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O superbo, o ignorante! Va', pon di queste piante E spera nel lor frutto! O mondo guasto tutto! O fior delle città Fiorenza mia! chi t' ha Tolta la tua prudenza? O gentil mia Fiorenza! L'ardita fanciullezza, Sfrenata giovanezza

È quella che ti guasta;

Poichè un mese non basta
Una usanza lor nuova,
Ma ognor più si truova
Nuove frasche e pazzie;
E queste son le vie

Trovate dal dimonio.
Soleva a noi, Antonio,
Bastare un mantel verde
e;
Et or si strazia e perde
Più in un vestir per voi,
Che non facea per noi

In nostra gioventute;
E solo alle virtute

Avamo il nostro amore.
Ma credi che 'l Signore
A caso nol permette.
Cresciute le berrette

E scemati e' cervelli,
E' panni son più belli

E gli uomini più stolti, Per esser troppo volti

A si vile e breve opre. El nostro mal si scopre Col far grande scarselle, E men danari è in quelle Che di tempo nessuno. E come cominci uno

Di queste nuove imprese, In men tempo d' un mese Ne fia Firenze pieno. Così l' aver vien meno

E corresi poi al vendere, Perchè crescie lo spendere E sciema ogni guadagno, E tal vuol esser magno

Che ha fatica di vivere.
E' ci sare' che scrivere

E dir, più ch' io ho detto.
L'altra è che un giovinetto
Vadi tanto scollato,
Atto proprio cavato

Da tristi e meretrice.
O Firenze felice,

Non è ancor tempo molto
Tu eri pur rivolto

Quasi al viver cristiano, Or se' infelice e 'nsano!

Voltasi all' altro figliuolo:

Ma tu, dolce figliuolo
Che ti stai cheto e solo,

Che vorrestu? di' il vero.

Risp. BENEDETTO: Padre, el mio pensiero

El PADRE dice:

Volto è solo a studiare,
Et a me basta andare

Vestito onestamente
E non si riccamente;
Ch'io vego e' virtudiosi,
O palesi o nascosi,
Sempre esser più stimati
Amati e onorati,

Che un ricco e ignorante
Che sol dal vulgo errante
È amato, e non da Dio.
Sicchè, buon padre mio,
Fate, se voi potete

E quando voi volete,

Io non abbi accattare
E' libri, chè prestare
Chi gli adopra mal vuole.
Altro poi non mi duole;

Di tutto in voi rimetto.
O buon mio Benedetto,
Tu hai il nome e' fatti,

E nel parlar, negli atti

Da Dio se' custodito.
E' sonmi ora pentito;

Vo' che indietro torniamo
E vo' che noi andiamo
A' fiesolani poggi,
Ch' io mi ricordo ch' oggi

Una festa non vista
Mai più, el Vangelista 1
Vi fa e rappresenta.

E voltandosi ad Antonio segue:

ANTONIO risp.:

Risp. il PADRE:

1

E, se ben mi ramenta,

La fia tutta per te.
Dite pur sempre a me,

Per farmi più vergogna.
Perchè più ti bisogna

Che a quest' altro qui.

Risp. BENEDETTO: Deh! padre mio deh! si,

Andiamo là a vedere ;
Fatemi tal piacere.

El PADRE risponde, fingendo d'andare:

Et andando così un

Risp. BENEDETTO:
El PADRE dice:

Risp. BENEDETTO:
Vanno così un poco;

BENEDETTO risp.:

Or su,
poco, dipoi dice:
E se il guardian ti vede?
Arò in sul palco un lato.
Oh, i't' arei accattato,

moviamo il piede.

E sai se volentieri
S'io mel pensavo ieri,

Una veste gentile
Per non parer si vile.

Io starò bene in terra.
di poi il PADRE dice:
E se il luogo si serra
Come potremo entrare?
Io farò ben chiamare

Un che mi verrà aprire.
Sollecitiam pur d'ire

Perchè tardi non siamo.

1 La compagnia detta di San Giovanni Evangelista alla quale apparten. nero anche i figli di Lorenzo il Magnifico, che da essa fece rappresentare il suo Giovanni e Paolo. Vedi CIONACCI, Osservazioni innanzi le Rime sacre di Lorenzo, pag. XVII.

Et andati che sono un poco, il PADRE risponde e dice:

Risp. BENEDETTO:

Oh be', noi ci appressiamo,

Et è la porta aperta.
Ma questa po' dell' erta
Atti fatto sudare;
Guarda non riscaldare.

Non, padre mio, nïente.

Giunti che sono dove si fa la festa, il PADRE dice:
E' c'è di molta gente.

Risp. il PADRE:
BENEDETTO dice:

BENEDETTO guardando el parato risponde al padre:
E questo è un bel parato.
Si bene, in simil lato.
E ogni cosa è in punto.
Be', tu se' a tempo giunto,
Chè non s'arà a badare.
Padre, i' vo' domandare

Risp. il PADRE:

Risp. BENEDETTO:

Risp. il PADRE:

Un della compagnia
Che festa questa sia.

Si ben, senza sturbare.

BENEDETTO vede un giovane vestito come un festaiuolo andare in qua e in là tutto infaccendato, e pigliandolo cosi un poco, dice:

Fratello, a perdonare,
Che festa ha esser questa?

El FESTAIUOLO risp.: Deh! non mi tor la testa,

BENEDETTO dice:
Risp. il FESTAIOLO:

I' ho altra facenda.
Deh! fa' che io lo intenda.

Sta in silenzio a vedere

E potralo sapere;

Tu non hai discrezione,

E vedi passione

Ch' i' ho, perchè manca uno.

Risp. BENEDETTO: Che non c'è ancora ognuno?

El FESTAIUOLO risponde a Benedetto:

No, che manca una voce.1

Et è ito un veloce

A Firenze per lui,

Nè torna niun de'dui;

Gli altri a disagio stanno.

Risp. BENEDETTO: Be', mentre che verranno,

1 Un attore.

E tu mel di' con fretta;

Tu me l'aresti or detta.

El FESTAIUOLO risponde a Benedetto e dice:

1

Or su, io son contento.
Nota bene, e attento

Tien lo ingegno e l'orecchio.
Nel Testamento Vecchio
A capitol ventuno
Intendere può ciascuno
Come il Genesis narra
Che Abram sposo di Sarra,
Si come a Sarra piacque
Con l' ancilla Agar giacque,
Et èbbene Ismael.
E seguendo poi quel

Il mondo pien d'inganni,
Volle più tempo e anni
Svolgere a' modi suoi
Isac,1 nato poi

Di Sarra, figliuol buono
Dato per grazia e dono
E sopra naturale,

Come Dio liberale

Sempre a chi l'ama porse.

Ma Sarra se n' accorse,
E fe' che 'l suo Abrà,
Come ciascun vedrà,

Con le sue proprie mane
Die' lor sol acqua e pane
E poi gli cacciò via;
Onde a lor per la via

Mancar l'acqua vedrete,

E crescier poi la sete

Ad Ismael si forte
Che quasi venne a morte,
Si come può seguire.

Per nol veder morire,

La madre il menò allora

Di quella strada fora

In boschi e 'n selve ombrose,

Qui e altrove, perchè il verso torni, si pronunzi alla fiorentina: Isacche.

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