati monetari d'Europa e d'America, permetteva agli speculatori di procurarsi con troppo grande facilità le divise che essi offrivano al mercato francese e che la Banca di Francia era costretta ad assorbire giornalmente per mantenere la « stabilizzazione di fatto » del franco; metteva in evidenza inoltre che queste divise non erano effettivamente consegnate, ma davano solo luogo a un giroconto presso le Banche di New York e di Londra, dal nome del loro precedente possessore, a quello della Banca di Francia, e contribuivano quindi a mantenere una pletora di disponibilità a breve termine, che rendeva sempre più facile l'affluenza dei capitali stranieri sul mercato francese; concludeva che l'unico sistema per ritornare a sane basi era il ritiro effettivo di parte dei suoi averi in moneta straniera da parte della Banca di Francia. Questa avrebbe solo così potuto impedire che le divise comprate servissero di base a nuove estensioni dei crediti, e solo così sarebbe pervenuta a sterilizzarle.

Il 4 Giugno un comunicato ufficioso dell'Agenzia Havas faceva sapere che a seguito del viaggio a Parigi del Sig. Montagu Norman, Governatore della Banca d'Inghil terra, e di quello successivo a Londra del Sig. Quesnay, Delegato della Banca di Francia, un accordo era stato raggiunto sui mezzi atti ad evitare le ripercussioni finanziarie e politiche di eventuali successivi ritiri. Concludeva il comunicato: « La Banque de France ne peut pas interrom « pre ses opérations d'achat, mais elle peut réduire et « échelonner celles, peu nombreuses, qui lui restent à « faire, après accord avec la Banque d'Angleterre et « après préavis qui permettra à la Banque et à ses clients « d'être prévenus et d'organiser en conséquence leurs « opérations ». Questo comunicato può sembrare la chiusa di un semplice episodio di politica monetaria interna

zionale, ma esso assurge invece a rivelazione di una situazione di fatto che modifica nettamente l'opinione, finora tanto diffusa, che ammetteva la possibilità per i mercati di Londra e di New York di poter continuare per lungo tempo a fungere da serbatoi di divise convertibili in oro, facenti funzione di oro per grande numero di altri paesi, agli effetti della copertura delle loro rispettive circolazioni.

Il piccolo episodio sopra esposto ha mostrato in una parola alla Banca d'Inghilterra quanto sia difficile da realizzarsi l'idea di servire da Banca centrale alle Banche di emissione degli altri paesi d'Europa, idea indubbiamente da tempo accarezzata dalla City. Esso ha nello stesso tempo rivelato agli altri paesi che il conservare crediti in sterline o dollari in luogo di speci auree, non è sempre mezzo valido di copertura delle proprie monete. Questa rivelazione non è naturalmente gradita alla City, che riteneva di essere riuscita grazie alla sua perizia nel maneggio dell'oro, derivata da una centenaria esperienza a dominare il mercato monetario europeo con una riserva effettiva d'oro di circa L.st. 160.000.000, cioè di meno di un ventesimo dell'oro disponibile oggi nel mondo, inferiore a quella della Banca di Francia e pari appena al triplo di quella della Banca d'Italia (1).

II.

Da essa sta germinando una dottrina nuova (TIMES del 7 Giugno 1927) sul diritto che avrebbero o meno i vari paesi, a secondo che la loro moneta è o non è convertibile in oro e che ammettono o non ammettono un libero mercato dell'oro, a ritirare il metallo prezioso dai grandi centri di riserva mondiali. Sostiene il TIMES che date le difficoltà monetarie del continente europeo e i dubbi che esistono sulla sufficienza della produzione mondiale dell'oro a fornire le quantità che risulteranno indispensabili al ri

(1) L'oro disponibile oggi nel mondo è valutato a circa L. 3.600.000.000.

sanamento di tutti i sistemi monetari malati (confronta CASSEL: Quarterly Report, Skandinaviska Kredit, A. B. ottobre 1926), l'accumulazione di riserve auree da parte di paesi che non sono ancora pervenuti ad una stabilizzazione de jure e de facto, alla libera convertibilità della propria moneta in oro ed alla libera esportazione dell'oro, non farebbe che aggravare la situazione e pregiudicare gli interessi di tutti.

Palese è la fragilità di tale dottrina; debole dal punto di vista giuridico, perchè chi si assicura, comprandola al corso del mercato, una divisa convertibile in oro, ha pieno diritto poi di disporre come meglio crede di essa e dell'oro che con essa può procurarsi; debole dal punto di vista economico, perchè, se è vero che è interesse solidale di tutti i Paesi di assicurarsi monete a valore stabile con il minimo possibile immobilizzo di metallo giallo, è altrettanto vero che la difesa contro le eccessive accumulazioni d'oro di un Paese, deve prodursi in forza dei corsi dei cambi, impedendo ad esso l'acquisto di divise convertibili e non con artifiziose restrizioni, opposte a posteriori, ad una convertibilità già formalmente promessa.

D'altra parte, anche se tale dottrina si accettasse, essa non avrebbe valore pratico che per un periodo transitorio in quanto che essa riconosce pur sempre questo preteso diritto, ad aumentare le riserve auree effettive, ai paesi che adottano una circolazione convertibile e il libero commercio dell'oro, e poichè tutti, o almeno i maggiori, dovranno in definitiva arrivarvi, quella richiesta di speci effettive al mercato di Londra che oggi si cerca di evitare, si produrrebbe fatalmente un giorno e per quantità infinitamente maggiori, e probabilmente in situazioni meno favorevoli dell'attuale.

Se il mercato monetario inglese riceve una così importante scossa per l'insignificante ritiro di due milioni e mezzo di sterline, oggi, in istato di perfetto equilibrio, è lecito domandarsi che cosa avverrebbe per ritiri anche molto maggiori :

a) in caso di crisi creditizia,

b) in caso di tensione politica,

c) in caso di conflitti internazionali.

Se si dovesse realmente esaminare un progetto di Banca Centrale Europea, questa non sarebbe concepibile altro che in un centro neutro (Ginevra?), all'infuori di un mercato creditizio che risentisse le inflazioni e le contrazioni prodotte dagli afflussi e deflussi d'oro provocati dagli associati, e per tanto diverrebbe più che una Banca Centrale, una semplice Cassa Sociale di conservazione di oro, la cui utilità si limiterebbe ad evitare spese di trasporto ed assicurazione pei trasferimenti d'oro da banca a banca. Nessun mercato creditizio europeo appare oggi abbastanza forte per poter servire da serbatoio centrale di tutte le banche di emissione del Continente. Per arrivare ad una tale istituzione, occorrerebbe realizzare prima un unico sistema monetario europeo, e più ancora realizzare economicamente e politicamente gli Stati Uniti d'Europa.

Non diversa è la situazione per il mercato monetario di New York. Per quanto esso sia stato, come dicemmo più sopra, meno sensibile che quello di Londra, al ritiro di 40 milioni di dollari in oro effettivo, la piccola ripercussione pur risentita, prova quali sarebbero le conseguenze di ritiri in massa delle divise ivi accumulate dalle banche di emissione straniere, e più ancora dai privati istituti e capitalisti del mondo intero. Del resto, quando anche il mercato americano, con i suoi 4 miliardi e seicento milioni di dollari oro, con quasi un terzo cioè delle disponibilità auree del mondo intero, potesse servire da riserva centrale per le Banche europee, un tale accentramento fallirebbe completamente lo scopo per il quale le riserve auree sono mantenute e condurrebbe a risultati diametralmente opposti a quelli cui tendono gli sforzi dei vari paesi che procurano di assicurare e spesso a caro prezzo larghe riserve auree alle loro circolazioni fiduciarie e ai loro sistemi creditizi.

La copertura aurea e la convertibilità delle monete fiduciarie in oro, non sono che una convenzionale limitazione allo sviluppo del credito. Lo sviluppo del credito permette di moltiplicare i mezzi di produzione all'interno, la concessione di facilitazioni all'estero, e quindi le esportazioni. Se si continua dunque ad accumulare oro in un

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