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Sappi che 'l nostro Idio in ciel m' aspetta.
L'anima sento già levarsi a volo
Per tornar alla sua patria diletta.
Ma sol m'incresce di lasciarti solo:
Sento l'anima mia con teco stretta;
Non pianger di colui che è rivocato
Alla sua patria, chè saresti ingrato.
JOSAFAT piangendo dice a Barlaam:

O sventurato a me, dove son giunto?
Ove mi lasci in questa selva errante?
Perchè non fui da quelle fiere assunto,
Per non veder la tua morte davante?
Ogni speranza mia perdo in un punto :
Fami nel tuo voler tanto constante,
Dolce Signor, per tua pietà infinita,
Ch' i' possa sopportar questa partita.

Ma tu, padre diletto, che non chiedi, Se tanto m' ami nel divino aspetto, Perchè sol questa grazia non concedi, Che teco muoia el tuo fedel sugetto? BARLAAM dice:

O dolce figliuol mio, confessa e credi
Che tu sia riservato a qualche effetto,
Ascolta quel che Barlaam ti dice:
Ancor meco sarai nel ciel felice.

Tu vedi el viver nostro quanto è breve,
Chè presto come fior passa, e non dura
Ogni nostra speranza al vento lieve.
La morte è fin d'una prigione scura
A chi ben vive, a li altri è dura e grieve
Ch' anno posto nel mondo ogni lor cura.
Fa' che tu stia con meco in orazione,
Poi mi darai la tua benedizione.

Quando l'anima fia dal corpo sciolta
Questa misera spoglia prenderai,
Con le tua man fa' ch'ella sia sepolta
E di me spesso ti ricorderai
La vita; poi ch' ella ti sarà tolta
Ancor lieto nel ciel mi rivedrai.

JOSAFAT dice:

Io benedico te con tutto 'l core;
Cosi ti benedisca il tuo Signore.

Morto Barlaam, JOSAFAT lo sepellisce dicendo:

Da poi che t' è paruto, o sommo Iddio,
Di riservarmi a quel ch' io non intendo,
L'anima piglia tu del padre mio;
La carne che fu terra, io gliela rendo.
L'animo e 'l core e ogni mio desio,
Dolce Signor, nelle tua man, comendo ;
Fa' che sia meco sempre in compagnia,
Si ch'io possa seguir per la tua via.

Josafat si torna drento nella cella poi che ha sepellito
Barlaam, e l'ANGIOLO dà licenzia dicendo:

O voi che siete in questa valle oscura,
Miseri involti ne' mondan diletti,
Levate gli occhi della mente pura
A pensar di costoro e' grandi effetti,
Chè, lasciando del mondo ogni vil cura,
Volsono a Dio con tutti lor concetti,
E felice colui che se n' accorge,
E che di molte vie la dritta scorge!

Perseverando, l' uom si fa felice,
Come fe' Josafat che al ciel si volse
Lasciando il mondo misero e infelice;
Dalle sua rete con fuggir si sciolse,
E fe'd'ogni sua guerra vincitrice
L'alma, che a Dio felice si rivolse.
Pregate quel ch'è nel superno coro
Che vi dia grazia di seguir costoro.

DI

CONSTANTINO IMPERATORE,

SAN SILVESTRO PAPA E SANT' ELENA.

Per questa Rappresentazione, o a dir meglio per queste due Rappresentazioni raccolte insieme e facenti seguito l' una all' altra, abbiamo esemplato la prima ediz. così descritta dal BATINES, Bibl., p. 49:

S. A., in

Rappresentatione di Constantino Im Peradore et di sancto Siluestro Papa Et di Santa Helena Im Peratrice. Stampato in Firenze. 4o di 14 c. Ediz. del princ. del XVI sec. con 2 fig. sul front. Seguono le successive edizioni:

Istapato adistatia di M. F. Beuenuto. In 4° di 14 c. con 2 fig. Ediz, sim, alla preced. coll' aggiunta in fondo di un Ternale in lode della sactissima Croce, che fu riprodotto nelle ediz, seguenti.

In Firenze l'anno M. D. LV. In 4o di 12 c., con 7 fig. Firenze, appresso alla Badia, 1562. In 4o di 16 c, con fig. Stampata in Firenze appresso Giovanni Baleni l'Anno 1588. In 4° di 16 c. con 8 fig.

In Siena, Alla Loggia del Papa. S. A. In 4° di 14 c, con 2 fig. In Siena. Et ristampata in Oruieto, 16 18. In 4o di 14 c. con 2 fig. Stampata in Siena et ristampata in Oruieto. S, A. (ma sec. XVII) In 4o; sim. alla preced.

Altre ediz. in 4° di Firenze 1547, e s. n. sono registrate nel Cat. Hibbert. n. 6871-72.

Le fonti a cui attinse lo scrittore delle Rappresentazioni sono in parte storiche, in parte leggendarie, e più che altro il Varagine. Vedi DOUHET, Dict. des Légendes, col, 515 e 1145.

Un GIOVANE con la citara annunzia:

E' gloriosi gesti de' Romani
Fatti son degni di maggior onore

Poi che destrutti e' lor idoli vani
Conversi sono al vero creatore:
Molti di lor, come fedel cristiani,
Son fatti dallo eccelso e gran Signore
Nelle degne virtù tanto eccellenti
Che sono specchio a tutti noi viventi.

Istoria degna d'immortal memoria
Fu la conversion di Constantino,
Che la romana pompa e magna gloria
Redusse al culto e santo onor divino,
E con letizia e trionfal vittoria

Rivoltò verso Dio suo buon cammino
Per acquistar in ciel maggior imperio,
Dove s'adempie ogni buon desiderio.

A produr tanto ben fu solo eletto
El magno e gran pontefice Silvestro,
Che di scïenzia e di bontà perfetto
A tal opra condur fu pronto e destro,
E per essere stato a Dio accetto
D'ogni virtù fu degno e buon maestro.
Chi vuol al cuor sentir gran refrigerio
Attento stia a questo alto misterio.

QUIRINO imbasciador si parte da Roma e va in Francia, e dice a Constantino così:

O magno Constantin robusto e forte,

A te mi manda il Senato romano
Ch' aprir ti vuol della città le porte
E dar lo imperio in tua potente mano.
Massenzio ha usurpato nostra corte,
Et è contra di noi molto villano;
Suo duro giogo non possiam portare;
Però tua patria vieni a liberare.

Risponde CONSTANTINO:

Ben venga oggi Quirino a me diletto
El qual mi porta glorïose nuove !

Lo imperio nuovo volentier accetto,

Poi che 'l Senato a prender quel mi muove.
Venir al tutto a Roma ti prometto,
Piacendo questo all'alto e sommo Giove,
Che liberar vo' quella dal tiranno
E riparar la sua ruina e danno.

CONSTANTINO si volta al capitano e dice:

O degno capitan magno e potente,
La cui virtù ogni potenzia doma,
Metti in assetto tutta la mia gente,
Chè ci bisogna porre il campo a Roma
Per estirpar quel Massenzio insolente
Che al Senato ha posto grave soma;
Po' che, avendo lo imperio usurpato,
Contra quel son richiesto dal Senato.

Risponde il CAPITANO:

Al tuo comando sempre siam parati
Mostrando virtù nostra quanto vaglia;
E' tuo soldati presto sieno armati,
Che son desiderosi far battaglia.
In un momento saranno ordinati
Danar, cavagli e arme e vettovaglia:
Fa' pur di seguitar questa alta impresa,
Chè merita la patria esser difesa.

Mentre si mettono in ordine, uno SECRETARIO di Massenzio in Roma gli dice così:

Signor Massenzio, e' s' è oggi scoperto

Contra di te un secreto trattato:

Che 'l Senato romano, e questo è certo,
A Constantino in Francia ha già mandato
E a quello ha lo imperio tuo offerto,
Acciò da quel di Roma sia cacciato.
Pensa or quel che de' fare attentamente,
Ch'e' vien contra di te con molta gente.

Risponde MASSENZIO:

S'i' volessi il Senato manomettere
Di certo mi esporrei a gran pericoli;
A me bisogna al popol ben promettere,
E quel difender in tutti gli articoli.
Alla fortuna mi convien commettere,
E farmi amici insino a' vili agricoli:
Ma prima fa' che la mia gente s'armi
Acciò nessun la morte possi darmi.

El SECRETARIO dice a' soldati:

Franchi soldati, esperti alla milizia,
Da parte del signor l' arme pigliate,
E ponete da parte ogni pigrizia

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