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IL CONTE DI CARMAGNOLA.

TRAGEDIA

DI ALESSANDRO MANZONI.

MILANO, 1820.

Questa tragedia, che già annunziammo,

merita per ogni rispetto di essere ora esaminata più da vicino e presa a cuore. Fin dal bel principio della prefazione l' A. desidera, che si pongano da banda le misure estranee, e noi siamo perfettamente d'accordo, giacchè un'opera verace dell' arte, come una sana produzione della natura, dee pur essere giudicata in sè stessa. Accenna quindi il modo ch' ei reputa doversi tenere in tal giudizio. Vuolsi prima, secondo lui, accertarsi

Quale sia l'intento dell'autore. - Se questo intento sia ragionevole e da approvarsi - Se l'autore l'abbia conseguito. Per conformarcia un tal modo di vedere del sig. Manzoni, abbiam cominciato dal farci un concetto preciso del suo disegno; lo abbiamo trovato lodevole e conforme a quanto natura ed arte richieggono, e col più scrupoloso esame ci siamo alla fine convinti, che il poeta conseguì maestrevolmente l'intento. Parrebbe, che dopo tal protesta altro non rimanesse da aggiugnersi, se non se augurarci, che tutti gli amatori della letteratura italiana leggano l'opera, e la giudichino liberamente ed amicamente, come abbiam fatto.

Ma questa maniera di poetare trova in Italia avversari, e potendo anche non dar nel gusto di tutti i Tedeschi, ci corre obbligo di giustificare il nostro elogio senza restrizione, e di mostrar come, secondo il desiderio e il volere dell' A., lo deduciamo dall' opera stessa.

Nella citata prefazione ei dichiara senza esitanza d'essersi liberato dalle rigide leggi d'unità di tempo e di luogo, allega in suo favore gli argomenti di Augusto Guglielmo Schlegel, da lui riputati diffinitivi, e mostra gl' inconvenienti della trattazione invalsa strettamente angusta. Nulla certamente di tutto questo riuscirà nuovo o contestabile nella lingua tedesca; non per tanto le considerazioni del sig. Manzoni nel proposito non sono meno interessanti neppur presso di noi; poichè, sebbene la quistione sia stata bastantemente agitata e dibattuta in Germania, un uom d'ingegno, obbligato a difender di nuovo e in altre circostanze una buona causa, troverà sempre un nuovo lato da cui considerarla e confermarla, e opporrà agl' impugnatori argomenti tuttavia intatti. Di fatto l'A. trovò cose, che arridono al buon senso e piacciono agli stessi convinti.

In un altro discorso egli reca i fatti in quanto sono necessari a far conoscere l'epoca e i personaggi storici.

Il conte Carmagnola, nato verso il 1390, dalla pastorale passato a vita soldatesca piena di strane venture, sale rapidamente di grado in grado fino al posto di capitano generale nell'esercito di Gio. Maria Visconti, duca di Milano, allargandone e assodandone colle sue vittorie il dominio. Questi in ricambio, lo colma d' onori fino a dargli in isposa una sua parente. Ma l'indole bellicosa dell' uomo, un' attività veemente ed irresistibile, un'impazienza di spingersi innanzi lo metton male col suo padrone e protettore. La rottura è insanabile, e nel 1425 Carmagnola va a servire i Veneziani.

In que'tempi selvatici e bellicosi chi sentivasi forza di corpo e d'animo, sospinto alla violenza, per la menoma apparenza di giusta cagione licenziavasi al piacere di guerreggiare con pochi compagni, ora per proprio conto ora per l'altrui.

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La milizia era fatta una sorta di mestiere. Gli uomini d'arme si davano ad arbitrio qua e là secondo l'utilità loro, facevano accordi in guisa d'operai, arruolavansi in bande staccate, e con gradi diversi sotto chi o per voga, o per bravura, prudenza e sperienza avesse saputo guadagnarsene la fiducia. Costui co'suoi mercenari appigionavasi a principi, città e a chi avesse bisogno di lui.

Tutto pertanto procedeva dalla personalità, da quella personalità energica, robusta, sdegnosa di condizioni e d' ostacoli. Chi possedevala, non voleva nelle imprese condotte per altri, posporre l'util proprio all'altrui. In tal fatta milizie il più strano della cosa, benchè in realtà naturalissimo, si è, che dal generale fino al soldato, tutti questi stipendiari, quando pure stavano in due eserciti opposti, non nodrivano sentimenti ostili. Spesso avevano già combattuto insieme e contro, e speravano di continuare così per

GOETHE.

avvenire. Non

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