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Non poté partorir simil effetto.
Costui ha a far ribellar tutto il regno,
E alla nuova fè farlo suggetto.
Vo' che a l'imperator si porti e mostri,
Ch' oggi spacciati son questi Dei nostri.

El CAVALIERE mostrando il cuore di santo Ignazio a l'imperaratore, dice:

O imperator, quel che Ignazio ci disse
Tanto se gli è nel cuor trovato scritto.
Gran segni ci mostrò mentre che visse,
E morto non è stato derelitto.
Nanzi che 'l petto di costui s'aprisse
Ero da varie opinïon trafitto,

Or io son chiar, per le evidente cose,
Che Giesù è quel che Giesù in cor li pose.

LO IMPERATORE stupefatto risponde:

Questa mi par la più mirabil cosa
Che mai ne' tempi mia sia pervenuta.
O potenzia di Dio maravigliosa!
Oggi sei stata per me conosciuta.
Non fia la fama tua da me nascosa,
Non fia l'opera tua per me perduta.
Non vo' più e' cristian perseguitare,
Ch'io vego quanto il lor Cristo sa fare.

Ora si volge al cavaliere e dice:

Sappi, cavalier mio, che Dio non manda
Nessuna aversità senza cagione:

Se ci percuote d'una in altra banda,
Non si può giudicar la sua intenzione :
Ma chi con umiltà si raccomanda
Gli esaude e' sacrificii e l'orazione,
Perchè 'l giusto pregar sua ira scaccia,
E vuol che d' un voler l'altro gli piaccia.
Chi lo vuol sotterrar, si lo sotterri,
Chè d'averlo amazzato io me ne pento.

Un BARONE a l'imperatore dice:

Perdonami, signor, fortement' erri;
La sua imaginazion vi scrisse drento.

LO IMPERATORE al Barone risponde:

Non punte di diamanti o d'altri ferri
O imaginario intenso sensamento

Are' potuto far quel che v'è fatto:

Si ch' io son dal suo Dio ben satisfatto.

Un SACERDOTE de la Chiesa romana dice a un altro sacerdote: Ignazio è morto, et è pubblica fama

Lo imperator essersi convertito,

E Giesù invoca, onora, esalta e chiama,
E vuol ch' ogni cristian sia riverito.
O potenzia di Dio, colui che ti ama
È nella prece lecita esaudito!
Dicesi come morto e' lo sparorno,
E nel suo cuor Giesù scritto trovorno.

El secondo SACERDOTE dice al primo:

Vuolsi al suo corpo dargli sepoltura
E onorar colui che Cristo onora.
Andiam lieti, sicur, senza paura
Cantando laude, e salmeggiando fuora.
Di qua manca la vita, e di là dura
Tanto quanto colui che in ciel l'adora.
Tempo no nè speranza nè fede, '

1

È salvo quel che queste cose crede.

E' sacerdoti pigliano il corpo di santo Ignazio; e in questo l'angelo dà licenzia al popolo.

1 Così le antiche stampe.

DI

SANT' ANTONIO.

3333

L'edizione originale è così descritta dal BATINES, Bibl., pag. 23:
Incomincia la Rappresentatione di Sancto Antonio della Bar ba
Fa parte del tomo II della Rac-

romito: et prima langio lo annuntia

colta del sec. XV, dove occupa 22 c.

Seguono le edizioni posteriori;

In fine si legge soltanto: Finis.

La rappresentatione di sancto Antonio abbate

Finite lestanze

disacto Antonio abbate. In-4 s. n. Ediz. in caratt. tondi dello scorcio del sec. XV, di 10 c. a 2 col. non numerate e segnate av., di 35 versi la col. con 3 fig.

Fece stampare Mro Franco di Gio. Benuenuto sta dal canto de Biscari adi 29 aprile 1517 In-4o,

Stampata in Fiorenza per Lorenzo Peri adi 8 d'agosto MDXLVII. In-4° di 8 c. con fig. sul frontesp.

con 2 fig.

In Firenze, nel anno MDLV. In-4o, di 8 c. con 6 fig.

In Firenze appresso Giouanni Baleni, l'anno 1589. In-4° di 8 c,

In Siena. S. a. In-4° di 8 c. con 2 fig.

In Siena. Alla loggia del Papa. S. a. in-4.o

Firenze, 1592. In-4° (nella Corsiniana).

Le ediz. ultime notate riproducono tutte l'aggiunta fatta al titolo in quella del 1555: Rappresentazione di S. Antonio Abate. Il quale conuerti una sua sorella, e fecela monaca nel munistero delle Murate di Firenze. E come non uolendo tre ladroni accettare il suo consiglio s'ammarzono lun laltro e furno portati a casa Satanasso. Et egli fu terribilmente bastonato da i diauoli.

Questa Rappresentazione riproduce nella massima parte la Leggenda di S. Antonio che trovasi nelle Vite dei SS. Padri, fino cioè a tutta la disputa coi filosofi ma l'episodio dei ladri è un'aggiunta fatta alla leggenda dal poeta, ovvero, come è più probabile, dalla tradizione popolare, che il poeta poi riprodusse.

Questa avventura ne ricorda una del Budda che si legge negli Avadanas tradotti da JULIEN (1, 60; II, 89). Un giorno il Budda, viaggiando con un compagno scuopre un mucchio d'oro e di cose preziose: Ecco, egli grida, un serpente velenoso. Ma un uomo che li seguiva, raccoglie il tesoro e lo porta a casa, e fa tante spese e tanto lusso che eccita la cupidigia del Re e viene spogliato ed ucciso, mentre, ricordando le parole del Budda, esclama: È un serpente velenoso.

In francese l'avventura dei ladri si trova nei Ci-nous dit, raccolta inedita di novelle: vedi PARIS, Les Mss. Franç., IV. 83. In Italiano, nel Novellino; salvochè nel testo Gualteruzzi si tratta di Cristo, mentre invece nel testo Borghini si tratta di un romito innominato.

Dal Novellino il racconto è passato nelle Novelle canterburiensi (Pardonere 's Tale) e nel MORLINO (Nov. XLII.)

Incomincia la Rappresentazione di Santo Antonio della barba romito. E prima l'ANGIOLO annunzia:

L'ardente fuoco del divino amore

Vi purghi tutti i vostri sentimenti,
Allumi lo 'ntelletto e 'nfiammi il cuore
Si che a servire a Dio siate ferventi,
Pel cui beato nome e cui onore
Vi priego stiate disiosi e attenti
A rimirar questa gentile storia,
Acciò che la mettiate alla memoria.
Vogliam rappresentar parte di vita
Del glorioso e santissimo abate
Anton d' Egitto, famoso eremita,
Acciò che in quella specchiar vi possiate
A seguitar Jesù che sempre aita
Chi gli serve di cuor con puritate,
E fallo viver lieto, e poi gli dona,
Doppo la morte, l'eterna corona.

Vedrete come presto a Dio rispuose
Sentendosi chiamare, e fedelmente
A' poveri donò tutte sue cose
Lasciando il mondo, e l' antico serpente
Invidioso molti aguati puose,
De' quai tutti campò felicemente :
Tentato ancor da dua savi pagani
Gli vinse, e dimostrò come eron vani.

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