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E che lui in carne Cristo fia chiamato,
Perchè gli arà la plenaria unzïone
Dello spirito santo in lui informato,
E volendo imitar sua perfezione,
Come discepol bene amaestrato,

E esser, benchè il nome non ha ancora,
Ma nell' opre cristian, che fien allora,

Dobbiam di santa vita dargli esemplo,
Che spesso al ben fa l'alma più veloce,
Nè possa dir: Padre, imparo e contemplo
Da voi el mal, chè questo è quel che nuoce.
Chiamalo, andiam, si come al sacro templo,
A ringraziar col core e con la voce
Iddio all' altar nostro edificato,

Ch'e' vuol, siccome è giusto, esser laudato.

Abraam va verso l'altare, e SARRA rimane e chiama Isac e dice: Vien qua, Isac, o dolce figliuol mio.

Risp. ISAC inginochiandosi:

Che comandate?

SARRA levandolo d' inginochioni dice:

Or così reverente

Sie sempre a tutti, umil, devoto e pio
Chè molto piace a Dio l' ubidïente,
E vo' che sappi che l'eterno Dio
Ti dette a noi miracolosamente.
Io vo' che per tuo bene e tua salute
Tu fuga e' vizii, e segua le virtute.
Maggior diletto mai ho conosciuto
Che è quanto amar Dio e nel far bene;
Ma perchè i' son fanciul bisogna aiuto
Da Dio impetrar, dal quale ogni ben viene.
SARRA dice: A punto il mio voler t' è or venuto,

ISAC risp.:

ISAC risp.:

Chè 'l padre tuo, che tanto car ti tiene,
Mi t'ha fatto chiamar che all' orazione
Insieme andiamo.

Or su, con divozione.

Vanno all' orazione dove è Abraam, e inginochiati tutti, ABRAAM dice solo:

A render grazie a te, buon Signor, vengo

Del mio figliuolo e si mirabil dono;

Sol per tua grazia e sol da te lo tengo

E a te lo rendo e offerisco e dono ;
Ma perchè senza te mal mi sostengo,
Così, con la tua grazia, quei sia buono,
Chè nulla è ben senza la grazia tua,

E accetta or l' orazïon mia e sua.

Finito Abraam, ISAC e ABRAAM con un bel canto dicono que

sta stanza:

O magno Dio, che 'l ciel la terra e 'l mare

Di nulla in si bell'ordine hai creato,

E da te, che non puoi nè vuoi errare,
Nella sua perfezione è conservato;

Då grazia a noi che non possiamo amare
Altri che te che debbi esser amato,
Vincendo il mondo pien d'affanni e pene,
E nella fin fruir te, sommo bene.

Finita l' orazione si partono, e per la via tornando a casa ABRAAM dice ad Isac :

Risp. ISAC:

Attendi, Isac, al nostro documento

Che t'amiam certo più che non si suole,
E quel che ho visto in opra e sperimento
Tel voglio or dichiarar con le parole.
Fa' che tu sia sollecito e attento
All' orazion che spesso far si vuole
In mo'che in ogni tua operazione
Preceda sempre innanzi l'orazione.

Questa fa l'uom sollecito e fervente
Per sè e per gli altri a santa caritade;
Questa impetra da Dio giusto e clemente
Quel che si chiede a salute e bontade;
Questa m'ha fatto allegro e paziente
E vittorioso d'ogni avversitade;
Questa m'ha fatto spesso in ciel gustare
E' ben celesti et in Dio trasformare.

O caro padre, o dolce madre santa,
Sappiate sol che questo è il mio contento
Di seguir vostri esempli, e voglia tanta
Delle virtù, sprezando oro et argento;
Ma pensate ch' io son tenera pianta
E che 'l sostegno vostro a qualche vento
Bisogna ancor, benchè vi fia fatica.
ÁBRAAM risp.: E volentier, che Dio ti benedica.

2*

Abraam, Sarra et Isac si pongono a sedere, et ISMAEL si rizza e guardandosi e parendogli essere bello e gagliardo dice da sè:

Quando mi sguardo ben i' son più bello,
D'almo gentile, giovane e gagliardo,
E parmi che a ciascun che io favello
Mi ponga amore, anzi, com' io lo guardo.
I'vo' bel tempo or ch'io ben posso avello ;
Chi non fa quando può, è sempre tardo ;
La gioventù de' sempre gire e tendere
A caccie, feste, suoni, canti e spendere.
E voltandosi ISMAEL a' compagni dice così:

Dunque, compagni mia, che stiamo a fare?
Vogliam noi perder tempo e non godere?

El PRIMO COMPAGNO risponde:

Io riniego la fè, chè s'io vo' andare
Un passo fuor, mio padre il vuol sapere.

Risponde il SECONDO COMPAGNO :

Risp. ISMAEL:

Voi non sapete una scusa pigliare;
Io fo talvolta in casa bugie bere
Che le vedrebbe un cieco, in fede mia;
E la foggia fa spalle,1 io raschio via.

E' bisogna anche a me giocar del destro
Se io non vo' che Abraam mi muti suono;
Io non ho più bisogno di maestro,
Nè di tante orazion, nè far si il buono;
Ma vorrà poi tirar tanto il balestro
Ch'io so che 'l romperà; io so ch'io sono.
Or ch'io conosco il mal, ch'i' vego e odo
Intendo far d'ogni cosa a mio modo.

El TERZO COMPAGNO risponde:

Egli hanno a noi sol quella discrezione
Che ha il lupo a un agnello, io lo veggio;
E non dicon quand' io ero garzone
Io facevo così, e forse peggio.

Risponde il PRIMO COMPAGNO:

Sa' tu dove mi pare aver ragione?

Quand' io guadagno e poi danar gli chieggio,

E vuol sapere perchè, a uno a uno;

1 La foggia era quella parte del cappuccio che pendeva sulla spalla. Ma il proverbio, non so dichiararlo. Raschio via, probabilmente: io me la svigno.

Poi, borbottando, ho un grosso, o nessuno.

Risp.il SECONDO: El mio potrebbe dir; s' io non volessi
Io non ne metterei in casa un lupino.

Risponde el PRIMO:

El simil fare' io se io potessi;

Ma e' vuole el conto infin a un quattrino.

El SECONDO risponde:

Che diavol te n' andre'stu non gliel dessi? Risponde el PRIMO:

Non mangerei più in casa pan nè vino.

El SECONDO risponde:

Et io non vi starei, quando e' non vuole ;
Per tutto come qui si lieva il sole.
El PRIMO risp.: Io ho voluto imparare a ballare
E a qualche gentilezza mi son dato,
E sol per non aver poi da pagare,
Come si debbe io non ho inparato.

Risponde il SECONDO :

ISMAEL risp.:

Et io so prima molto ben giocare,
E questo per non essere ingannato ;
E cantar e ballar, schermire e suoni
Per esser alle man co' compagnoni.

Non più; ognuno attenda a' casi sua,
E qualche bella gita oggi pigliamo.
Risponde il SECONDO:

ISMAEL risp.

Dove n'andremo?

1

Andremo in villa tua,
E li vo' che una caccia oggi facciamo.

El SECONDO risponde:

E' non v'è cani.

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El PRIMO risp.:

Aspettate pur voi, noi torniamo ora.

ISMAEL risp.: Ognuno sia alla porta infra un ora.

Partesi il primo e il terzo, e vanno pe' cani e per le rete, et Ismael ne va col secondo a vestirsi ad uso di cacciatore e mena seco il gobbo; dipoi si truovano tutti insieme e vanno cantando qualche canzona da sgherri a proposito; et in

questo mezo Isac pensa di volere ire alla orazione, e dice da sè:

Io ho sentito sempre questo dire

Che un buon principio è d'una gran sustanza,
Ma che nulla non val senza seguire

A miglior mezo e fin, che è la importanza.
Però debbo a orare ogni giorno ire,

Chè si corona la perseveranza

Come il buon padre mio m' ha sempre detto,
E cosi vo' che al Signor sia accetto.

ISAC va all' altare, e posto ginochioni dice a modo di ora

zione:

Ascolta il nuovo priego, o magno Dio,

E benchè io sia ancor vile e piccoletto
Accettal per amor del padre mio,
Il quale so che t' è in grazia et accetto,
E come lui, per sempre prometto io
Servire et amar te, giusto e perfetto;
Ma tua grazia bisogna a tutte l'ore,

La quale io t' adimando col buon cuore.

ISAC si leva da l'orazione e con allegreza andando verso casa

dice:

Or vego io donde vien la negligenza
Che s'ha oggi si grande all' orazione,
Questo è perchè non missen diligenza
D'andare a quel con fede e devozione,
E non possono avere esperienza
Della suave e gran consolazione
Che sente chi si unisce orando in Dio,
Come per grazia ha sentito il cor mio.

Isac andato che è un poco, riscontra Ismael co' compagni che torna da caccia cantando quella canzone: O cacciator che tanto cacciato hai, e giunto a piè del monte il SECONDO COMPAGNO dice a Ismael:

Vedesti tu, Ismael, il mio Giordano
Pigliar due lepre, et in si poco lato?

Risponde il TERZO COMPAGNO :

E la mia cagna là giù per quel piano
Che attraverso la lepre in quel fossato?

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