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vorrà scusarmi benignamente chi considera che ho dovuto limitarmi alla mia propria raccolta, le pubbliche biblioteche in queste parti non possedendo che poco o nulla di quanto concerne la letteratura Dantesca.

Osserva

Prima di licenziarmi da' miei lettori mi sento in dovere di aggiungere ancora due piccole zioncelle. L' una concerne gli errori della presente stampa. Spero che non ve ne saranno rimasti molti, ma alcuni ve ne sono pur rimasti. Chi considera che l'opera si stampa in Germania e tanto lontano dal mio presente luogo di dimora mi scuserà di leggieri. Gli errori si correggeranno nel quarto ed ultimo volume. Per ora prego soltanto di voler correggere l'interpunzione nel passo Inf. V, 84, dove invece di Vengon: per l'aere dal voler portate bisogna leggere Vengon per l'aere: dal voler portate ecc. e nella relativa nota si legga: Come le colombe, chiamate dal disio vengono per l'aere al dolce nido con le ali alzate e ferme: così, portate dal volere, uscirono, ecc. Un altro errore di stampa che prego di correggere è Inf. XI, 9 dove invece di vita vuolsi leggere via. La seconda osservazione concerne la lingua. Quantunque l' italiana sia la mia lingua materna e quantunque io l'abbia studiata con amore ed assiduità, so tuttavia che lo scriverla elegantemente è peso troppo grave per le mie deboli spalle. Chi trova quà e là un' ineleganza, una costruzione o modo di dire più tedesco che italiano lo prego a considerare che sono oramai venti anni che vivo fra' tedeschi e non parlo che tedesco, e che appo tedeschi ho pur fatto gli studî superiori. Non si potrà dunque pretendere da me che io sappia scrivere una lingua quale la scrive l'illustrissimo filologo e mio amico Fanfani, o altri che vissero sempre nella Toscana.

Per ultimo mi giova dichiarare che accetterò con DANTE, Divina Commedia. I.

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gratissimo cuore e mi servirò volentieri di tutte quelle osservazioni di cui i cultori del sommo Poeta mi vorranno esser cortesi.

La stampa del secondo volume si continua senza interruzione. Spero che la pubblicazione degli altri volumi non soffrirà verun indugio.

Coira, nel luglio del 1873.

G. A. SCARTAZZINI.

CANTO PRIMO.

LA SELVA; IL COLLE; LE TRE FIERE; VIRGILIO; IL VELTRO.

Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura,
Chè la diritta via era smarrita.
4 E quanto a dir qual era è cosa dura
Questa selva selvaggia et aspra e forte
Che nel pensier rinnuova la paura!

1. NEL MEZzo, nei trentacinquesimo anno di mia vita, corrispondente all' anno 1300 dell' era volgare. I giorni della nostra vita sono settant' anni, Psal. XC, 10. La nostra vita procede ad imagine d'arco, montando e discendendo. Il punto sommo di questo arco (il mezzo del cammin di nostra vita) nelli perfettamente naturati è nel trentacinquesimo anno. CONV. IV, 23. Dante era nato nel 1265; dunque nel 1300, epoca fittizia della visione, egli si ritrovava nel suo trentesimoquinto anno di vita.

2. MI RITROVAI, mi avvidi, mi accorsi, riconobbi che io era. SELVA, Nel CONV. IV, 24.. Dante chiama la vita umana una selva erronea. Da questa selva oscura egli venne liberato mediante la intervenzione di Virgilio. Quale siasi poi questa selva, dalla quale egli venne liberato per mezzo di Virgilio, il poeta ce lo dice nel PURG. XXIII, 115–119:

Perch' io a lui (a Forese Donati): «Se ti riduci a mente
Qual josti meco e quale io teco fui,
Ancor fia grave il memorar presente.

Di quella vita (= selva) mi volse costui

Che mi va innanzi (Virgilio), l'altr' ier, quando tonda
Ti si mostrò la suora di colui;»

E il sol mostrai.

La selva è dunque il simbolo della vita viziosa, alla quale il poeta si era dato, o nella quale egli era incorso dopo la morte della sua Beatrice. Il miglior commento a questo passo sono i rimproveri che Dante negli ultimi canti del Purgatorio pone in bocca a Beatrice. Vedi specialmente PURG. XXX, 124-141.

3. CHE perchè. LA DIRITTA VIA: la vita fedele e virtuosa. «I quali lasciano la diritta via e camminano per le vie delle tenebre; i quali si rallegrano di far male, festeggiano nelle perversità di malizia; i quali son torti nelle lor vie, e traviati ne' lor sentieri.» Prov. II, 13-15. I quali, lasciata la diritta strada, si sono sviati. II Piet. II, 15. ERA SMARRITA: (al. AVEA SM.) Il poeta non era il solo che avesse smarrita la diritta via, ma secolui molti altri; perciò egli dice in generale ERA smarrita.

4. E QUANTO, esclamazione; l' E vale lo Ahi od Eh di altre ediz. e Codd. 5. SELVAGGIA, incolta e disabitata; ASPRA, intricata, ispida di pruni; FORTE, folta, difficile a superare.

6. NEL PENSIER: solo pensandovi.

DANTE, Divina Commedia. I.

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