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E presto in ordine a combatter siate
Per mantenervi in sua buona amicizia;
Le paghe doppie a tutti saran date:
Acquisterete grazia, onor e fama,

Qual ciaschedun soldato aspetta e brama.

Uno ANGELO con una croce appare a Constantino che dorme e dice:

Contra Massenzio, Constantino, andrai
Con animo viril, tutto giocondo;

In questo segno tu lo espugnerai,
E gloria ti sarà per tutto 'l mondo:
Di Roma Imperador fatto sarai
E leverai da quella il grave pondo:
Tal segno metterai ne' tuo stendardi
Che farà tutti e' tuo forti e gagliardi.

L'angelo lascia la croce e partesi, e CONSTANTINO svegliato la piglia, e dice al capitano:

In questa notte m'ha Giove mandato

Un suo splendido nunzio grato e degno,
E àmmi apertamente dichiarato
Ch'i' vincerò Massenzio in questo segno,
E ch'i' sarò dal popol e senato
Assunto e sublevato in alto regno:
Pon questo segno in tutte le bandiere,
E vedrem se tal cose saran vere.

Risponde il CAPITANO:

Questo segno fra' nostri mai fu visto,
Nè in questo luogo nè ancora altrove.
Questa mi par sia la croce di Cristo,
Over forse saran tue insegne nuove.
A te sol basta far del regno acquisto :
Sia quel che vuol, questo ti manda Giove;
Tal segno ne' vessilli porteremo,

E vittoria dal ciel, spero, n'aremo.

Dice CONSTANTINO:

Quando ti par sia tempo di partire
Piglia la via del monte per la costa.

Risponde il CAPITANO:

Sendo già ordinati, possiamo ire:
El partir sarà sempre oggi a tua posta.
Gagliardi el monte hen potrem salire:

So ben che l'andar presto vale e costa.

Dice CONSTANTINO:

Su, comincia avviar la prima schiera.

Risponde il CAPITANO :

Già per loro è segnata la bandiera.

El capitan dà la bandiera con la croce a un che va 'nanzi, e muovonsi alquanto e fermonsi, e CONSTANTINO dice: Ferma la gente, capitan, dal ponte,

Dove io aspetto la vittoria grande:
E, sendovi propinquo un chiaro fonte,
Potrem quivi mangiar nostre vivande:
Ma prima pon le guardie là da fronte,
E 'nanzi, e drieto, e da tutte le bande.

Risponde il CAPITANO:

Parato son seguir vostro disegno

Quale è disposto con prudente ingegno.

Fermonsi di qua dal ponte, e MASSENZIO di là dal ponte dice: Poi che voi state, mie soldati, in punto

Venite meco forti e animosi:

E, come al ponte ciascun sarà giunto,
L'esercito di qua da quel si posi.

L'ordine è dato in un momento e punto
Che noi restiam tutti vittorïosi,

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Massenzio con alquanti va innanzi, e come è in sul ponte quel subito rovina e lui muore, e il suo SECRETARIO scampato dice: Questo è un caso molto repentino

Che ci dà gran dolor e lutto amaro;

Ma poi che vincitor è Constantino
Al caso nostro dar si vuol riparo:
Andiamo a quel, poi che gli è qui vicino
E riceviȧnlo come signor caro:

Di nostro error e' ci darà perdono,
Essendo quel tutto clemente e buono.

Vanno a Constantino, e il SECRETARIO inginocchiato dice: Usa clemenzia verso noi, signore,

Chè sol da te speriam vita e conforto,

Non riguardar a nostro grande errore
Pel dato aiuto a Massenzio già morto.
Noi ti vogliam per vero imperadore;

Però ricevi noi nel tuo buon porto.

Risponde CONSTANTINO:

Io vi ricevo in segno di vittoria:

Andiamo a Roma, or con trionfo e gloria.

CONSTANTINO sale in sul carro trionfale, e con suoni è condotto a Roma, e posto in sedia dice:

Ora è contento ogni mio desiderio,

Or io mi chiamo felice e beato,

Or tengh' io de' Romani el magno imperio,
Or son io già condotto in alto stato,
Or el cor mio è piển di refrigerio,
Or ho io la mia patria liberato,
Or laude rendo a quel sacrato segno
Pel quale io son condotto a tanto regno.

Voltasi, e dice a Quirino:

Quirino, intendi la volontà mia,
Come uom sagace e pien di sapïenzia;
Fa' che ciascun a me subietto sia;
E questo tu farai con diligenzia :
Per conservarmi in alta monarchia,
Punisci ognun che mi fa resistenzia:
E acciò far tu possi tal effetto,
Ti fo di Roma singular prefetto.

Risponde QUIRINO prefetto:

Assai ringrazio vostra gran bontà
Che mi fa degno di si alto offizio;
Pronta sempre sarà mia volontà
A farvi grato ogni mio buon servizio;
Vostro comando adempiuto sarà,
Tornando questo in mio gran benifizio.
A far l'offizio mio mi metto in via.

Risponde CONSTANTINO:

Va', e osserva la volontà mia.

QUIRINO si parte accompagnato, e posto in sedia dice al

cavaliere:

Ascolta, cavalier, il mio comando:

Tu e' compagni siate diligenti:

Per tutta Roma andate ricercando

Se trovate cristian contradicenti;
E quelli andrete a me qui congregando
Per punirli con aspri e gran tormenti,
Perchè sol questa vilissima setta
Va dispergendo la nostra perfetta.

Risponde il CAVALIERE:

Fatto sarà, dignissimo prefetto,
Con diligenzia tutto quel volete;
A nessun uom del mondo arò rispetto,
E s'io errassi mi perdonerete.

Voltasi a' compagni, e segue:

Compagni, su mettetevi in assetto,
E con prudenzia l'astuzia userete;
Più che la forza vale usar il senno;
Però sol ubidite a un mio cenno.

Ma prima, per volervi contentare,
A mensa tutti venitene meco:
Farovvi degnamente trionfare,
Darovvi malvagia, trebbiano e greco:
Prima si debbe il corpo ben cibare,
Chè l'uom digiuno è tardo, lento e cieco;
E quando il corpo ha sua buona stagione,
È atto poi a far gran fazïone.

Giugne a Roma TIMOTEO, e dice a Santo Silvestro :
Servo di Dio Silvestro, io ti saluto

Come convien a uom da Dio eletto:
Per predicar a Roma son venuto,
E Timoteo chiamato son e detto.

Non truovo ancor chi m' abbi ricevuto,
Perchè ciascun de' tormenti ha sospetto:
Ma conoscendo te constante e forte,
So che non temi supplicio nè morte.
Però dinanzi a te venuto sono
Che mi ricevi nel tuo santo ospizio;
E s'i't' offendo, darȧmi perdono,
Ch'i' cerco far a molti benefizio.

SANTO SILVESTRO lo abbraccia e dice:

Ben venga il servo del Signor mio buono;
Io veggo in te di bontà gran indizio.
Entra secur qua nel mio abitacolo,
Chè al ben far non si vuol dar ostacolo.

VOL. II.

17

Tanta fortezza sento nel mio core,

Sol per la grazia del potente Dio,
Che ritenerti non ho alcun timore,
Avendo tu al predicar disio.

In nostro aiuto è il magno e gran Signore
E non è da temer, al parer mio;
Col predicar, officio grande e degno,
Conducerai gli eletti al santo regno.
Della mia casa la parata mensa
Ancor sarà per tua refezïone;
Siedi, e già non temer di darmi offensa,
Chè di te piglio gran consolazione:
La divina bontà, qual è immensa,
Al cibo mandi sua benedizione.

Risponde TIMOTEO:

Io sento nel mio cor tanto diletto

Che per dolcezza e' salta nel mio petto.

Posti a mensa, dice SANTO SILVESTRO al suo cherico:

Prendi, cherico mio, quel libro in mano

E leggi apertamente qualche verso;
Mentre che 'l cibo corporal pigliano
Non vo' che sia da noi tal tempo perso;
Mi pare spender tutto il tempo invano
Quando, mangiando, a Dio non son converso:
La lezïon a Dio lieva la mente,

Quando l'orecchie a quella stanno attente.

El CHERICO piglia el libro e legge cosi:

<< Sequitur in prima epistola beati Petri Apostoli quarto » capitulo. Estote itaque prudentes et vigilate in orationibus. » Ante omnia autem mutuam in vobismetipsis charitatem con>> tinuam habentes: quia charitas operit multitudinem pecca>> torum. Hospitales invicem sine murmuratione. Unusquisque >> sicut accepit gratiam, in alterutrum illam administrantes, sicut >> boni dispensatores multiformis gratia Dei. Si quis loquitur >> quasi sermones Dei, siquis ministrat tanquam ex virtute quam >> administrat Deus, ut in omnibus honorificetur Deus per Je>> sum Christum, cui est gloria et imperium in secula seculo>> rum. Amen.

Dice TIMOTEO a Santo Silvestro:

Silvestro, le parole che son lette,
Scritte da Pietro nostro buon pastore,
Par che per noi sol sieno state dette

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