LO SCARAMUCCIA si parte e dice per la via:
I' ho già mille volte udito dire Che quando ti si volge la ventura Non esser lento, e sappila ghermire, Chè rare volte torna, e poco dura. Quando ella vien, chi la lascia partire Abbisi il danno della sua sciagura;
Chi credesse altro, in grande error si pasce: Suo ventura ha ciascun l' ora che nasce.
Quando potrei aver sorte maggiore, S'i' non ho in tutto perduto il cervello? Ma io ho fatto bene un grande errore A lasciar a color sì che arà quello.1 Per aver robba, ogniun c' è traditore: Non ch' altro, ella si frega a un fratello. Pazo fu' io, a mettermi per via, Credendo aver tutta la parte mia.
E' gli hanno nelle mani el romaiuolo, E faranno a lor modo la minestra. Ma che bisogna darmi tanto duolo, Che lo 'ntelletto a punto m' amaestra Ch'i' potre' far d'averlo tutto solo, E niuna cosa mi nuoce o sinestra? Dunque s'i' 'l posso far, far me 'l bisogna, E l'util vada innanzi alla vergogna.
A me bisogna uno spezial trovare Che mi venda veleno del più forte; Un di que' fiaschi potrò avvelenare, Chè non c'è via più breve a dar lor morte. E' m'han creduto e' felloni ingannare Per far che sie toccato a me la sorte; Ma sopra lor ritornerà l' inganno,
E l'òr fie tutto mio sanz' altro affanno.
Giugne a un banco e dice:
Qual è di voi, o maestro, o cassiere,
Che comperi quest' oro, qual vò' vendere?
1 Così l'ediz. antica. Quella del 1555: Sin che arò quelli. E l'altra di Siena a coloro tutto quello.
2 In senso di farla, accoccarla, ec. ha es. del Boccaccio e d'altri, ed è modo tuttora nell' uso.
3 Modo non registrato: oggi si dice: avere, o tenere il mestolo nelle mani.
Risponde el CASSIERI e dice:
Lascialo in prima a' compagnion vedere: Po' quel che tu ne vuo', si vuol intendere.
Risponde SCARAMUCCIA e dice:
I'ne vò' a punto quel che può valere, Ma vo' moneta che si possa spendere.
Risponde il MAESTRO del banco e dice:
To' il paragon, guarda se gli è in lega, E fa' dovere a lui e alla bottega.
Risponde il CASSIERI e dice:
Quest' òr, compagno, val vent' un ducato, Ma son contento darne ventidue.
Guarda che tu non abbi il peso errato : Può fare Idio ched' e' non vaglia piue?
Risponde il CASSIERI e dice:
E' non val più, e òllo ben pesato ; Di dire il ver mai nostra usanza fue.
Risponde lo SCARAMUCCIA e dice:
Fammi il dover, cassier, ch'ï' ti rammento Ch'i'n' ho ancor ben delle libre cento.
Dipoi va allo speziale e dice:
Maestro mio, vo'siate il ben trovato ; I' vengo a voi per aiuto e consiglio.
Ben sia venuto; i' sono apparecchiato Di far per te come di proprio figlio.
Da poco in qua e' m' è in casa arrivato Gran quantità di topi e gniun ne piglio, Per modo tal che son tanti e si vecchi Che gli hanno ancora a rodermi gli orecchi. Di che convien, maestro, che mi diate Un poco di velen col qual gli spenga; A vostro modo vò' che vi paghiate; Pur che sia buon, se viene assai, si venga.
Risponde lo SPEZIALE e dice:
I' tel darò perfetto in veritate,
Ma guarda poi che scandol non ne venga.
Venire assai, intendasi del prezzo, ed è come se dicesse: se viene a costare assai; ed è modo da registrarsi.
Levati su e fa' presto, Domenico, Recami qua il bossol dell' arsenico.
Tien qui quel ch' io ti do, dammi duo grossi, E sotti dir ch' i' t' ho servito bene, E per men pregio dartelo non puossi Ma di ragion molto più se ne viene : E, se lo pigliano, e' saran percossi Di spasimo, e morranno con gran pene.
Io non ispesi mai, al parer mio, Me' mie danari, e fatevi con Dio.
Oste, i' vorrei duo fiaschi d'un buon vino Bianco e vermiglio che ogniun dolce sia.
I'n' ho di Chianti, e vin da san Lorino, Trebbian dolci, vernaccia e malvagia.
Risponde lo SCARAMUCCIA:
Tône duo fiaschi e te' questo fiorino, E serba il resto alla tornata mia; Intanto infino al cuoco i' voglio andare, Per veder se gli ha nulla da mangiare.
Poi ne va al cuoco e dice:
Àci tu nulla, o cuoco, da godere? Io ne vorrei per quattro compagnioni.
Ciò ch' io ci ho, compagnion, è al tuo piacere : Io ci ho capponi, pollastre e pippïoni, E salsicciuoli che danno buon bere, E òcci un gran catin di macheroni, E fegatelli, e òcci de' migliacci; Or guarda se ci è nulla che ti piacci.
Il TAGLIAGAMBE dice a Carapello :
Fratel, i' ti vò' dire il pensier mio: Con questo, che mi giuri fedelmente, Se non ti piace, metterlo in oblio, E a persona non ne dir nïente.
Risponde CARAPELLO e dice:
Di' prima tu, e poi ti dirò io
Un pensier che m' andava per la mente, E dimmi arditamente i pensier tuoi, Chè quel che noi direm sarà tra noi. Risponde il TAGLIAGAMBE e dice:
I' ho pensato che questo tesoro Che la ventura ci ha fatto trovare,
Che sol di te e me fusse quest' oro Per non l'aver con altri a dimezare. La invidia, a dirti il ver, mi dà martoro; Però rispondi quel che te ne pare. Che altri n'abbi aver, non mi par giuoco, E a farne tre parti, e sare' poco.
Per certo si, fratel, tu hai ragione. Non ti tenendo più celato il vero, Io sentia drento una gran passione Ch' era a questo medesimo pensiero; E sammi mal che quel ghiotto poltrone, Che non val la sua vita una pane intero, La ventura abbia avuta per amica, E che si goda la nostra fatica.
A quel che si vuol far, pigliam partito Che, quando e' torna e postosi a sedere, Che in un baleno e' sia da noi assalito. El pensier nostro lui non può sapere ; In pochi colpi noi l'arem finito;
Ma non si vuol dir nulla al suo venire: La vita a cento noi abbiam già tolta:
Un più, un men, che monta questa volta? Scaramuccia torna, e il TAGLIAGAMBE dice:
Che ha' tu venduto quel pezo dell' oro? E in queste cose poi quanto spendesti? Risponde SCARAMUCCIA:
Che ne vuo' tu saper, pezo di toro ? A punto a punto testè lo sapesti.
Risponde il TAGLIAGAMBE:
Dò, ladroncel, tu non arai il tesoro Che con noi insieme divider credesti. Poltron gaglioffo, grida se tu sai,
Modo proverbiale non registrato, per indicar minimo valore di una cosa o
Che stu non voli, alla barba l'arai.
Poi che l'hanno morto, il TAGLIAGAMBE dice a Carapello: Or ti dich' io, fratel mio diletto,
Che noi potrem mangiare e bere in pace. E non abbiam d'avere alcun sospetto, Po' che questo gaglioffo morto giace. Comincia a tôrre un pezo di confetto, Assaggia in prima il vino se ti piace, Che noi potremo poi ben giudicare S' egli è buono e perfetto: che ti pare?
CARAPELLO assaggia el vino e dice:
Egli è vantaggiato; assaggia un poco; Costui era pur ghiotto e intendente.
Il TAGLIAGAMBE l'assaggia e dice:
Questo è un vin che par proprio di fuoco, Tanto è gagliardo, sottile e possente. Veggiamo or come ci ha trattati il cuoco, E trassiniam qualche cosa col dente. 2 Di bene in meglio ci siamo abbattuti, Si che con le mascella ogniun s' aiuti. Quando hanno mangiato, il TAGLIAGAMBE dice:
Or che ci siam cavati ben la sete, E il corpo pien, che di nulla si teme, E che ci tien l'orezo questo abete, Vuolsi che ragioniam di sodo insieme Che modo abbiamo a vivere in quïete, Fuggendo ogni pensier che l' alma preme.
Risponde CARAPELLO e dice:
Tu hai ragion, ma io ho poca pratica: Di' prima tu, che sai ben di gramatica.
Carapel mio, da poi che la ventura Ci ha fatto diventar tutt' a dua ricchi, Si vuol che noi siam savi, e abbiam cura Che molto ben la ruota si conficchi E ribadisca il chiodo, onde paura Non abbiam che già mai si sconficchi.
Risponde CARAPELLO e dice:
El tuo è sanza fallo buon ricordo;
1 Vantaggiato aggiunto a vino, indica massimo grado di eccellenza. 2 Trassinar col dente, per mangiare, è modo da registrarsi.
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