E fu menato da que' farisei Ad Anna e Caifas e a Pilato, E lacerato dagli uomini rei, Di corona di spine incoronato; E finalmente, crudelmente a torto, Fra dua ladron fu crocifisso e morto. Resucitò poi dopo il terzo giorno, E discese nel limbo a liberare De' santi padri quello stuolo adorno, Stati già tanto tempo ad aspettare; E, dopo tal brevissimo soggiorno, Si tornò in ciel col padre ad abitare. E questo è il nostro padre e 'l sommo bene, Che ci ha scampati dalle eterne pene.
E questi idoli vostri son resie
Fallaci, e inganni e diabolici incanti, E fannovi mostrar tal fantasie Che vi fanno del vero spesso erranti. E però fuggi le sinistre vie
Che vi conducon agli eterni pianti: E voglia, per esemplo del mio Iddio, Ch' io ti battezzi, figliuol giusto e pio. Risponde JOSAFAT:
E' mi par già sentir levar a volo
E veder qui presente quel ch' hai mostro, E solo a questo mi s'agiugne un duolo Pensando quanto è breve il viver nostro Per servir a colui ch'io bramo solo, Che vive e regge nello eterno chiostro. E tu, facci di me quel che tu vuoi, Chè, più che non poss' io, di me tu puoi.
Ora Barlaam battezza Josafat, e battezzato, dice JOSAFAT: Tu m' hai col tuo parlar sì ben contento
E con la vista tua, ch'i' non so dire; E non ti so mostrar quel ch' i' ho drento, Ma questo effetto sol ti voglio aprire; Che di restar qui solo ho gran tormento, Ch'i' vorrei teco vivere e morire;
Però ti priego che in piacer ti sia Accettar me tuo servo in compagnia.
Se tu volessi venirne con meco
Uno SERVO dice al re come Josafat è convertito: Io non so come io dica tal novella, Signor, del tuo figliuol ch'è convertito Da un certo uom che Barlaam s'appella, Che par un mercatante et è romito,
E' ci mostrò con suo dolce favella Che avea la fama del Signor sentito, E che volea mostrargli un bel gioiello, E sotto questo convertito ha quello,
Maladetto sia tu Barlaam ribaldo; Chè io ho sempre temuto di te solo; Tu hai nel tuo voler già vôlto e saldo E fermo e battezzato il mio figliuolo! Cosi t'avessi qui! chè caldo caldo Io ti farei sentir l' ultimo duolo,
Un BARONE conforta il re e dice così:
Tu se' savio, Signor; ma fanne pruova, Chè il lamentar al tuo caso non giova.
Dice il RE a quello barone vecchio:
Che poss' io far, se questa mia fortuna A questo modo sempre mi molesta? Io ho di molte cose pensato una:
Di far al mio figliuol tagliar la testa.
Non far, Signor, non, per cosa nessuna: Ogni altra cosa si vuol far che questa.
Tu non n' hai più, per quanto io penso e odo, E però piglieremo un altro modo.
Egli è di nostra legge un uom qui presso Ch' a questo Barlaam simile pare; Fallo pigliare e fingi che sia desso, E fa' pel regno tuo manifestare Che d'ogni legge a ciascun sia concesso Venire in corte a sentir disputare; Costui la legge sua prima difenda, E dipoi vinto alla nostra s'arrenda. Forse che 'l tuo figliuol vedendo cedere Al suo maestro, muterà proposito.
Ogni vostra speranza i' vo' concedere, Come fa quel che ha la vita in deposito, E andrò al mio figliuol per fargli credere, Bench' io mi credo che sarà l' opposito. E tu, sergente mio, mettiti in punto A pigliar quello.
Il RE va a Josafat e dice:
Oïmè, figliuol mio, che ha' tu fatto? È questo il premio che al tuo padre rendi? Tu m' hai con teco el mio regno disfatto Per creder quel che tu non gusti e intendi. Come per due parole d'un ch'è matto Senza sentire altra ragion, t' arrendi? Ma se tu non farai quel ch' io ti dico Tu non sarai figliuol, ma mio nimico. Risponde JOSAFAT al padre e dice così:
Non è d'ottimo padre questo zelo: Non ti bisogna troppo affaticare; Prima toccar con man potresti il cielo Che ritrarmi da Dio, o 'l mar seccare. Io ho tolto da me l'oscuro velo, Tanto ch'i' conosco or le cose chiare; Non è padre colui che se n'attrista
Delle vittorie che 'l figliuol s' acquista.
La mia troppa pietà me n' è cagione, Ch'io t'ho più che figliuol sempr' onorato; Meritamente in tua generazione.
Mi fu da' savi mia pronunzïato
Che tu saresti la disfazione
E la ruina del mio principato;
Ma, se tu segui in questa tua ignoranza, Tu mi farai crudel contro a mia usanza.
Tempo è d'amare e tempo è da disdire, Tempo di pace e tempo di discordia; Non è lecito sempre d' ubbidire Nè usare contro a Dio misericordia. S'io vedrò che mi voglia perseguire, Non ch'io cerchi da te pace e concordia, Ma dall' aspetto tuo, chè non mi pigli, Come serpente fuggirò gli artigli.
Partesi il RE, e torna poi adrieto con buone parole: Onora, figliuol mio, la mia vecchiezza,
Chè troppo l' ubbidir al padre è degno, E non voler con questa tua durezza Rovinar sottosopra il nostro regno.
Nè con molti minacci o con dolcezza Non ti bisogna affaticar l'ingegno. Dice il RE: Poi che teco non val forza nè prieghi, Fa' che sol questa grazia non mi nieghi.
Io ho fatto pigliar quel gran mercante Che porta gioie di sì gran valuta; Io vo' che sia con seco a me davante E co' vostri e mie savi alla disputa, E, se mi mostron la mia legge errante, Questa quistion sarà presto compiuta Chè, voi presenti, battezzar m' intendo, E così far dovete voi perdendo.
Udendo JOSAFAT esser preso Barlaam, dice seco medesimo:
Ecco che 'l riso mio mi torna in pianto,
Ch' io perderò in un punto ogni mio bene;
S' egli è preso colui che io amo tanto
Io so che sentirà l' ultime pene. Viene uno ANGIOLO a confortarlo e dice:
Ascolta il suon dello angelico canto Che per tuo refrigerio dal ciel viene; Sappi che quel ch'è preso, non è desso.
Ringraziato sia tu ch'io sol confesso.
Viene Josafat alla disputa con quello che è preso bio di Barlaam, e dice ANACOR:
Se tu sarai prudente, e' ti bisogna Che, se gli effetti detti a me sien vani, Io ti farò di tua detti vergogna,
E darò la tua lingua e 'l cuore a' cani; Si ch' al figliuol del re con tal menzogna Non ardischin venire alcun cristiani: Ma se sia ver le tue sante dottrine Io seguirò tua legge infino al fine.
Il RE dice che non dubiti:
Non dubitar che ti sia fatto oltraggio, Difendi la tua legge arditamente.
Dice ANACOR seco medesimo:
Io ho fatto la fossa dove caggio
E teso il laccio ov'io darò al presente; E' sarà buon tenere altro viaggio E fuggir il pericolo eminente; Egli è tal volta senno a rimutarsi, E buon sarà col figliuol accostarsi.
UNO di quelli savi venuti alla disputa dice:
Se' tu colui che colla tua arroganza Dimostri che noi siam tutti in errore? E che hai avuto sol tanta baldanza Di battezzar il figliuol del Signore ?
Io son quel desso, e ho tanta fidanza Disputando con voi, nel mio fattore Che tutti il vostro error confesserete, E alla nostra fè concederete.
Non v' accorgete voi quanta stoltizia Adorare ombre e imagine morte? Diabolica arte e antica malizia,
Che da Dio vi dilungon per vie torte,
« PrécédentContinuer » |