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Avendo di servire a Dio buon zelo.
Delle sante virtù mi truovo scempio
Che son cagion farci acquistare il cielo;
Lascia ogni cosa (e questo fu quel detto),
Che nieghi sè chi vuol esser perfetto.

Risponde il ROMITO:

El nostro eterno Idio che ci ha creati
Volendoci salvar ci diè la legge
La qual s' intende, e' suo santi mandati
Che ubbidir de' tutta l' umana gregge:
Chi rompe quella, cade ne' peccati
E muor dannato se non si corregge.
Oltre al precetto, ci dà poi consigli
Che buon per te, figliuol, se tu li pigli.

De' suo consigli è quel quando ti dice:
Lascia ogni cosa e diverrai perfetto.
Chè chi taglia del mondo ogni radice,
Ponendo solo a Dio tutto 'l suo affetto,
L'alma del suo morir si fa felice,
Che senza lui ogni cosa ha in dispetto.
E ciò che piace al mondo le dispiace,
Portando pel Signor le pene in pace.

Però, figliuol, se il tuo Signor ti chiama
Con l' ubbidir rispondi alla sua voce:
Tanto di darci il paradiso brama
Che mori per salvarci in sulla croce.
Fuggi la robba l' onore e la fama,
Chè alla salute nostra ognïun nuoce,
E pensa quanto è brieve questa vita
Rispetto a quella che sarà infinita.
Risponde ANTONIO al romito e dice:

Io priego, padre, il nostro redentore
Merito renda alla tua caritade,
Perchè tu m' ài ralluminato il core
Ch' era ravvolto in grande oscuritade.
E 'n questo punto intendo per suo amore
Elegger sol la santa povertade,

E nelle tue orazion, o padre mio,
Ti priego che tu prieghi per me Idio.

Di poi si parte e dice per via da se stesso:

O creator del ciel, Signore eterno,

O Giesù Cristo figliuol di Maria,
Piacciati esser di me padre e governo,
Tu sol mia guida e lume vo' che sia.
Guardami dalle pene dello 'nferno,
E fammi andar per la tua santa via;
Nella tua sapïenza mi rimetto:
Or fammi far quel che ti sia più accetto.
ANTONIO dice a' suo compagni :

Frate' mie cari, se noi pensiam bene,
Noi siam al nostro Idio molto obligati:
E' ci ha creati e lui sol ci mantiene,
E per salvarci, ch'eravam dannati,
Volle morir con gran vergogna e pene,
E tutto fece pe' nostri peccati.

Sempre dovremo stare in penitenzia,
Per esser salvi all' ultima sentenzia.
Risponde UNO DE' COMPAGNI ad Antonio:

La penitenzia si vuol lasciar fare
A' monaci e a' frati e a' romiti:
Lor debbon mal dormire e digiunare,
Andare scalzi, e in dosso mal vestiti;
Ma noi possiam dilicateze usare

E pompe e feste e spesso far conviti:
Mentre che 'l tempo è verde e si felice,
Godere il mondo a noi non si disdice.
Risponde ANTONIO al compagno e dice:

E ben che'l mondo paia bello in vista,
Egli è pien tutto di lacciuoli e danni:
Con poco dolce molto amar s' acquista,
Poco diletto e infiniti affanni:

L'anima isventurata cieca e trista
Si lascia spesso prender da' suo inganni,
E non s'avede il tempo vola forte,
E'l pentir poi non val dopo la morte.
Risponde il SECONDO COMPAGNO a Antonio:

VOL. II.

Fratel, se'l tempo come tu di' vola,
E se la morte tuttavia s' appressa
Ch' ogni piacer di man ci toglie e imbola
E farci tradimenti mai non cessa,
Non ti pare che questa ragion sola
Debb' esser per me tutta chiara e spressa
Che, quando no' possiam, fuggiam tristizia,

4

E cerchiam sempre viver in letizia?

Risponde ANTONIO al compagno e dice:

Color ch' àn questo mondo abandonato
Son suti molto savi al mio parere;

Chi è ricco e forte e chi è in grande istato
Quasi in un punto si vegon cadere;
Però, frategli, i' ho diterminato

Lasciare in tutto il mondo e'l van piacere,
E vogl' ire a servire al mio Signore,

El qual fu morto in croce per mio amore.

Risponde il TERZO suo compagno:

S'i' ho le tuo parole ben notate,
Come d'amico buon, molto m'incresce.
E' t'arà lusingato qualche frate,
E parmi diventato un nuovo pesce.
Sanza cervel voi v' incaperucciate
E spesso con vergognia poi se n'esce:
E se pur poi quella pazia v'accieca,
Vo' far lo stento in sulla ribeca. 2

1

I' credo, Anton, che que' che stanno al mondo In molti modi si posson salvare;

Sol duo peccati mandon nel profondo:

El tor la robba, e gli uomin amazzare :
E que' che si fan frati, i' ti rispondo,

E' più lo fanno per non lavorare:
Se vuo' col tuo pensier pur ire avanti,
Non ti far frate se non d' Ognissanti.

ANTONIO si volge alla sorella sua e dice così:

Sorella mia, d'inganni è pieno el mondo
Chè cosa alcuna c'è che stabil sia:
E tutto è vano, benchè par giocondo,
A chi va seguitando la suo via:
Ma chi il conosce con l' animo mondo
Sol di piacere a Dio sempre desia:
Cosi vorrei che po' che noi siam soli
Cercassin d'esser suo veri figliuoli.

1 Incaperucciarsi, cioè: farsi frate, come spiega il Caro, Lett.: Non incapperucci, come fiorentinamente si dice, cioè, non si faccia frate.

2 Alcune edizioni leggono far altre fate, ma il senso ad ogni modo non ne esce fuori limpido: e anche l'editore senese se ne avvide sostituendovi que sti due versi, proprio di ripiego: Da poi ch' una tal pazia ti tocca Ricuciti due dita della bocca.

Risponde la SORELLA ad Antonio e dice:

Fratel, quando tu di' che 'l mondo è pieno
D'inganni e tutto è pien di vanitade
E che da lui molti ingannati sièno,
Mi par che sia una gran veritade,
Chi ben lo pensa; ma pur nondimeno
Ogniun si truova in questa oscuritade.
Ma quando di' d' esser figliuol di Dio,
In nessun modo il posso intender io.

Perchè figliuol di Dio siam tutti quanti
E' suo precetti dobbiamo ubbidire,
Per esser poi nel numero de' santi
Quando di qui ci converrà partire.
Risponde ANTONIO alla sorella e dice cosi:

Noi siam, sorella, come vïandanti
E in ogni punto ci possiam morire :
Si che vorrei che, mentre che possiamo,
Per Dio tutto il mondo abandoniamo.

Risponde la SORELLA ad Antonio :

Or t'ho inteso, e credo che motteggi
E che sien queste parole da sera,1
Però ti priego che non mi dileggi,
Chè poi non crederrei la cosa vera.

Risponde ANTONIO alla sorella:

Si che tu credi ch'i' ti scocoveggi
Parlandoti la verità sincera ?
Anzi questo medesimo raffermo,
E non vacillo come fa l'infermo.

Risponde la SORELLA ad Antonio:

Dunque vuo' tu, fratel, ch' io abandoni
Le gran magnificenze e la riccheza,
La bella casa e tante possessioni
E povera diventi, essendo aveza
A viver con letizia, e ch'i' mi doni
Alla religion con ogni aspreza ?
I'ti vo' dire il vero: e' mi par certo
Che tu sia poco savio e meno esperto.
Risponde ANTONIO alla sorella:

E' pare a te, sorella mia, ch'i' dica

6

Quando uno dice cose non verisimili, se gli risponde che son parole

da donne e da sera, cioè da vegghia. » Varchi, Ercol.

Cosa da riputare sciocca e stolta?
Perchè se' fatta si del senso amica
Che la virtù della ragion t' ha tolta?
Tu debbi pur saper con qual fatica
Nostro padre ha questa robba raccolta,
E or come tu vedi si ritruova

De' vermin cibo; e questa che gli giova?

Risponde la SORELLA ad Antonio:

Or non si può e' far bene altrimenti
Vivendo al mondo non religïoso?
Risponde ANTONIO alla sorella e dice:

E' son si grandi e molti impedimenti
Che sanza dubbio egli è pericoloso.
Credi quel ch'i' ti dico e acconsenti,
E non disiderar di qua riposo,
Ma mediante queste brieve pene
Cerca di conseguir l' eterno bene.
Risponde la SORELLA ad Antonio e dice:

Io son contenta, o caro fratel mio;
Perdonami se stata pertinace

I' son nel mio parlare stolto e rio,
E circa a me dispon quel che ti piace.

Risponde ANTONIO alla sorella e dice:

Ben ha' risposto: el dolce nostro Idio
Ti tenga, suora mia, nella suo pace.
Vo', mona Piera, compagnia le fate,
Insino al munister delle Murate.

Dipoi ANTONIO manda per parecchi poveri, e quando son

giunti, dice loro:

Cari frategli, siate e' ben venuti
Per cento mila volte tutti quanti.
I' vo' che de' mie ben sien sovenuti
Vostri padri, fanciugli, e' mendicanti.
Perchè si debbe de' divin tributi
E don di Dio maravigliosi e santi
Esserne grato, e dispensarne poi

Per lo suo amor, così vo' far a voi.

E date loro le limosine, se ne va al romito e dice:
Eccomi, padre, ch' io son ritornato

E fatto a punto quel che mi dicesti,
E tutto il patrimonio ho dispensato

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