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Santo IGNAZIO dice al cavaliere, mentre lo legano:

Emmi la pena mia somma allegrezza,
Emmi el tormento mio gaudio e diletto,
Èmmi l'amaro mio somma dolcezza,
Emmi el riposo mio doglia e dispetto;
Quel che tu stimi più, per me si sprezza,
E solo il mio Giesù tengo nel petto;
Strazia, flagella, ammazza il corpo mio,
Chè l'alma è data in potestà di Dio.

Ora lo battono, e lui orando dice:

Omè, dolce Giesù, porgimi aiuto;
Omè, ch'io sento tutto consumarmi;
Omè, ch' io son dal dimon combattuto;
Omè, che senza te, non posso aitarmi;
Omè, omè, che a morte io son venuto
E di veder il ciel mill' anni parmi.
Apri al servo fedel le sante braccia,

E spira in me quel che tu vuoi ch'io faccia.

LO IMPERATORE dice a Sant' Ignazio :

Ignazio, el tuo parlar ti nuoce assai:
Parmi ch' e' mia martir tu stimi poco.
Rinniega Cristo.

IGNAZIO risponde:

Io non lo farò mai.

LO IMPERATORE al cavaliere dice:

Cavalier, fa' di carboni un gran fuoco,
E scalzo sopra andar ve lo farai.
E volgesi a Sant' Ignazio, e con ira dice :

O sciagurato, vil, ghiotto e dappoco,
A questa volta sia fra rabbia e rabbia,
Perchè chi cerca il mal, mal convien ch' abbia.
Tu credi con gl' incanti e' tua demoni
Ti possin dalla morte liberare?

El CAVALIERE ad Ignazio dice:

Abbiamo accesi qua molti carboni;
Ignazio, a' fatti tua si vuol pensare.

Santo IGNAZIO al cavaliere risponde:

Priego che 'l mio Giesù non m' abandoni;
Fa' poi del corpo mio ciò che ti pare.
El CAVALIERE si volge a l'imperatore, e dice:
A' fatti di costui non è riparo.

LO IMPERATORE risponde:

Presto sarà di quel suo Cristo chiaro.

Santo IGNAZIO movendosi inverso el fuoco, dice:
Giesù, dolce Giesù, caro Giesù.

LO IMPERATORE intendendolo dice:

Dė, dimmi, Ignazio, tu il chiami si spesso?

Santo IGNAZIO risponde a l'imperatore:

Perchè nel cuor da lui scritto mi fu:

S' io vo, s'io sto, io sempre son con esso.

Lo IMPERATORE dice al cavaliere:

Da ora innanzi nol chiamerai più ;
Fate che presto in sul fuoco sia messo.

Santo IGNAZIO a tutti dice:

Non fuoco ardente nè acqua bollente

Può spegner quello ardor ch' in me si sente.

Essendo Santo Ignazio presso al fuoco, lo IMPERATORE dice: Vuo' tu credere ancora al nostro Giove

E dar lo incenso a' templi a' sacri Dei?

Santo IGNAZIO risponde a l' imperatore :

Stolto! colui che l'universo muove
Invoco e chiamo ne' bisogni miei!
Lui potre' far venir grandine e piove
E altri segni che fece agli Ebrei ;
Così scamperà me, come scampò
Sidrac con Misac e Abdenagò.

Ora va sopra il fuoco e dice:

Questi son gelsomin, rose e viole:
Questi son freddi più che neve o ghiaccio.

LO IMPERATORE irato dice:

Maladetto sia il ciel, la luna e 'l sole
E io che a favorir gli Dei m' impaccio !
Costui non teme fatti nè parole,

E men mi stima quanto più minaccio;
Egli è nel fuoco, e non gli posso nuocere,
E doverebbe pur sentirsi cuocere.
Santo IGNAZIO riprende lo imperatore, e dice :

O cieco, sordo e muto, tu non odi
Di Dio il santo suo giusto volere!
Non sai tu che gli è tutto in tutti e' luoghi,
E tanto può quanto lui vuol potere?
Tu del dolor d' altrui trionfi e godi
E d'ogni tuo mal far pigli piacere ;
Presto ti punirà d'ogni supplizio
Colui ch' in croce per noi disse sizio.

LO IMPERATORE al cavaliere dice:

Voglia, cavalier mio, presto spogliarlo
Ch' io voglio il primo mal guarir col male,
Co' graffi sopra graffi rigraffiarlo,
E in sulle piaghe poi fa' metter sale.
E se non giova, io farò devorarlo
Da qualche crudo e selvaggio animale,
Ch'i'intendo di veder se quel suo Cristo
Ha tanta forza da scampar un tristo.

El CAVALIERE dice a santo Ignazio mentre che lo spoglia:
Chi fece notte e di, mattino e sera

Dè, dimmi, Ignazio, e chi creò ciascuno?

Santo IGNAZIO al cavaliere risponde:

Quel che fu e sarà, quel che lui era,
Quell' uno dua e tre, tre dua e uno.

El CAVALIERE a santo Ignazio risponde:

Parmi cotesto una gran tantafera :
F'avella in modo che t' intenda ognuno.
Sei sciocco e stolto, se credi la fè
Sien tre dua e uno, uno dua e tre.

Santo IGNAZIO al cavaliere dice:

Io credo in una essenzia e in tre persone:
Padre e Figliuolo e lo Spirito Santo.
Una pace, un voler e uno amore
Governa l'universo tutto quanto.
E' mori in croce e poi risuscitoone:
Godesi in cielo, e in lui gode ogni santo:
E chi non crederà quel ch' i' cred' io,
Sarà dannato, e non crederà in Dio.

El CAVALIERE dice a santo Ignazio:

Con crudeltà si vince crudeltà,
E la durezza vince ogni durezza;
Cosi piatà si vince con piatà,
E gentilezza con la gentilezza:
La botte porge di quel vin che l' ha,
Del ner non si può trarre mai bianchezza:
Dategli tanto con gli unghioni e' graffi
Che questa terra col suo sangue annaffi.

Santo IGNAZIO da sè dice:

A me mancano e' luoghi alle ferite,
A me la carne senza carne resta,
A me le pene oggi saran finite,

E 'l ciel de l'alma mia ne farà festa.

El CAVALIERE dice a santo Ignazio:

Basta ch'i' ho le tue parole udite:
La lingua adesso il cuor si manifesta.

E volgesi a' giustizieri e dice:

Col sal le piaghe stropicciar si vuole,
E facciam fatti, e non tante parole.

Santo IGNAZIO orando dice:

O tu primo motor di tutti e' moti,
O causa di tutte le cagioni.

El CAVALIERE a'giustizieri dice:

E tu intanto stropiccia, e tu percuoti,
La carne graffia con cotesti unghioni.

Santo IGNAZIO volto al cielo dice:

Signor, costor son dal ben far rimoti:
Pregoti, Giesù mio, che a lor perdoni,
Chè i miser peccator ciechi non sanno
Il mal che contro a me per te mi fanno.

El CAVALIERE a l'imperatore dice :

Tu odi, imperator; partito piglia,
Costui mi par più perfido che mai.

Lo IMPERATORE gli risponde:

E' fa maravigliare la famiglia:
Ma in prigion per tre di lo metterai.
Se a questo tempo ben non si consiglia,
Mangiar a dua leon tu lo darai.

A tutta Roma lo farò vedere,

Poi che del proprio mal piglia piacere.

Messo che l' hanno in prigione, EL FIGLIUOLO dello Imperatore correndo con un cavallo ammazza il figliuol di una vedova disavedutamente, e dice:

Omè, che se lo sa l'imperatore

E' m' ha la vita con giustizia a torre!
Omè, ch' io tremo tutto per dolore:
A quel che 'l ciel ci dà nessun può tôrre.
Sua è la colpa, e mio sarà l'errore:
Ciascun debbe fuggir se un caval corre.
Omè, omè, ch'io non sarò creduto;
Misericordia, Iddei, datemi aiuto.

Un AMICO della vedova gli porta la novella e dice:
Donna, i' ti porto assai trista novella.

La VEDOVA dice: Che ci è?
L'AMICO risponde:

La VEDOVA dice:

El tuo figliuol è stato morto.

O lassa a me,

vedova meschinella!

Dov'è la tua speranza e 'l tuo conforto?

L'AMICO alla vedova dice:

Dè, non ti disperar, dolce sorella:
Lo imperator non è per farti torto.
Cagion de la sua morte e del tuo duolo
È di Traiano il suo proprio figliuolo.

La VEDOVA va dov' è il figliuol morto, e abbracciandolo dice:
O caro figliuol mio, speranza e vita,
O refrigerio spento, o ben perduto,
O alma afflitta, misera e smarrita,
O santa deità, datemi aiuto.
Per me sarà la giustizia impedita,
Per me il peccato non fia conosciuto,
Per me non sarà niun che parli in corte;
Cosi la morte tua fia la mia morte.

Aiuto, aiuto, aiuto a tante pene:
Il vo' portar dinanzi al signor mio,
Chè, se gli è giusto e giustizia mantiene,
Doverrà il suo voler, voler quel ch'io.
Io so che chi fa mal, non de' aver bene,
Nè pietà de' trovar chi non è pio:
Tenterò pur quel che tentar m' incresce,

Ma maggior fia il dolor se 'l mal non esce.

Mentre che la vedova va verso la corte, l'IMPERATOR dice a sua baroni: E m'è venuto lettere di nuovo

El PRETORE:

Che 'l regno va sozopra de' pirati ;
Se la potenzia mia con lor non pruovo,
Sarem per forza ogni di saccheggiati.
E questa è la cagion perch' io mi muovo;
O capitan, rassegna e' tuo soldati.
Tu resta qui a ministrar ragione;
Amazza Ignazio.

E io così farone.

La VEDOVA col figliuolo morto in braccio, riscontra l'imperatore fuora del palazzo, e dolendosi dice:

O giusto imperator, famoso e magno;
Se 'l tuo paterno amor non m'impedisce,

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