Images de page
PDF
ePub

RAPPRESENTAZIONE

DI

TEOFIL 0.

445

Una ediz. s. n. del sec. XV si conservava nel vol. V, ora perduto, della collezione magliabechiana di Rappresentazioni. Abbiamo perciò dovuto seguire l'ediz. così registrata del BATINES, Bibliogr., p. 42;

Rappresentatione di Theophilo che sidecte al diavolo Finita la Festa di Theofilo. s. n. ma del sec. XV. In-4 di 6 c. con 2 fig. sul front.

Il BATINES non riferisce oltre questa, se non un'altra ediz. di Firenze ad istanza di Francesco Benvenuto, 1517, in-4, citata nel Cat. Pinelli n° 2577. L'ALLACCI non conobbe questa Rappresentazione, e dal poco numero di stampe che ebbe, si può argomentare che non trovasse favore nel pubblico. Forse ne fu causa la sua rozzezza, che il lettore facilmente riscontrerà.

A riprodurla ci confortò la nota curiosità della leggenda di Teofilo. Della quale la più antica redazione che si conosca è in lingua greca, attribuita ad un EUTICHIANO discepolo di Teofilo stesso: il qual Teofilo sarebbe stato nel 538 vicedomino della Chiesa di Adana in Cilicia.

Due testi di questa redazione greca, fra loro divergenti in alcuni particolari, sono stati stampati in nota alle Euvres de Rutebeuf, II, 332-57, da LODOVICO DE SINNER, sopra codd. parigini e viennesi. E ad Eutichiano attinse forse anco SIMONE METAFRASTE, riprodotto poi in latino da GENZIANO ERVETO, la cui versione si rinviene nelle raccolte del LIPPOMANO (vol. V.) e del SURIO (vol. I).

Questa leggenda non tardò a diffondersi anche nell' Occidente, e la vediamo menzionata nelle Cronache di SIGEBERTO (VI sec.) e di ALBERICO DELLE TRE FONTANE (VI sec.) ed in FULBERTO CARNOTENSE. Una traduzione latina fu fatta da PAOLO Diacono della Chiesa napoletana, dedicandola ad un re Carlo; tuttavia non sembra, come vollero alcuni, che questo Paolo sia il Warnefrido e codesto Carlo il magno o il calvo, bensi piuttosto il grasso o lo stolto. Questa versione di PAOLO che combina col testo greco vindobonense, è riferita dai Bollandisti (vol. I, pag. 483-6, 4 febbr.)

Nel sec. X, la celebre RoswITA compose un cantico De Theophili foedere (opp. 132-45, e WEBBE DASENT, pag. 81) tenendosi sulle orme di

VOL. II.

38

PAOLO Sol che fa il suo eroe di Sicilia anziché di Cilicia, forse per errore dei copisti anteriori o posteriori. E da PAOLO pur anche deriva il poema di MARBODO (sec. XI) che si legge presso i Bollandisti (487-91) e nelle opere di Idelberto (1507-15). La favola, come ebbe a notare il SOMMER (De Theophili cum diabolo fædere, Berolini, MDCCCX LIV) comincia già ad alterarsi nel sec. XII. presso HARTMANN, il quale narra, Teofilo aver servito al diavolo per acquistar ricchezza e gloria, non soltanto per ricuperare l'ufficio di vicedomino, del quale era stato ingiustamente privato, come portava la primitiva lezione: e di più, al patrocinio di Maria si sostituisce quello di Dio stesso. Tali discrepanze, osserva il citato autore, non sappiamo se debban riferirsi al poeta o alla tradizione popolare che già avesse cominciato ad alterare la leggenda.

Nel sec. XIII, ritroviamo la leggenda di Teofilo nello Speculum histor. di VINCENZO BELLOVACENSE (1. XXI, c. 69), ma sulle orme di PAOLO. Indi abbiamo i seguenti poeti; 1o GAUTHIER DE COINSY che, secondo il SOMMER, si attiene più che a PAOLO a MARBODO, e il cui poemetto fu stampato dal MAILLET (Le Miracle de T. publ. pour la prèm. fois d'après un ms. de la Bibl. de Rennes; Rennes, 1838) e poi dal JUBINAL (in Œuvres de Rutebeuf, vol, II. 269-327): 20 RUTEBEUF, del quale è da cercare il mistero nelle Opere sue stampate dal JUBINAL (Paris, Pannier. 1839, vol. II, 79-105): 3o un anonimo in tedesco antico che, scrisse 322 versi su questo argomento, pubblicati da SOMMER: e 4o, BRUNO SCHOENBECKE sassone che inseri nel 1276 in un carme in lode di Maria la nostra leggenda. Di tutti questi poeti, il SOMMER dà saggi, e paragona le somiglianze e le dissimiglianze.

Del sec. XIV, é un poemetto neerlandico pubblicato a Gand dal BLOMMAERT nel 1836: Theophilus, gedicht der XIV eeuw, gevolgd door drie andere gedichten van het selfie tydvak, uitgegeven door Ph. B.

Ne alle sin qui ricordate si riducono le testimonianze della grande popolarità che ebbe questa leggenda presso tutte le nazioni cristiane nell'età media. Per gli scrittori latini che ne fanno menzione o che la riprodussero, sono da consultare i Bollandisti, p. 482-3, JUBINAL, op. cit., II, 261, e il Catal. des mss. des Départem., I, 129, 135; II, 510: pei francesi, JUBINAL, 265-5, 327-31, MICHEL ET MONTMERQUÉ, Théâtre franç. au moyen-âge, 136, P. PARIS, Mss. franç. III, 225; IV, 70, e il Catal. des mss. des Départem., II, 787: pei tedeschi MONE, Anzeiger f. Kunde d. d. mittelalt., 1834. 273-6, e GRIMM, D. Mythol., 669; per l'Anglosassone, anglonormanno, irlandese, svedese e danese è da veder ciò che notò il WEBBE DASENT, Theophilus in Icelandic, Low German and other tongues: from mss. in the royal library Stockolm, London, Pickering. 1854. La leggenda spagnuola di BEжCEO (Milagr. XXIV) trovasi in SANCHEZ, Poes. castellanas anter, al s. xv. pag. 231: e, in spagnuolo si trova anche narrata nei Castigos del REY DON SANCHO e nel Libro de los Enxemplos, no CXCII (vedi GAYANGOS, Escritores en prosa anter. al s. xv. pag. 215, 493).

La pittura e la scultura medievale si impadronirono di questo argomento, attissimo ad esprimere la facilità di ceder alle tentazioni del nemico e la misericordia di Dio; e vedi in questo proposito JUBINAL, 265-9 e DOUHET, Dictionn. des Légendes, col. 1311.

La leggenda ebbe anche forma drammatica; nel 1384 un Mistero su Teofilo fu rappresentato ad Aunay (v. DUCANGE ad Ludus Christi), nel 1539 al Mans. Abbiamo già accennato al Miracolo di Rutebeuf, del quale una traduzione trovasi in MICHEL ET MONTMERQUÉ Th. franç. au m. a., p. 136, e in DOUHET, Dict. des Mystères, col. 935. BRUNS nel 98 (Romantische u. andere gedichte in altplattdeutsche sprache) e nel 1849 ETTMULLER pubblicarono il dramma in antico basso tedesco (Theophilus, der Faustus des Mittelalters; Schauspiel aus dem vierzehten jahrhund. in niederdeutschen sprache, Quedlinburg und Leipzig, Basse). Un dramma in antico tedesco si trova nella pubblicazione del WEBBE DASENT sopra ricordata, e insieme con un altro fu riprodotto dall' HOFFMANN VON FALLERSLEBEN nell'opuscolo: Theophilus, niederdeutsches Schauspiel in zwei fortsetzungen aus einer Stockholmer und einer Helmstädter handschrift, mit anmerkungen, Hannover Rumpler, 1854.

In Italiano la leggenda si trova nel Libro dei Miracoli della Madonna, cap. XXXII.

Quanto alla autenticità della Leggenda, è probabile ch'essa non troverebbe difensori al di d'oggi: e circa alla santità di Teofilo ecco che cosa dice i SOMMER, op. cit., p. 43: « Sunctorum in numerum quando relatus sit Theophilus et a quo nescio, videtur autem ex illo tempore gratior fuisse et sacerdotibus ea fabula et popularibus. Paulus diaconus de Theophilo, nondum de Sancto Theophilo scripsit, at Simeon Metaphrastes, teste Bollando, sancti Theophili pœnitentiam quarto die febr. retulit. Eodem die Theophili memoriam quotannis celebrari affirmant Canisius aliique (A. SS. 483), in Marthyrologio vere germanico diem 13 octob., in Auctuario manuscripto Carthusia Bruxellensis ad Usuardum, 14 ejusdem Theophilo sacratum esse contenditur. »

Da taluni fu paragonato Teofilo con Fausto a causa del patto col diavolo, e anche perchè nelle ultime versioni della leggenda, essa si altera al modo che sopra accennammo; l'ETTMULLER chiama addirittura Teofilo, il Fausto del Medio Evo, e un parallelo fra i due si trova in RISTELHUBER, Faust dans l'histoire et dans la légende, pag. 137. Anche il VON DER HAGEN (Gesammtabenteuer, III, p. CLXVI-XXX) parlando distesamente di questa leg. genda e delle sue fonti, intitola il capitolo Theophilus und Faust-Sage.

Comincia la Festa di Teofilo, e prima lo ANGELO annunzia e A lode e gloria dell' eterno Dio

dice:

Che ci creò della gran madre antica,
State devoti, attenti e con desio
A veder quanto il diavol ci nimica

Cercando l' uom che è buon, di farlo rio,

Non recusando in ciò noia o fatica;

Voi vedrete oggi, stando umilemente,
Che Dio perdona sempre a chi si pente.

El VESCOVO chiama a sè messer Teofilo e dice:

Vien qua, Teofil, mio vicar prudente,
Che tanto ài già l' offizio esercitato,
Abbi misericordia sempre a mente,
E fieti il peregrin raccomandato:
Dispensa questa entrata diligente
E dålla a chi per Dio t' ha dimandato:
Chè quello aremo all' ultimo desio
Che n' arem dati a' poveri per Dio.

Messer TEOFILO risponde al Vescovo:

Monsignor reverendo e padre santo,
Giusta mia possa io farò il tuo volere;
E se in qual cosa errassi dal mio canto
Tu mi riprenderai, come è dovere.
Io cerco trar gli afflitti del lor pianto,
E conversar co' poveri ho piacere :
Io farò forza far tua voglia sazia.

El VESCOVO dice a messer Teofilo:

Or va', figliuol, che Dio ti dia la grazia.

TEOFILO dice a' poveri e dispensa:

Poveri santi, all'umiltà chiamati,
Prendete la limosina di Dio,
E ogni giorno a ciò siate avisati
Sempre venir per essa con desio.

Uno CIECO dice:

Deh få che noi ti siam raccomandati,
Chè vedi come sta il compagno mio,
Cieco, rattratto, e non ha chi 'l conforti.

TEOFILO dà la elimosina e dice:

Andate in pace, e Dio vi facci forti.

Teofilo torna a sedere, e il DIAVOLO va a uno secretario del
Vescovo e dice:

Merzè, messer, per Dio, porgimi aiuto
D'un po' di pan, ch'i' son tutto affamato.

El SECRETARIO dice:

Andate lå al vicario.

El DIAVOLO dice:

E' l'ha venduto,

E dice che sian tardi, e che l'ha dato.

El SECRETARIO dice:

Tu non dei dire il vero; à 'l tu veduto?
E' non ti debbe avere accomiatato.

El DIAVOLO dice:

Io vidi un uom che un sacco portò via
E die' danari; e lui ci cacciò via.

El SECRETARIO dice al diavolo e ad un altro compagno che

era quivi:

Torna doman, come ti si richiede,
Chè tu n' arai da me: così prometto.
O colli torti, o miser chi vi crede,

Che è proprio un uccellin preso all' archetto!
A un santo che mangi non ho fede,
Poi che 'l vicario ha fatto tal difetto:
I'ho car di trovarlo in tale errore,
E voglio andare a dirlo a monsignore.

El SECRETARIO va al Vescovo e dice:

O monsignore, o padre reverendo,
Io vengo a conferirti un caso strano:
Teofil le limosin va vendendo,

E raguna danari, e nol sappiàno.

El VESCOVO risponde al secretario per nome chiamato messer Currado:

Omè, secretar mio, ch'è quel ch'i' intendo!

Messer CURRADO secretario dice:

Io l'ho veduto e tocco oggi con mano.

Si che provedi a tutto, Monsignore,
E cava te d'infamia, e lui d' errore.

Risponde el VESCOVO:

Perchè da tutti egli è si buon tenuto
Io non vo' star con lui a disputare,
Chè a dirne male io non sarei creduto,
Ma manderò per lui, ch'i' 'l vo' privare:
E se dirà perchè el m'è paruto,

E' se lo potrà ben da sè pensare.
Chiama il Vicar, Donato, qui n'un tratto.

DONATO cherico risponde:

Ciò che comandi, o Monsignor, sie fatto.

« PrécédentContinuer »