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Che stu non voli, alla barba l'arai.

Poi che l'hanno morto, il TAGLIAGAMBE dice a Carapello:
Or ti dich' io, fratel mio diletto,

Che noi potrem mangiare e bere in pace.
E non abbiam d'avere alcun sospetto,
Po' che questo gaglioffo morto giace.
Comincia a tôrre un pezo di confetto,
Assaggia in prima il vino se ti piace,
Che noi potremo poi ben giudicare
S' egli è buono e perfetto: che ti pare ?
CARAPELLO assaggia el vino e dice:

Egli è vantaggiato; assaggia un poco; 1
Costui era pur ghiotto e intendente.

Il TAGLIAGAMBE l'assaggia e dice:

1

Questo è un vin che par proprio di fuoco,
Tanto è gagliardo, sottile e possente.
Veggiamo or come ci ha trattati il cuoco,
E trassiniam qualche cosa col dente. 2
Di bene in meglio ci siamo abbattuti,
Si che con le mascella ogniun s'aiuti.
Quando hanno mangiato, il TAGLIAGAMBE dice:

Or che ci siam cavati ben la sete,
E il corpo pien, che di nulla si teme,
E che ci tien l'orezo questo abete,
Vuolsi che ragioniam di sodo insieme
Che modo abbiamo a vivere in quïete,
Fuggendo ogni pensier che l'alma preme.

Risponde CARAPELLO e dice:

Tu hai ragion, ma io ho poca pratica:
Di' prima tu, che sai ben di gramatica.

Risponde il TAGLIAGAMBE:

Carapel mio, da poi che la ventura
Ci ha fatto diventar tutt' a dua ricchi,
Si vuol che noi siam savi, e abbiam cura
Che molto ben la ruota si conficchi
E ribadisca il chiodo, onde paura
Non abbiam che già mai si sconficchi.

Risponde CARAPELLO e dice:

El tuo è sanza fallo buon ricordo;

1 Vantaggiato aggiunto a vino, indica massimo grado di eccellenza. 2 Trassinar col dente, per mangiare, è modo da registrarsi.

Facciam quel che ti par, ch'i' me n' accordo.

Risponde il TAGLIAGAMBE:

I' sento, fratel mio, drento un gran caldo
E parmi esser di fuoco tutto pieno,
E sopra al cuore un duol s'è posto saldo
Che tutto quanto mi fa venir meno.
I' ho paura che questo ribaldo

Non abbi in questo vin messo veleno.
Oimè oimè, questo poltrone

Come ranocchi ci ha giunti al boccone.

Risponde CARAPELLO e dice:

1

I' mi sentia, fratel, drento un gran caldo,
Ma credetti che venissi dal bere,
Chè questi vin che son conci, lo fanno,
Che gli occhi aperti io non posso tenere.
I' non credo che ci abbi fatto inganno,
Chè ancor non gli avȧn fatto dispiacere.
Se sarà ver, noi ce n'avedrem tosto:
D' aver trovato l'òr ci sarà costo.

Risponde il TAGLIAGAMBE:

Che diavol ho io drento alle budella?
E' pare un can che m'abbi divorato.
Poco bastommi la buona novella;
Che mi giova tanto oro aver trovato?

Risponde CARAPELLO:

Lascia dir me, che 'l corpo mi martella,
E vedi già ch'i' son tutto gonfiato:
Questo è stato per certo altro che l' oppio!
O diavol, po' che in questo modo scoppio.

Risponde il TAGLIAGAMBE :

Fratel, se tu volessi ir pel Bisticci'

I' ti darò tutta la parte mia:

E, se non v'è, va' pel barbier de' Ricci
Che ha la ricetta a ogni malattia.

Risponde CARAPELLO e dice:

3

Tu vuoi ch'i' vada, e già sento capricci 3
Della morte crudele acerba e ria,
Che tutte le ricette d' Ipocrasso

1 Vin concio è quel ch'oggi dicesi fatturato.

2 Un Jacopo Bisticci fratello al celebre cartolajo e biografo Vespasiano,

visse nel sec. XV, dal 1412 al 68 circa.

3 Nel senso antico di ribrezzo, tremore, ec.

VOL. II,

6

Non arien forza farmi andare un passo.

Parla lo SPIRITO DELL' AVARIZIA quando vede che son morti,

e dice:

Or son io chiaro che indarno non resta
Avere speso qui la mia fatica,
E posso ritornar con molta festa,
Nè ho paura che villania mi dica
Il duca nostro, nella cui podesta
Condotto ho io, con la mia arte antica,
In iscambio d' un, tre; si ch'io vo' gire
Dinanzi a lui, contento e pien d'ardire.

Poi va a SATANASSO e dice:

Ecco, signore, il tuo servo fedele
Vittorioso innanzi a te tornato,
Chè con mie falsità e amar fele
Ho tre compagni sì contaminato
Chè con inganni e con modo crudele
Hanno l'un l'altro di vita privato.

Risponde SATANASSO e dice:

Avendo fatto quest' opera buona,
Se' degno sanza dubio di corona.

Finita la festa UNO ANGIOLO dà licenzia:

O miseri mortali, aprite gli occhi
Vedete quel che fa il mondan tesoro,
E'l mondo che vi pasce di finocchi,
Non vi potendo dare altro ristoro.
Non aspettate che la morte scocchi,
Non fate più ne' peccati dimoro
Levate gli occhi al ciel el qual v' invita,
A disiar quella gloria infinita.

,

Guardate, o buona gente, quanti mali
Vengon da questa maladetta lupa,
La qual è nata ne' regni infernali

E la sua fama sanza fin è cupa.
Questo è velen ch'a noi ciechi mortali
La vita toglie e la salute occupa.
Uomini vani, or guardate costoro :
Che utile ha lor fatto il trovar l'oro!

Guardate Anton, che nella giovinezza

Lasciò la robba e la povertà prese,

Per acquistar quella superna altezza
Dove non è nè lite nè contese.
Cercate Idio, qual è vera ricchezza:
Come savi, imparate all' altrui spese,
E sopra tutto alla morte pensate;
E col nome di Dio licenzia abbiate.

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