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INTRODUZIONE

Lo studio dell' uomo può chiamarsi la scienza delle scienze. In qualunque aspetto si consideri, presenta sempre una sorgente d'interminabili ricerche, e spesso un impenetrabile muro, cui è vietato il sorpassare. Sconsigliato è colui che, non volendo rispettare quest' argine, s' ingolfa in mille inchieste inutili, impossibili, e pericolose. Quanto meglio farebbe, se piuttosto s'impegnasse di esaminare a fondo quello, che non eccede i limiti dell' umano sapere !

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Nel vasto campo che ci presenta uomo, non volendosi coltivare che le sue neglette qualità, i suoi più estrinseci e manifesti attributi, i suoi stessi semplici ed esterni movimenti, quanto ancora vi rimane da perfezionare, e da raccogliere? Evvi mai cosa più visibile, più comune e più semplice del gestire dell' uomo? e pure quanto poco si riconosce di esso!! Si guardi, di grazia, per un momento la mimica in tutti i suoi aspetti, ed indi si giudichi non solo della estensione vastissima, ma di quello ancora che ne rimane a percorrere. Si scorra col pensiero la sua parte descrittiva, la filosofica, e l'archeologica, ed a queste

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si aggiunga di più la pratica, che ha luogo presso tutte le nazioni viventi, e vedrassi quanto poco si conosce della forza mimica dell' uomo, e quant'altro mai abbiasi ad osservare di essa. Ma quest' Oceano di scibile arrestar non dee queluomo, i di cui passi arrestati non furono, nè atterriti dal vero Oceano dell' infido elemento. Coraggio dunque. Cominciamo quindi dal valicare i lidi ben noti; chi sa se da questi non si possa un giorno giungere alla scoverta di altre ancora ignote terre? Quella fiamma che non ci abbandona se non con l' ultimo respiro, la speranza cioè, ci guiderà forse ad altri porti sicuri, ed a novelle scoverte. Entriamo dunque francamente in materia dopo la seguente protesta.

Non intendiamo distendere nella presente introduzione nè l'elogio dell'opera, nè molto meno quello dell'autore, rilevando sì l' utilità dell'una, come il coraggio e la costanza dell' altro nel concepirne l'idea, nell' affrontarne le difficoltà, e nell'impegnarsi a superarle. Tutto ciò è riserbato meglio a coloro che si daranno la pena di leggere, rileggere, ed imparzialmente ponderare il presente lavoro. La nostra unica mira adunque in questo, qualunque siasi preludio, è di esporre tutto ciò che da una parte potrà renderci scusabili per alcune necessarie, o almeno involontarie mancanze; e dall' altra di accennare quelle idee, che potrebbero esser sì di sprone, che di facilitazione a quei dotti, i quali volessero occuparsi alla ricerca

di nuove scoverte sulla conoscenza della nostra mimica, come su quella ben più recondita degli avi nostri.

1. Occasione dell' opera. Semplice e naturale fu la circostanza, che da alcuni anni ci fece concepire l'idea di occuparci ad illustrare la sempre e comunemente decantata mimica de' Napoletani, non che la sua perfetta rassomiglianza all' antica. Ritrovandoci nell' incarico di dare qualche verbale spiegazione a coloro, che venivano ad ammirare la numerosa raccolta de' vasi Greci-dipinti nel R. M. B. non mancavamo nelle opportunità di far in essi osservare alcuni antichi gesti, dell'intutto simili ai nostri; e quindi dar loro la medesima spiegazione, ed attribuire a quelli le medesime idee, che dai Napoletani loro si attaccano. Tali osservazioni, che colpivano i Napoletani, ed erano all'istante gustate da essi, ed anche da qualche Estero, abitante il mezzogiorno dell'Europa, divenivano fredde ed insignificanti per coloro, che nati in più lontane regioni, pel loro freddo, ed attempato sistema, sono piuttosto disadatti al gestire. Alcuni dotti però fra questi, che per la prima volta incontrarono difficoltà nella intelligenza del nostro gestire, e grandissimo dubbio sulla sua corrispondenza con l'antico, non si astenevano dal sinceramente manifestarcelo. Questi medesimi Archeologi, dopo qualche anno ritornati fra di noi, ci si presentarono con altro pensiero. Cominciarono essi a dimostrare

non poco impegno d' istruirsi sulla nostra mimica, sia antica, sia moderna; ed appena giungevano a gustarne qualche tratto, che si mostravano sorpresi e soddisfatti insieme. Infine, in progresso di tempo ci accorgemmo, che le loro inchieste non erano figlie di una vana e passaggiera curiosità, ma dell' impegno di conoscer bene siffatte materie, e profittarne: come infatti non han mancato di occuparsene; e nelle loro ulteriori produzioni darne delle dotte ripruove. Questi fatti accompagnati dalle incessanti premure a noi fatte da non pochi di essi, erano uno stimolo sufficientemente forte a farne determinare di accingerci all' opera. Il moderno ha benanche avuta la sua parte in questa nostra determinazione. Vedevamo con pena tanti bravi nostri artisti, i quali per

contentare la giusta curiosità degli esteri, non cessavano, come tutt'ora non cessano, a comporre delle graziose Bambocciate, per rappresentare gli usi di queste contrade; ma sventuratamente, ancorchè dessero a queste loro composizioni il nome di Bambocciate, parlanti, queste ben rare volte parlano. Per lo più le loro rappresentanze dicono o nulla, o ben poco. Le figure sono bene aggruppate, ma nei loro gesti vi si vede una tediosa monotonia, ed un bisogno di vivacità, e di quell'anima, che non suole mancare ai nostri venditori, o ad altri che conversano fra di loro. Immaginammo perciò da prima di dare alla Juce una raccolta di Bambocciate esclusivamente

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