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Di' che vedere a me presto si lassi,
Però ch'io spero dargli buona nuova.

Risponde il Servo:

Quanto a te piace, imperador, farassi,
Chè il servir fedelmente è quel che giova.

Il SERVO va ad Eufrasia e dice:

Madonna, vien che lo imperio desia
Parlare teco.

Risponde EUFRASIA:

Ecco, io mi metto in via.

Giunta Eufrasia, lo IMPERADORE dice:

Di Antigono io ritengo tal memoria Che giorno e notte alle sue cose penso.

EUFRASIA risponde:

Questo t'è, signor mio, onor e gloria,
E produce in chi serve amor più intenso.

Dice lo IMPERADORE:

Or, per non far molto lunga la storia,
Però che il tempo con ragion dispenso,
A Camillo pretor nobile e degno
Dar la tua figlia al tutto io fo disegno.

EUFRASIA risponde:

Tu sai, caro signor, ch'al tuo volere
Potendo, io non saprei mai contradire;
Essendo savio, tu puo' ben vedere
El fin che di tal cosa può seguire.

LO IMPERADORE dice;

Quando e' s'accosta il far ben col sapere
Rare volte la barca può perire;

Se mia propria figliuola fussi stata,
Non so se meglio io l'avessi allogata.

EUFRASIA dice: Signore, io penso come io possa mai
A tanto benefizio satisfare.

LO IMPERADORE risponde:

Questo è l'offizio mio; però farai
Ch'io non ti senta tal cosa parlare.

EUFRASIA dice:

Or oltre, se licenzia mi darai,
Alla mia dolce figlia io vo' tornare.

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EUFRASIA torna, e dice cosi alla figliuola:

Figliuola mia, sappi che tu sei sposa
Di quel Camillo che è tanto onorato.

Risponde la FIGLIUOLA:

Ch'io t'ubbidisca e' pare onesta cosa;
Ma guarda ben che allo imperio sia grato.

Dice la MADRE:

Lui è quel che t'ha fatta glorïosa;

Se lui non fussi, io non n'arei parlato.

La FIGLIUOLA risponde:

D'ogni cosa il Signor laudato sia,
Riposo e pace della vita mia.

Uno ROMANO alla Regina dice:

Salve, Regina e madonna suprema,
Conforto e pace di chi chiede aiuto,
Benchè alquanto al parlar mia lingua tema
Pur nuoce tutta volta il parlar muto;
Io son per Eufrasia a morte estrema
Condotto, tal che la vita rifiuto:
Dapoi che morto il suo marito giace
D'esser suo sposo a me fia somma pace.

La REGINA risponde:

Questo per me giocondo assai sarebbe,
Ma non so come a lei tal cosa piaccia,
Perchè tal doglia nel suo petto crebbe
Che mai si vide poi lieta sua faccia.

El ROMANO risponde:

Possibil questo pur forse sarebbe:

Non sempre indarno il can nel bosco caccia;
Tal piange il suo marito, che poi drento
Non senti forse mai maggior contento.

Risponde la REGINA :

Or oltre, io manderò presto a sapere
Qual sia la voglia sua; non dubitare.

Risponde il ROMANO :

O magna imperadrice, egli è dovere
Ch'io ti debba in eterno ringraziare.

La IMPERADRICE dice:

Sta' pur di buona voglia, e non temere.

El ROMANO risponde:

Or oltre, debb'io altro per voi fare?

Dice la IMPERADRICE:

El ROMANO:

un servo:

Che tu ritorni.

Lo infermo ammalato

Mai non riposa, se non è sanato.

La IMPERADRICE mandando una lettera ad Eufrasia, dice a
Va', Rondinello, ad Eufrasia, presto,
Donna che fu di Antigono pretore;
La mia lettera dågli, e dopo questo
Attendi alla risposta con amore.

Risponde il SERVO :

Il servo che è fedele, è sempre desto
A quel che vuole e comanda il signore.

Segue dando la lettera ad Eufrasia:

A voi, con questa io son mandato in fretta
Dalla Regina, e la risposta aspetta.

EUFRASIA letta la lettera turbata dice:

Ritorna a questa, e di' che prestamente
Io farò la risposta a quanto ha detto.

Segue da sè piangendo:

O misera, infelice, alma dolente!
Questo è l'amor di Antigono perfetto:
Mentre che è un nella vita presente
L'utilità fa il suo servizio accetto:

Vien poi la morte, e perchè e' manca il frutto
In pochi di ogni amore è destrutto.

Omè, lassa dolente, a che partito
Sei tu venuta, in cosi breve spazio?
Non è duo giorni che mori il marito,
E veggo far di me già tanto strazio:
Ma prima di morire ho stabilito,
Però Jesù con tutto il cor ringrazio;
VOL. II.

24

Voglio allo imperador farlo assapere,
Ch'io so che n'avrà pena e dispiacere.
Segue a un servo, dandogli la lettera:

Porta questa, Currado, alla corona,
E dålla in propria man con diligenzia.

Risponde il SERVO :

La voglia, el senso e la ragion mi sprona
A far del mio signor l'obedïenzia.

EUFRASIA dice al servo:

Or oltre va', figliuolo, in ora buona.

Risponde il SERVO:

Ecco, madonna, con vostra licenzia.

Il SERVO porge la lettera allo imperadore e dice:
A te, signore, Eufrasia dolente

Con questa m'ha mandato prestamente.
Lo IMPERADORE letta la lettera turbato dice:

Chi vide al mondo mai cosa più vana
Che è la donna, e più leggiera e sciocca?
Invidiosa, superba e provana,

Mille vane parole ha sempre in bocca;
Se tesse, cucie, fila o ver dipana
Sempre l'onor del prossimo si tocca ;
Ringrazi Dio colui che ben s'abbatte,

Chè queste grazie a pochi oggi son fatte.

Dipoi lo IMPERADORE chiama la reina da parte e tutto turbato dice: Chi t'ha fatto oggi far tanta pazzia,

Donna contraria a chi ben far diletta?
Questa è la fede e la constanzia mia?
El Ciel di tanto mal grida vendetta:
Se l'amor del nipote è ito via,
Pensa che gaudio il tuo marito aspetta.
Quella è fra l'altre una regina degna

Che in terra all' altre e' buon costumi insegna.

Risponde la REGINA:

Signor, perdona.

Dice lo IMPERADORE:

E chi perdonerebbe?

La REGINA:

La tua clemenzia.

Lo IMPERADORE :

E'non lo vuol ragione.

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Figliuola, io vo' che in villa ce n'andiamo
Per ricrear la vita e lo intelletto.

Risponde la FIGLIUOLA:

Quanto vi par di far, tanto facciamo;
Che Iddio sia d'ogni cosa benedetto.

EUFRASIA dice:

Vedi, figliuola mia, quel che noi siamo:
Altro non c'è se non pena e dispetto.

Risponde la FIGLIUOLA:

Per certo, madre mia, ch'io lo comprendo;
Però non molto a questo mondo attendo.

EUFRASIA mentre si partono dice:

Io veggo un monasterio, figlia mia,
Di somma santità e devozione;
E, perchè certa di lor vita fia,

El cibo è lor riposo e l'orazione.
Dura, per certo, e aspra è la lor via,
Ma ogni affanno è lor consolazione.
Dove s'acquista il paradiso e 'l cielo
Chi non sopporterebbe caldo e gielo?

Risponde la FIGLIUOLA:

Or oltre, madre mia, andiam, ch'i'sento
Il cor che come neve si destrugge:
Chi è per certo alla salute lento

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