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Are' potuto far quel che v' è fatto:

Si ch' io son dal suo Dio ben satisfatto.

Un SACERDOTE de la Chiesa romana dice a un altro sacerdote: Ignazio è morto, et è pubblica fama

Lo imperator essersi convertito,

E Giesù invoca, onora, esalta e chiama,
E vuol ch' ogni cristian sia riverito.
O potenzia di Dio, colui che ti ama
È nella prece lecita esaudito!
Dicesi come morto e' lo sparorno,
E nel suo cuor Giesù scritto trovorno.

El secondo SACERDOTE dice al primo:

Vuolsi al suo corpo dargli sepoltura
E onorar colui che Cristo onora.
Andiam lieti, sicur, senza paura
Cantando laude, e salmeggiando fuora.
Di qua manca la vita, e di là dura
Tanto quanto colui che in ciel l'adora.
Tempo no nè speranza nè fede,

1

È salvo quel che queste cose crede.

E' sacerdoti pigliano il corpo di santo Ignazio; e in questo l'angelo dà licenzia al popolo.

1 Così le antiche stampe.

G

RAPPRESENTAZIONE

DI

SANT' ANTONIO.

L'edizione originale è così descritta dal BATINES, Bibl., pag. 23:
Incomincia la Rappresentatione di Sancto Antonio della Bar ba
Fa parte del tomo II della Rac-
- In fine si legge soltanto: Finis.

romito: et prima langio lo annuntia
colta del sec. XV, dove occupa 22 c.
Seguono le edizioni posteriori;

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La rappresentatione di sancto Antonio abbate

Finite lestanze

disacto Antonio abbate. In-4 s. n. Ediz. in caratt. tondi dello scorcio del sec. XV, di 10 c. a 2 col. non numerate e segnate av., di 35 versi la col. con 3 fig.

Fece stampare Mro Franco di Gio. Benuenuto sta dal canto de Biscari adi 29 aprile 1517 In-4o,

Stampata in Fiorenza per Lorenzo Peri adi 8 d'agosto MDXLVII. In-4° di 8 c. con fig. sul frontesp.

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· In Firenze, nel anno MDLV. In-4o, di 8 c. con 6 fig.

con 2 fig.

In Firenze appresso Giouanni Baleni, l'anno 1589. In-4° di 8 c,

In Siena. S. a. In-4° di 8 c. con 2 fig.

In Siena. Alla loggia del Papa. S. a. in-4.o

Firenze, 1592. In-4o (nella Corsiniana).

Le ediz. ultime notate riproducono tutte l'aggiunta fatta al titolo in quella del 1555: Rappresentazione di S. Antonio Abate. Il quale conuerti una sua sorella, e fecela monaca nel munistero delle Murate di Firenze. E come non uolendo tre ladroni accettare il suo consiglio s'ammarzono lun laltro e furno portati a casa Satanasso. Et egli fu terribilmente bastonato da i diauoli.

Questa Rappresentazione riproduce nella massima parte la Leggenda di S. Antonio che trovasi nelle Vite dei SS. Padri, fino cioè a tutta la disputa coi filosofi : ma l'episodio dei ladri è un'aggiunta fatta alla leggenda dal poeta, ovvero, come è più probabile, dalla tradizione popolare, che il poeta poi riprodusse.

Questa avventura ne ricorda una del Budda che si legge negli Avadanas tradotti da JULIEN (1, 60; II, 89). Un giorno il Budda, viaggiando con un compagno scuopre un mucchio d'oro e di cose preziose: Ecco, egli grida, un serpente velenoso. Ma un uomo che li seguiva, raccoglie il tesoro e lo porta a casa, e fa tante spese e tanto lusso che eccita la cupidigia del Re e viene spogliato ed ucciso, mentre, ricordando le parole del Budda, esclama: È un serpente velenoso.

In francese l'avventura dei ladri si trova nei Ci-nous dit, raccolta inedita di novelle: vedi PARIS, Les Mss. Franç., IV. 83. In Italiano, nel Novellino; salvochè nel testo Gualteruzzi si tratta di Cristo, mentre invece nel testo Borghini si tratta di un romito innominato.

Dal Novellino il racconto è passato nelle Novelle canterburiensi (Pardonere 's Tale) e nel MORLINO (Nov. XLII.)

Incomincia la Rappresentazione di Santo Antonio della barba romito. E prima l'ANGIOLO annunzia :

L'ardente fuoco del divino amore

Vi purghi tutti i vostri sentimenti,
Allumi lo 'ntelletto e 'nfiammi il cuore
Si che a servire a Dio siate ferventi,
Pel cui beato nome e cui onore
Vi priego stiate disiosi e attenti
A rimirar questa gentile storia,
Acciò che la mettiate alla memoria.
Vogliam rappresentar parte di vita
Del glorioso e santissimo abate
Anton d'Egitto, famoso eremita,
Acciò che in quella specchiar vi possiate
A seguitar Jesù che sempre aita
Chi gli serve di cuor con puritate,
E fallo viver lieto, e poi gli dona,
Doppo la morte, l' eterna corona.

Vedrete come presto a Dio rispuose
Sentendosi chiamare, e fedelmente
A' poveri donò tutte sue cose

Lasciando il mondo, e l' antico serpente
Invidioso molti aguati puose,

De' quai tutti campò felicemente:
Tentato ancor da dua savi pagani

Gli vinse, e dimostrò come eron vani.

Vedrete come e' dette buon consiglio
A tre ladron di fuggir l' avarizia
Per iscampar del suo mortal periglio:
I qual, perseverando in suo nequizia,
Rimason presi dal crudele artiglio
D'oscura morte, per la lor malizia.
Se state cheti e ben considerrete,
Frutto e diletto assai ne porterete.

Ora ANTONIO si pone in orazione, medesimo solo:

dice ginocchione da sè

O padre nostro che nel cielo stai
E odi in terra chi con fè ti chiama,
Nè di tuo luce alcun privasti mai
Se con tutta la mente e forza t'ama,
Ben ch'i' sie peccator, come tu sai,
Pur di servirti la mie voglia brama:
Però ti priego che mi presti grazia
Che mai non caggia nella tua disgrazia.
E come, Signor mio, tu mi creasti
Sol per tuo carità tanto gentile,
E libero arbitrio mi donasti,
E volesti ch'i' fussi a te simile,
E del tuo sangue mi ricomperasti,
Per me vestito di forma servile,
Cosi ti piaccia mostrarmi la via

Per la qual salvo a te condotto sia.

ANTONIO va, e truova uno romito e dice cosi:

O padre santo, e servo al grande Idio,
Del Signor sempre sia teco la pace:
Di poterti parlare are' disio,

E vorrei il tuo consiglio, se ti piace.
Risponde il ROMITO ad Antonio e dice:

Tu sia il ben venuto, o figliuol mio:
Jesù ti faccia del suo amor capace;
Siedi qui meco, e di' quel che tu vôi,
E quel che Dio mi spira, dirò poi.

ANTONIO siede con lui, e dipoi gli dice così:

Sendo stamani all' uficio nel tempio
Udi' una parola nel Vangelo

Per la qual di pensier l'animo m' empio;

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