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Convien che in lui ogni speranza metta.

POLEMIO dice a' servi:

Oltre su,

servi, attendiamo a godere,
Chè questa sarà vita più perfetta:

Chè se alle legna il fuoco un po' s'accosta
Forse che mi farà altra risposta.

UNA DONZELLA dice a Grisante:

Guarda quanta bellezza è in questo aspetto
Che a vederlo mi par proprio un sole!
Omè ch'i' sento un fuoco drento al petto,
Che ogni mio senso per amor si duole!
D'amarti son fortemente constretto :
Abbi pietà di me, poi ch' Amor vuole !
Io ardo, signor mio, io triemo, io moro :
Soccorri; tu sei pure el mio tesoro.

GRISANTE dice alla donzella:

Lievati presto, o maladetto drago!
Offender non si può chi nulla teme.
Se tu sapessi come io ne son vago
De' vostri sguardi ! io ne spegnerei il seme!
Di ogni cosa al fin ci sarà pago,

Perchè or tal ride, che poi piange e geme.
Nell' altra vita el pentir poi non vale :
Oltre via presto, diavole infernale.

L'ALTRA donzella dice a Grisante:

Sarai tu, signor mio, però si crudo
Inverso questa ancilla sventurata?
Sarà tuo cuor d'ogni pietà si nudo
Che tu mi facci morir desperata?
Soccorri, signor mio, ch' i' ardo e sudo,
E muoro per costui e non mi guata:
Dè, tràmi, signor mio, di tanti guai.
Risponde GRISANTE:

Oltre, va via, chè del diavol sarai.
L'ALTRA DONZELLA dice:

Può esser ch' io non abbi tanta forza?
Io soglio pur saper tutti gl' incanti.
Sarestu mai di pietra o d' una scorza,
O nato di diaspri o di diamanti ?
Al tutto indarno el mio poter si sforza:
Omè, soccorri, io mi consumo in pianti :
Aiuta questa ancilla, o signor mio!

Risponde GRISANTE :

Oltre, va via, per la virtù di Dio.

GRISANTE non potendo resistere alle tentazioni, fa orazione e Lieva, dolce Signor, si cruda pesta,

dice:

E da' soccorso a questa fragil vita.

La carne è inferma, e 'l senso mi molesta,
E drieto al ferro va la calamita.

O dolce Signor mio, che gente è questa?
Porgi la mano a si crudel ferita:

Se non mi aiuti, o Iesù mio diletto,
Io perdo la ragione e l'intelleto.

Finita l'orazione, le donne s'addormentano, e POLEMIO va a vedere e trovandole addormentate, dice:

State su, malïarde stracciatelle,

Chè pentir vi potresti di tal cosa!
Guarda le dormon per non parer quelle
Ch' abbino avuta la malizia ascosa.
Guai a chi crede alle vostre novelle,
Perchè mai la sua vita si riposa.
Traetele ora un po' del padiglione,
Ch'io intendo di saperne la cagione.

POLEMIO dice alle donzelle, poi ch' elle sono deste:
Che vuol dir questo che voi non dormite?
Che spegner se ne possa il seme a fatto.

Risponde UNA delle donzelle:

Le ragion nostre prima alquanto udite,
Di quel che ci ha lo scellerato fatto.
Noi fumo contro a lui per modo ardite
Che quasi d'ogni senso l'avȧm tratto,
E quando io mi credevo quel fruire
Per forza tutte ci fece dormire.

POLEMIO le fa tornar drento e dice:

Or si vedrà se voi direte il vero :
Passate drento, ch' io non credo ancora,
Chè spesso fate quel che è bianco nero.
Guai a colui che di voi s'innamora !

Le donzelle tornate drento, tutte s'addormentarono, e POLE-
MIO turbato dice a Grisante:

Se tu non muti, figliuol mio, pensiero,
Tu mi trarrai del sentimento fora,

E farò cosa che mai non fu udita.

Risponde GRISANTE :

Fa' pur, che mia sentenzia è stabilita.
POLEMIO come desperato piangendo dice:

O padre sventurato, che farai?
O padre, tu se' privo d' ogni bene!
Omè, figliuol, perchè t' ingenerai?
Per dover gustar poi si aspre pene?
Padre infelice più che altro sarai

Se morte a' prieghi tuoi presto non viene.
Piangete, occhi infelici, afflitti e lassi,
Chè mosso arei non che un figliuolo, e' sassi.
O fiumi tenebrosi, oscuri e nigri,

O profonde spelonche e duri sterpi,
Perchè siate al mandar si tardi e pigri
L'aquile crude e' velenosi serpi,
Orsi, lupi, leoni, aspidi e tigri,
Si che del corpo l'anima si scerpi,
Chè, privo in vita d'ogni mio diletto,
Un sasso chiugga poi l' afflitto petto?
Uno AMICO di Polemio confortandolo dice:

Polemio, io ti dirò quel che mi pare :
Costui ara' imparato qualche incanto.
Ma io ti voglio un rimedio insegnare
Che porta fine a così grave pianto ;
E' si bisogna una donna trovare
Che sappi far d'un animale un santo,
Pronta ne' modi e nel parlar coperta,
Bella di corpo e d'ogni virtù esperta.
Risponde POLEMIO :

Io non saprei dove cercar potessi
D'una che fussi come tu m' hai detto,

1

Che tanto ingegno, o ver malizia, avessi,

Chè di leggèr tutte hanno poi difetto.

L'AMICO di Polemio dice come lui ne sa una che ha nome
Daria: Che direstu se una io ne sapessi

D'arte, d'ingegno, prudenza e intelletto,
Quanto altra donna di bellezza un fonte,
Da far co' suo begli occhi andar un monte?
Egli è qua fra le vergine vestale

Le ediz. ricorrette: un grazioso canto: forse: un animal d'un sauto.

POLEMIO dice:

Una che passa di bellezza il segno,
E a vederla par proprio immortale,
E'l ciel trapasserebbe con l'ingegno.
Se gli prometti tu di maritare,
Tu puoi senza alcun dubbio far disegno
Che voltar lo vedrai come una foglia.

Orsù, va via, tråmi di tanta doglia.

Lo AMICO di Polemio truova Daria e dice:

Salviti Giove, specchio di bellezza,
Fonte di grazia e d'ogni cortesia,
Specchio di sapïenzia e gentilezza,
Albergo degno d'ogni leggiadria,
In cuor gentil non regnò mai durezza,
Pur che l' uom chiegga quel che onesto fia:
Però, col cuor pietoso, umile e pio
Esaudi e' giusti prieghi, signor mio. 1

Sappi che di Polemio el suo figliuolo
È convertito alla fede cristiana,
E allo abbandonato in tanto duolo
Che esprimer nol potrebbe lingua umana,
E se nol piega amor col suo lacciuolo
Io veggo ogni speranza al tutto vana :
Se tu lo muti, sua sposa sarai.

Risponde DARIA :

Non dubitar, ch' io lo trarrò di guai.

DARIA dice a Polemio confortandolo :

Salute, signor mio; ecco l' ancilla
Che viene a liberare el figliuol vostro.
Sta' pur, signor, con la mente tranquilla
Ch'i' farei co' mia prieghi umil un mostro:
Se gusta del mio amor una favilla
E' proverà se gli arde il corpo nostro,
Ch'i' crederrei d' un monte far un piano,
Non che far convertire oggi un cristiano.
POLEMIO dice a Daria:

Io ti prometto, per quello alto Giove

1 Le ediz. ricorrette: Però, gentil donzella signorile, Un uomo altier vor. rei facessi umile.

Che muove e' cieli, el sole e gli elementi,
Che, se di tale errore e' si rimuove
E lassi questi falsi ingannamenti,
Io ti farò veder cose alte e nuove,
Che tutt' a dua resterete contenti,
E farotti di lui sposa verace.

Risponde DARIA :

Or sù, pon, signor mio, tuo core in pace.

DARIA va a trovare Grisante e dice così:

Salviti, signor mio, Venere bella
Che m'ha di tue bellezze innamorata:
Abbi pietà di questa verginella

La qual per tua ancilla a te s'è data.

Se 'l Ciel vuol, signor mio, che io sia quella
Che sia da' tuo begli occhi tormentata,
Tu sai ch' errar non posson, signor mio,
Però che la natura è quel che dio. 1

Io ho disposto, o che mi dia la morte,
O che per tua ancilla oggi m' accetti:
Se tu mi serri di pietà le porte,
Io veggo e' sensi dalla morte stretti.
Sarai tu, signor mio, si crudo e forte
Che muover non ti possin mie diletti?
Tu se' la mia speranza e 'l mio conforto :
Soccorri, signor mio, non mi far torto.

GRISANTE maravigliandosi di tanta bellezza, dice a Daria :

Se per un matrimonio che è temporale
Tu mi prometti dar tanta bellezza,
Se col parlar che par proprio immortale
Tu cerchi tor da me tanta durezza,
Se
per volermi far seguire il male
Tu usi nel parlar tanta dolcezza,

E sai ch'io son di terra e pien d'errore,
Pensa quel che faresti al mio Signore!

DARIA tutta commossa, scusandosi, dice:

O dolce signor mio, sappi che quando
Io venni innanzi al tuo gentile aspetto,
Mi mosse tanto il caso miserando

2

Le ediz. ricorrette: Sai ch' io non erro, signor mio grazioso; Colui tu

se' che mi può dar riposo.

2 Le ediz. ricorrette: Se per un sol diletto temporale.

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