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Ed io, ch' avea di riguardar disío
La condizion che tal fortezza serra
Com' io fui dentro, l'occhio intorno invío;
E veggio ad ogni man grande campagna
Piena di duolo e di tormento rio.
112 Si come ad Arli, ove il Rodano stagna
Si come a Pola presso del Quarnaro
Che Italia chiude e suoi termini bagna,
115 Fanno i sepolcri tutto il loco varo:
Così facevan quivi d' ogni parte,
Salvo che il modo v' era più amaro.
Chè tra gli avelli fiamme erano sparte,
Per le quali eran sì del tutto accesi
Che ferro più non chiede verun' arte.
121 Tutti gli lor coperchi eran sospesi;
E fuor n' uscivan sì duri lamenti,
Che ben parean di miseri e d' offesi.
124 Ed io: «Maestro, quai son quelle genti
Che, seppellite dentro da quell' arche,

118

108. LA CONDIZION: dei peccatori e delle pene. «Condizione nel linguaggio scolastico, era lo stato e la qualità delle cose.» Tom. rinchiude dentro le sue mura.

109. INVÍO: guardo attorno.

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SERRA:

110. AD OGNI MAN: a destra ed a sinistra da tutte le parti. -GRANDE CAMPAGNA: un vasto spazio.

112. ARLI: città della Provenza, ove il Rodano stagna, cioè forma un lago. Vi fu data nel secolo VII gran battaglia tra Saracini e Cristiani. 113. POLA: città dell' Istria, dove sono monumenti romani. — QUARNARO: golfo che bagna l' Istria, oggigiorno detto il Quarnero.

114. CHIUDE: fa confine all' Italia. - TERMINI: confini.

115. VARO: Vario, ineguale. Varo per vario, come avversaro per avversario, Purg. VIII, 93. «La cagione perchè ad Arlì siano tanti sepolcri, si dice che avendo Carlo Magno combattuto quivi con infedeli, et essendo morta grande quantità di Cristiani, fece priego a Dio che si potessino conoscere dall' infedeli, per poterli sotterrare; e fatto lo prego, l'altra mattina si trovò grande moltitudine d' avelli et a tutti li morti una scritta in su la fronte, che dicea lo nome et il soprannome; e così conosciuti, li seppellirono in quelli avelli.» Buti. — «Anche presso Pola veggonsi molte arche, quasi 700 e di molte forme. Si dice che contenessero i corpi de' schiavoni ed istrioti, che avevano per legge doversi seppellire in vicinanza al mare appresso del Quarnaro.» Bene. Ramb. Bene il Barg: «La qual cosa, donde sia proceduta, non lo so per alcuna autentica istoria, e però non mi curo recitar fanfalucche.»>> 116. Così: così vario, ineguale.

facevano quel luogo ineguale.

FACEVAN: i sepolcri ch' eran quivi

117. SALVO: eccetto. IL MODO: la condizione di quei sepolcri. PIÙ AMARO: più doloroso che ad Arli o a Pola.

118. TRA GLI AVELLI: tra l' uno e l' altro degli avelli che erano quivi. 120. CHE FERRO: nessun arte chiede che il ferro sia più rovente onde lavorarlo. Per arte va inteso il fabbro, il quale arroventa il ferro onde poterlo lavorare.

121. SOSPESI: levati in alto.

125. ARCHE: avelli.

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Si fan sentir con gli sospir dolenti?»
Ed egli a me: «Qui son gli eresiarche
Co' lor seguaci, d' ogni setta; e, molto
Più che non credi son le tombe carche.
130 Simile qui con simile è sepolto,

Ei monimenti son più e men caldi.» E poi ch' alla man destra si fu volto, 133 Passammo tra i martiri e gli alti spaldi.

126. SENTIR: non si vedeva persona, soltanto si udivano i lamenti. 127. ERESIARCHE: Eresiarchi, capiscuola dell' eresie. «Eresiarche vuol dire Principe di resìa, et dicitur ab arcos grece quod est princeps, et heresis quod est eresia.» An. Fior. Il Lana spiega: «Heresiarche, cioè quelli ch' enno arche d' eresia», e certo frannonnolo moderno più ignorante di lui volle difendere questa ridicola etimologia! Basta, i goffi bisogna lasciarli dire.

129. PIÙ CHE NON CREDI: il numero degli eretici è maggiore che non si crede.

130. SIMILE: gli eretici d' ogni setta son quì sepolti insieme.

131. MONIMENTI: monumenti, sepolcri. PIÙ E MEN: secondo la qualità dell' eresia ed il grado dell' ostinazione.

132. DESTRA: Quì, e Inf. XVII, 118. i poeti deviano dal loro volgere sempre a sinistra. Per qual motivo? A questa dimanda confesso di non poter rispondere con piena persuasione, e neppur mi convince quanto dicono il Blanc e l' Andreoli. Forse che qui il Poeta vuol darci ad intendere che i primi passi verso il dubbio non sono per sè peccaminosi, prendendo l' uomo ordinariamente le mosse dal desiderio naturale di cognizione. Ma ho detto forse. Vedi sopra Inf. XVII, 118.

133. MARTIRI: le tombe infuocate. SPALDI: le muraglie della città

di Dite.

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4

7

Ora sen va per un secreto calle
Tra il muro della terra e li martíri
Lo mio maestro, e io dopo le spalle.

«O virtù somma, che per gli empi giri
Mi volvi» cominciai «come a te piace,
Parlami, e satisfammi a' miei desiri.

La gente che per li sepolcri giace

Potrebbesi veder? Già son levati

Tutti i coperchi, e nessun guardia face.»>

-

1. SECRETO: per una via secreta, cioè separata e distinta dal muro e dalli sepolcri. Barg. Al. per uno stretto calle, probabilmente correzione di copista che non attese alla proprietà della voce secreto. Secreto calle è il Virgiliano: secreti celant calles.

2. IL MURO: fra le mura della città di Dite e gli avelli affuocati. Cfr. IX, 133. L'interno della città è così pieno di fosse che fra queste e le mura non vi resta spazio onde camminare l'uno accanto dell' altro, e perciò i Poeti devono andare l'un dietro l' altro. Virgilio va avanti, Dante gli tien dietro. Così vanno essi anche altrove, Inf. XXIII, 2. 3. DOPO LE SPALLE: di Virgilio dietro a lui. 4. VIRTÙ SOMMA: per o tu sommamente virtuoso. o cerchi dell' Inferno, pieni di malizia e di empietà. cerchi dell' Inferno in generale, non solo gli inferiori.

EMPI GIRI: i gironi
Empi giri chiama i

5. MI VOLVI: mi conduci; e dice volvi perchè scendevano girando attorno. COME A TE PIACE: a tuo beneplacito. Dante avea voluto tornare indietro, Inf. VIII, 101. 102. Ora egli va dietro a Virgilio, v. 3. e questi si era volto poco fa a destra, 1X, 132. mentre d' ordinario volgeva sempre a sinistra.

6. A' MIEI: non è nè forma ellittica nè pleonasmo, ma è retto dal satisfammi che come il lat. satisfacere va costrutto col terzo caso.

8. GIÀ: riempitivo, non avverbio di tempo, poichè i sepolcri erano sempre stati scoperchiati. LEVATI in alto alzati.

9. NESSUN: si ricorda ancora della porta di Dite guardata da più di mille demoni, Inf. VIII, 82. -FACE: fa; dal lat. facere dal quale derivano pure le forme faceva ecc. che sono tuttora dell' uso.

10 Ed egli a me: «Tutti saran serrati
Quando di Josaffà quì torneranno
Coi corpi che lassù hanno lasciati.
13 Suo cimitero da questa parte hanno
Con Epicuro tutti i suoi seguaci,
Che l'anima col corpo morta fanno.
Però alla dimanda che mi faci

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Quinc' entro soddisfatto sarai tosto,
E al disío ancor che tu mi taci.»
Ed io:

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«Buon duca, non tegno nascosto
A te mio cor, se non per dicer poco;
E tu m' hai non pur mo a ciò disposto.»
«O Tosco, che per la città del foco
Vivo ten vai così parlando onesto
Piacciati di ristare in questo loco.

25 La tua loquela ti fa manifesto
Di quella nobil patria natio

11. JOSAFFÀ: valle presso Gerusalemme all' oriente. Quivi avrà luogo il giudizio finale, secondo una tradizione che si fonda sopra le parole di Gioele (III, 2. 12): Io raunerò tutte le nazioni, e le farò scendere nella valle di Giosafat; e verrò quivi a giudicio con esse. Moransi, e salgano le

nazioni alla valle di Giosafat, perciocchè quivi sederò per giudicare tutte le nazioni d' ogn' intorno.

12. LASSÙ: nel mondo.

13. SUO CIMITERO: il loro sepolcro.

15. FANNO dicono che l' anima muoia assieme col corpo = negano l'immortalità dell' anima.

16. FACI: fai. Cfr. v. 9.

17. QUINCENTRO: tra queste sepolture.

18. AL DISÍO: al desiderio non espresso di vedere e di parlare con qualcheduno de' suoi compatriotti. Inf. VI, 79 Dante aveva esternato il desiderio di veder Farinata, e Ciacco gli avea detto che lo troverebbe più giù. Probabilmente Dante si aspettava di trovarlo appunto in questo cerchio. Virgilio indovina i pensieri di Dante; Inf. XVI, 122. XXIII, 25 e seg.

20. PER DICER POCO: per esser breve onde non rincrescerti ed annoiarti, e non già coll' intenzione di volerti nascondere cosa alcuna.

21. NON PUR MO: non soltanto adesso. Già sul principio del loro viaggio Virgilio avea dato ad intendere a Dante di non parlare e dimandar troppo; Inf. III, 79 e seg.

22. Tosco: Toscano. CITTÀ DEL FOCO: è la città roggia, Inf. XI, 73. ossia la Città che ha nome Dite, VIII, 68. « Dante condanna, come la terrena inquisizione, gli eretici al fuoco e gli usurai e quelli di Sodoma (Inf. XIV. XV).» Tom.

23. ONESTO: avverbioonestamente, val qui modestamente. Quest' anima avea udite le ultime parole di Dante: Buon duca ecc. v. 19.

24. PIACCIATI DI RISTARE: è il: Siste gradum, viator delle epigrafi sepolcrali. Sopra questo sepolcro non vi si legge epigrafe, ma l' anima rinchiusavi dentro parla lei invece di epigrafe.

25. LOQUELA: linguaggio. Quelle frasi tegno, dicer, pur mo usate or' ora da Dante sono forme fiorentine, onde il Poeta è riconosciuto fiorentino dall' anima rinchiusa in questo avello. La tua favella ti fa manijesto. Matt. XXVII, 73. - MANIFESTO: vale manifestamente; l' aggettivo tien qui per enallage luogo d' avverbio.

26. NOBIL PATRIA: Firenze; nel CONV. I, 3. egli la chiama la bellissima e famosissima figlia di Roma.

28

Alla qual forse fui troppo molesto.>>
Subitamente questo suono uscio

D'una dell' arche. Però m' accostai,
Temendo, un poco più al duca mio.
31 Ed ei mi disse: «Volgiti; che fai?

Vedi là Farinata che s'è dritto:

Dalla cintola in su tutto il vedrai.>>
34 I' aveva già il mio viso nel suo fitto;

Ed ei s' ergea col petto e con la fronte
Come avesse lo inferno in gran dispitto.
37 E l'animose man del duca e pronte
Mi pinser tra le sepolture a lui,
Dicendo: «Le parole tue sien conte.>>
40 Com' io al piè della sua tomba fui,

27. FORSE: si accusa e si scusa nello stesso tempo. «Dice forse, però che, secondo il parere suo non fù molesto; ma secondo il parere di coloro che l' aveano cacciato fuori di Firenze, et teneano il reggimento della terra.» An. Fior. «Disse forse per non si privare al tutto di scusa; quasi dica se io fui impio inverso di lei, i miei avversari me ne dettero cagione.» Land. MOLESTO: combattendo contro i Guelfi di Firenze.

Vedi la nota A alla fine di questo canto.

Co

28. QUESTO SUONO: queste parole. Uscío: uscì. 30. TEMENDO: l'improvviso risuonar di tali parole ed il non noscerne l'autore gli aveano incusso terrore, quantunque le parole udite non fossero spaventevoli, tranne forse quel Piacciati di ristare in questo loco, la quel frase era facile sottintenderla.

31. CHE FAI? a che attendi? a che badi?

32. FARINATA: costui è il ghibellino Farinata degli Uberti sopra il quale vedi la nota A alla fine del presente canto.

33. DALLA CINTOLA: dai lombi in su. «L' inattesa comparsa di Farinata sulla scena è apparecchiata in modo ch' egli è già grande nella nostra immaginazione, e non l'abbiamo ancora nè veduto nè udito. Farinata è già grande per l'importanza che gli ha dato il Poeta e per l' alto posto che occupa nel suo pensiero. E non lo vediamo ancora e già ce lo figuriamo colossale dalle parole di Virgilio: Dalla cintola in su TUTTO il vedrai. Volevi vederlo: eccolo TUTTO innanzi a te.» De Sanctis.

34. GIÀ: appena udite le parole di Virgilio e prima ancora ch' egli avesse finito. -VISO: occhi, io lo riguardava già fiso.

35. EI S'ERGEA: qual fu nel mondo, tale egli è ancora nell' inferno. Quel suo ergersi dinota alterezza e grandezza d'animo. «Quell' ergersi ti dà il concetto di una grandezza tanto più evidente quanto meno misurabile; è l' ergersi, l' innalzarsi dell' anima di Farinata sopra tutto l' Inferno. De Sanctis.

36. DISPITTO: dispetto, disprezzo. In vita avea negato la vita futura, in morte la disprezza.

37. ANIMOSE: Le mani, per loro medesime non sono nè vili nè animose, ma per l' atto ch' elle fanno, nel quale atto si considera l' animo et la volontà di colui che le muove. An. Fior.

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39. CONTE: da cognitum chiare, bene intelligibili. «Le parole tue sian conte, siano manifeste, e chiare, e non ambigue, o dubbie, perciò che a parlar con Heretici, bisogna esser molto accorto e riguardoso.» Dan. «A' contemporanei parla Dante, agli antichi Virgilio.» Tom. - Altri spiega conte per contate, numerate. A noi sembra che Virgilio voglia esortare il Poeta a non far parole superflue, ma a' parlare in modo degno di tanto uomo quale è Farinata.

40. COM' 10: subito ch' io fui. Al. Tosto ch' al piè.

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