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Nè sia la cosa ben secura e netta,
Io ho sentito dir che 'l savio allunga
E dà buone parole e tempo aspetta.
Benchè 'l mio ingegno molto in su non giunga,
Padre, io direi che tu mi gli prometta;
D'assicurarlo bene fa' ogni pruova,

E poi lo manda in questa impresa nuova.
Benchè forse io parrò presuntuosa,
Fanciulla, donna e tua figlia, se io
Ti consigliassi in questa che è mia cosa,
Prudente, esperto e vecchio padre mio,
Tu gli puo' dir quant'è pericolosa

CONSTANTINO:

La guerra in Dacia; e che ogni suo disio
Vuoi fare; e perchè creda non lo inganni,
Per sicurtà dà Paulo e Giovanni.

Questi statichi meni, acciò che intenda,
Ch'io sarò donna sua, dapoi ch' e' vuole ;
E d'altra parte indrieto lui ti renda
Attica, Artemia sue care figliuole.
In questa guerra vi sarà faccenda,
E'l tempo molte cose acconciar suole.

Figlia, e'mi piace assai quel che m'hai detto;
Son lieto, e presto il metterò in effetto.

Da sè, mentre che torna a Gallicano:

Laudato sia colui che in te spira
Bontà, prudenzia, amor, figliuola pia:
Io ho giù posto e la paura e l' ira ;
E così Gallican contento fia:
L'onor fia salvo, il qual drieto si tira
Ogn' altra cosa, se ben cara sia:
Passato questo tempo e quel periglio,
Vedrem poi quel che fia miglior consiglio.

Et giunto a Gallicano:

Io torno a te con più letizia indrieto,
Ch'io non andai: e Constanza consente
Esser tua donna; io son tanto più lieto,
Quanto più dubbio avevo nella mente.
Pareva volta ad un viver quïeto,
Sanza marito o pratica di gente :

GALLICANO :

Mirabilmente di quel suo mal monda,
Bella, consente in te, sana e gioconda.
Direi facciam le nozze questo giorno,
E rallegriam con esse questa terra;
Ma, se ti par, facciam qualche soggiorno,
Chè tu sai ben quanto ci stringe e serra
Dacia rebelle, qual ci cigne intorno;
E non è bene accozzar noze e guerra:
Ma dopo la vittoria, se ti piace,
Farem le noze più contenti in pace.

So ben c'hai di Constanza desidero;
Ma più del tuo onore e del mio stato,
Anzi del tuo; chè tuo è questo impero,
Perchè la tua virtù l'ha conservato:
Per fede, Gallican, ch' io dica il vero,
Giovanni caro a me, Paulo amato,
Teco merrai; e sicurtà sien questi;
Artemia, Attica tua, qui meco resti.

Tu sarai padre a' dua diletti miei;
Constanza madre alle figliuole tue,
E non matrigna: e sia certo che lei
Le tratterà siccome fussin sue:
Io spero nello aiuto delli Dei,
Ma molto più nella tua gran virtue,
Che contro a' Daci aren vittoria presta;
Constanza è tua: allor farèn la festa.

Nessuna cosa, o divo Imperadore,
Brama 'l mio cuor, quanto farti contento,
Conservare il tuo stato e 'l mio onore;
Constanza sanza questo m'è tormento.
Io spero tornar presto vincitore;
So che fia presto questo fuoco spento:
Proverrà con suo danno il popol strano
La forza e la virtù di questa mano.

Quando una impresa ha in sè grave periglio,
Non metter tempo nella espedizione;
Pensata con maturo e buon consiglio,

Vuole aver presta poi l'esecuzione:
Però, sanza più 'ndugio, el cammin piglio;
Arò Paulo e Giovanni in dilezione

Come frategli o figli tuttavia;

E raccomando a te Constanza mia.

() fidato Alessandro, presto andrai ;
Attica, Artemia, fa sien qui presenti.
E tu, Anton, trova denari assai,
E presto spaccia tutte le mie genti.
O forti cavalier, che meco mai
Non fusti vinti, o cavalier potenti,
Nutriti nella ruggine del ferro,

Noi vinceremo ancor: so ch'io non erro.

Poichè sono giunte le figliuole, dice a Constantino :
Non posso dirti con asciutte ciglie
Quel ch'io vorrei delle dolci figliuole ;
Io te le lascio, acciò che sien tue figlie;
Fortuna nella guerra poter suole:
Io vo di lungi molte e molte miglie
Fra gente che ancor ella vincer vuole.
Bench'io speri tornar vittorïoso,
L'andare è certo, e 'l ritornar dubbioso.

Voltatosi alle figliuole, dice:

E voi, figliuole mie, dapoi ch' e' piace,
Ch'i' vada in questa impresa al mio signore,
Pregate Giove che vittoria o pace
Riporti sano, e torni con onore :

Se là resta il mio corpo e morto giace,
El padre vostro fia lo Imperadore:
Per lui i' metto volentier la vita;
Constanza mia da voi sia reverita.

UNA delle figliuole di Gallicano:

Quando pensiam, padre nostro diletto,
Che forse non ti rivedren mai piue,
Cuopron gli occhi di pianto el tristo petto:
E dove lasci le figliuole tue?

Già mille e mille volte ho maladetto

L'arme e la guerra, e chi cagion ne fue.
Benchè un buon padre e degno ci abbi mostro,
Pur noi vorremmo el dolce padre nostro.

L'ALTRA figliuola a Constantino :

Alto e degno signor, deh perchè vuoi,
Che noi restiam quasi orfane e pupille?
Risparmia in questa impresa, se tu puoi,
Il padre nostro; de' suoi par c'è mille,
Ma altro padre più non abbiam noi:
Contentaci, che puoi : facci tranquille.

CONSTANTINO:

Su, non piangete; el vostro Gallicano
Tornerà presto con vittoria e sano.

GALLICANO si volta a Constantino e dice:

Io vo' baciarti il piè, signor sovrano
Prima ch'io parta, ed a mie figlie il volto;
E credi che 'l fedel tuo Gallicano
Giovanni e Paul tuo osserva molto:
L'un dalla destra, alla sinistra mano
L'altro terrò, perchè non mi sia tolto;
Se senti alcuna loro ingiuria o torto,
Tu puoi dir certo: Gallicano è morto.

E voltatosi a' cavalieri, dice:

Su cavalier, cotti e neri dal sole,
Dal sol di Persia, ch'è cosi fervente;
El nostro Imperador provar ci vuole
Tra' ghiacci e neve di Dacia al presente:
La virtù el caldo e 'l freddo vincer suole;
Periglio, morte al fin stima nïente :
Ma facciam prima sacrificio a Marte;

Chè senza Dio val poco o forza o arte.

Detto questo fa sacrificio in qualche luogo dove non sia veduto altrimenti: dipoi si parte con lo esercito, e ne va alla impresa di Dacia.

CONSTANZA ad Attica ed Artemia, quali lei converte:

O care mie sorelle in Dio dilette,
O buona Artemia, o dolce Attica mia,
Io credo il vostro padre mi vi dette,
Non sol per fede o per mia compagnia,
Ma acciò che sane, liete e benedette
Vi renda a lui, quando tornato fia;
Nè so come ben far possa quest' io,
Se prima sante non vi rendo a Dio.

O care e dolci sorelle, sappiate
Che questo corpo di lebbra era brutto;
E queste membra son monde e purgate
Dallo autor de' ben, Dio, che fa il tutto:
A lui botai la mia verginitate,

Finchè sia il corpo da morte destrutto;
E servir voglio a lui con tutto il core,
Nè par fatica a chi ha vero amore.

E voi conforto con lo esemplo mio,

ARTEMIA:

ATTICA.

Che questa vita, ch'è brieve e fallace,
Doniate liete di buon cuore a Dio,
Fuggendo quel che al mondo cieco piace:
Se volterete a lui ogni disio,

Arete in questa vita vera pace,

Grazia d'aver contra 'l demòn vittoria,
E poi nell' altra vita eterna gloria.

Madonna mia, io non so come hai fatto;
Per le parole sante, quali hai detto,
Io sento el cuor già tutto liquefatto,
Arder d'amor di Dio el vergin petto;
E mi senti' commuovere ad un tratto,
Come parlando apristi l' intelletto:
Di Dio innamorata, son disposta
Seguir la santa via che m' hai proposta.

Ed io, Madonna, ho posto un odio al mondo,
Già come fussi un capital nemico :

Prometto a Dio servare el corpo mondo:
Con la bocca e col cuor questo ti dico.

CONSTANZA: Sia benedetto l'alto Dio fecondo,
Ed io in nome suo vi benedico:

Or siam vere sorelle al parer mio;
Orsu laudiam il nostro padre Dio.

Cantano tutte a tre insieme:

A te sia laude, o carità perfetta,
Che hai pien di caritate el nostro cuore:
L'amor che questi dolci prieghi getta,
Pervenga a' tuoi orechi, o pio Signore :
Questi tre corpi verginali accetta,
E gli conserva sempre nel tuo amore;
Della Vergine già t' innamorasti;
Ricevi, o sposo nostro, e' petti casti.

Concione di GALLICANO a' Soldati:

O forti cavalier, nel padiglione

Il capitan debbe esser grave e tardo;
Ma quando è del combatter la stagione,
Senza paura sia forte e gagliardo.
Colui che la vittoria si propone,
Non stima spade, sassi, lance, o dardo.
Là è il nimico, e già paura mostra:
Su, dianvi drento; la vittoria è nostra.

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