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1. PAPE SATAN: Dal v. 9 risulta che queste parole di Pluto sono un' esclamazione di rabbia; dal v. 5 e 6 che esse mirano ad impaurire i due viandanti ed impedir loro di proseguire il loro viaggio; dal v. 3 che Virgilio ne comprese il senso. Quale poi sia questo senso è difficile e forse impossibile di dirlo con certezza; tutte le spiegazioni non sono altro che un indovinare. Gli antichi spositori prendono pape per avverbio ammirativo e aleppe per Aleph, prima lettera dell' alfabeto ebraico, quì nel senso di principe, e spiegano: 0 Satan, o Satan principe! Io preferirei la spiegazione di Schier, il quale vuole che il verso sia ebraico e lo scrive:

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Vomita, bocca di Satanasso, vomita bocca di Satanasso fiamme di fuoco! Senonchè converrebbe imprima dimostrare che Dante abbia saputo di ebraico tanto da farne un verso, il che è più che dubbioso. Olivieri prende queste parole per greche, e legge il verso:

Παπαι Σαταν, Παπαι Σαταν, άληπτε!

Corpo! Satanasso! Corpo! Satanasso invitto!

Ma anche di questa spiegazione vale lo stesso che dell' antecedente; ed inoltre di anate si avrebbe dovuto fare alette, non aleppe. Io proporrei di leggere semplicemente:

Pas paix, Satan, pas paix, Satan, à l'épée!

Scritte come si pronunziano queste parole sono netto netto il verso in questione. Il senso sarebbe chiaro. Pluto esorta Satanasso a non lasciar la spada oziosa (= in pace), ma a sguainarla onde combattere i due arditi viandanti. Son queste appunto parole che mostrerebbero esser Pluto il gran nemico (VI, 115), cioè della pace, e che sono prodotte da rabbia (VII, 8). Con ragione Virgilio gli rammenta S. Michele (v. 11. 12) la cui spada potè più che non quella di Satanasso. Ma come poteva Virgilio intenderlo, giacchè certo ei non poteva saper il francese? A questa obbiezione risponde Dante al v. 3 dicendo che Virgilio tutto seppe. Senonchè converrebbe poi dimostrare per qual motivo Dante faccia parlar francese a Pluto, e un tal motivo è quasi così difficile indovinarlo come il senso del verso (forse per morder Carlo Senzaterra?). Insomma ogni tentativo di sciogliere l' enimma ce ne presenta un nuovo, ed è pur forza conchiudere col Blanc che questo verso aspetta ancora il suo Edipo.

2. CHIOCCIA: simile a quella della chioccia; roca.

3. QUEL: Virgilio. -GENTIL: pagano; Altri: nobile, cortese. TUTTO: anche il senso delle parole misteriose di Pluto.

4 Disse per confortarmi: «Non ti noccia
La tua paura, chè, poder ch' egli abbia,
Non ti torrà lo scender questa roccia.>>
7 Poi si rivolse a quella enfiata labbia

E disse: «Taci, maledetto lupo;

Consuma dentro te con la tua rabbia. 10 Non è senza cagion l' andare al cupo: Vuolsi nell' alto là dove Michele

Fe' la vendetta del superbo strupo.»>
13 Quali dal vento le gonfiate vele

Caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca:
Tal cadde a terra la fiera crudele.
16 Così scendemmo nella quarta lacca,
Prendendo più della dolente ripa

Che il mal dell' universo tutto insacca.

4. NON TI NOCCIA: non lasciarti vincere dalla paura.

5. PODER: potere; per quanto potente egli sia.
6. TORRÀ: al. terrà.

ROCCIA: balzo, costa; = Non ti impedirà dallo scendere dal terzo nel quarto cerchio.

7. ENFIATA: gonfia dall' ira; superba.

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LABBIA faccia, aspetto,

8. LUPO: perciò il chiama lupo, acciocchè s' intenda per lui il vizio dell' avarizia al quale è preposto. Bocc.

«Questo

9. DENTRO TE: non isfogar la tua rabbia in mali parole. dice perchè l' avarizia è uno ardore che fa l' uomo consumante rabbioso più che il fuoco.» Buti.

10. SENZA CAGION: senza voler divino. CUPO: profondo inferno.

11. VUOLSI: Virgilio ripete quanto disse a Caronte, III, 95 e seg., ed a Minosse, V, 23 e seg. - NELL' ALTO: nel cielo. - LÀ DOVE: E si fece battaglia nel cielo. Michele e i suoi angeli combatterono col dragone; il dragone parimente e i suoi angeli combatterono; ma non vinsero, e il luogo loro non fu più trovato nel cielo. E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo, e Satana, il qual seduce tutto il mondo, fu gittato in terra; e furono con lui gittati ancora i suoi angeli. Apocal. XII, 7—9.

12. DEL SUPERBO STRUPO: della ribellione contro Iddio, alla quale vi indusse la superbia. strupo per stupro, metatesi usata sovente dagli antichi, anche in prosa. «Chiamalo strupo, però che qualunque sforza una vergine è detto questo peccato strupo; così Lucifero volle sforzare e ledere la deità del cielo, la quale è incorrotta et immaculata.» Anon. Fior. Secondo altri strupo val quì truppa, schiera. «Ma far la vendetta d' una moltitudine non pare che regga.» Tom. Gli autori biblici chiamano sovente adulterio e fornicazione l' infedeltà verso Dio.

14. FIACCA: si rompe, si fiacca.

15. FIERA: Pluto; lo chiama fiera, avendolo poc' anzi nominato maledetto lupo.

16. LACCA: fossa, cavità; lat. lacus; gr. Xaxxos; ted. Lache.

17. PRENDENDO: co' passi innoltrandoci vieppiù giù per. la ripa infernale. DOLENTE: piena di dolori. RIPA: chiama tutto il balzo dell' inferno.

18. IL MAL: nel senso morale le colpe, le scelleratezze. TUTTO: poichè l' inferno è destinato a tutti gli operatori d' iniquità. DELL' UNIVERSO: e non solo della terra. Anche gli angeli che furono ribelli a Dio vi si ritrovano. INSACCA: mette dentro a sè, come in un sacco, contiene.

19 Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa

Nuove travaglie e pene quante io viddi?
E perchè nostra colpa sì ne scipa?
22 Come fa l' onda là sovra Cariddi,

Che si frange con quella in cui s' intoppa:
Così convien che quì la gente riddi.
25 Qui vid' io gente più che altrove troppa,
E d' una parte e d' altra, con grand' urli
Voltando pesi per forza di poppa.

28 Percotevansi incontro, e poscia pur li

Si rivolgea ciascun, voltando a retro, Gridando: «Perchè tieni?» e: «Perchè burli?» 31 Così tornavan per lo cerchio tetro,

Da ogni mano all' opposito punto,
Gridandosi anche loro ontoso metro.

34 Poi si volgea ciascun, quando era giunto

19. STIPA: ammassa, aduna; dal lat. stipare. Chì, se non tu, divina giustizia, ammucchia laggiù tante nuove travaglie e pene, tormenti e noie, quante io ne vidi!

20. NUOVE: nel senso del novus dei latini per mirandus, inauditus. VIDDI: con doppia dd usarono gli antichi scrittori anche fuor della rima ed in prosa. «Da Videre venne vidi alla latina; ma come anche il presente aveva antic. vido, vidi, vide ecc., a fine d'evitar l' equivoco, s' aggiunse al passato un d, sicchè vidi divenne viddi. Così da Vedere venne veddi, per distinguersi da vedi seconda del pres. indic. Oggi può star bene vidi, nè ci è timore che venga scambiato con la predetta persona del dimostrativo, la quale non è più vidi, ma vedi. Ma notisi che le son due voci tolte dallo stesso verbo, in due diversi modi configurato.» Da Siena. «Perchè siamo noi tanto stoltamente rei e cupidi di rovinoso guadagno? Lo stipar delle pene si contrappone all' ammucchiare dell' oro; e lo sciupo che fa la colpa alle ricchezze avare da' prodighi sciupate.» Tomm.

21. SCIPA: dissipa, strazia.

22. LÀ: nel Faro di Messina.

24. RIDDI: faccia la ridda o il ballo in tondo = giri intorno. Avari e prodighi si scontrano in questo cerchio e si urtano, come nello stretto di Sicilia fanno le onde che vengono le une dal Ionio e dal Tirreno le altre, le quali, spinte da venti opposti, si scontrano e si spezzano.

25. TROPPA: numerosa, molta; da ultra opus più che non fa mestieri, PIÙ CHE ALTROVE: essendo avarizia l' antica lupa,

Che più che tutte l'altre bestie ha preda. Purg. XX, 11.

26. D' UNA PARTE: gli avari, D' ALTRA: i prodighi. Perchè li ponga qui insieme lo dirà al v. 42.

27. POPPA: petto, = spingendo con la forza del petto.

28. PUR LI: (lillic) appunto là dove si scontravano e percotevano. 30. PERCHÈ TIENI? tu avaro; PERCHÈ BURLI? tu prodigo. Le due classi di peccatori si rinfacciano vicendevolmente i loro vizi. - BURLI: getti via il tuo, scialacqui. «Burlare è dir vanità e gettar via le parole.>> Daniello.

31. TORNAVAN: andavano attorno, giravano.

32. DA OGNI MANO: i prodighi dalla destra. de' due Poeti, gli avari dalla sinistra, v. 39.

33. ANCHE: di nuovo. ONTOSO METRO: ingiuriose parole, v. 30.

Per lo suo mezzo cerchio, all' altra giostra.
Ed io che avea lo cor quasi compunto,
37 Dissi: «Maestro mio, or mi dimostra

Che gente è questa, e se tutti fur cherci
Questi chercuti alla sinistra nostra.>>
40 Ed egli a me: «Tutti quanti fur guerci
Si della mente in la vita primaja,
Che con misura nullo spendio fêrci.
43 Assai la voce lor chiaro l'abbaja

Quando vengono ai duo punti del cerchio,
Ove colpa contraria li dispaja.

46 Questi fur cherci, che non han coperchio
Piloso al capo, e papi e cardinali,
In cui usa avarizia il suo soperchio.>>
49 Ed io: «Maestro, tra questi cotali
Dovre' io ben riconoscere alcuni
Che furo immondi di cotesti mali.»>
52 Ed egli a me: «Vano pensiero aduni;
La sconoscente vita che i' fe' sozzi,

ALL'

35. SUO MEZZO CERCHIO: agli avari è destinata l' una, ai prodighi l' altra metà di questo cerchio; incontrandosi si ingiuriano, poi si volgono indietro per iscontrarsi di nuovo alla parte opposta del cerchio. ALTRA GIOSTRA: al nuovo urto nel punto opposto. 36. COMPUNTO: di pietà.

38. CHE GENTE: qual genere di peccatori. Il poeta non aveva ancora riconosciuto esser questi gli avari ed i prodighi.—CHERCI: cherici, preti. 39. CHERCUTI: chericuti, aventi la cherica o tonsura. — ALLA SINISTRA: sono gli avari. Sempre a sinistra il peggio. Il perchè leggilo in S. Matteo XXV, 33–46.

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40. TUTTI QUANTI: tanto quelli a destra quanto quelli a sinistra. GUERCI: stravolti della mente; non avendo mai riconosciuto il valore reale de' beni terrestri non ne fecero l'uso convenevole. Gli uni spesero, gli altri ammassarono senza tener misura.

41. PRIMAJA: primiera, terrestre.

42. FERCI: fecero quì, in questa vita.

43. LA VOCE: i rimproveri che vicendevolmente si van facendo. L'ABBAJA: 10 manifesta, quando dicono: Perchè tieni? Perchè burli? Usa questa voce perchè questi tristi urlano come cani.

44. AI DUO PUNTI: a' due capi del diametro. Cfr. v. 31-35.

45. COLPA CONTRARIA: gli uni avendo speso troppo, gli altri troppo poco. La colpa è diversa, perciò ha ogni classe il suo mezzo cerchio; ma la colpa loro è tuttavía affine, e per questo sono messi alla medesima pena e nel medesimo cerchio. DISPAJA: li divide gli uni dagli altri.

46. QUESTI: che tu vedi a sinistra col capo raso. - NON HAN COPERCHIO: hanno il capo raso, avendo preso la tonsura.

48. SOPERCHIO: eccesso. L'avarizia nei papi e cardinali è eccessiva, e supera quella di altri. Vedi C. XIX, 112 seg. 49. TRA QUESTI: cherci, papi e cardinali.

52. ADUNI: accogli nella tua mente.

53. SCONOSCENTE: priva di conoscenza, dissennata. Questi cotali non riconobbero nè il vero fine della vita terrestre, nè il vero uso dei beni del mondo. - I: li, come Inf. V, 78 ed altrove. Sozzi: lordati del vizio di avarizia o di prodigalità. Il vizio è la conseguenza della loro cecità.

58

Ad ogni conoscenza or li fa bruni.
55 In eterno verranno agli duo cozzi.
Questi risurgeranno del sepulcro
Col pugno chiuso, e questi co' crin mozzi.
Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
Ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
Qual ella sia, parole non ci appulcro.
Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
De' ben' che son commessi alla fortuna
Per che l'umana gente si rabbuffa.
64 Chè tutto l'oro ch' è sotto la luna

61

67

E che già fu di queste anime stanche
Non poterebbe farne posar una.»>

Maestro», diss' io lui, «or mi di' anche:
Questa fortuna di che tu mi tocche,

Che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?»

54. BRUNI: Oscuri, sicchè è impossibile di riconoscerli. Ecco una nuova pena che corrisponde al vizio. Gli sconoscenti sono sconosciuti. 55. AGLI DUO COZZI: a cozzare insieme ed a rimproverarsi ne' due punti del cerchio.

56. QUESTI: gli avari. SEPULCRO: sepolcro; anche in prosa.

57. PUGNO CHIUSO: segno di avarizia. Diod. Sic. Sinistra compressis digitis tenacitatem atque avaritiam significat. E QUESTI: i prodighi. CO' CRIN MOZZI: avendo essi, come si dice in proverbio, speso fino i capelli. Avari e prodighi risurgeranno dal sepolcro appunto come vi discesero. Vedi Purg. XXII, 46.

58. Il falso uso de' beni terrestri li ha privati della salute. MONDO PULCRO: il mondo bello il cielo.

LO

59. A QUESTA ZUFFA: dei due cozzi e del rimproverarsi vicendevolmente. 60. PAROLE NON CI APPULCRO: non te lo descrivo con belle parole; tu stesso tel vedi.

61. BUFFA: soffio, vanità. «Or puoi, figliuol, vedere quanto breve duri l'aura della fortuna, onde si gonfiano i petti umani.» Da Siena.

63. PER CHE: per i quali beni. — SI RABBUFFA: si rigonfia. A noi pare che Dante voglia quì dire, che i beni dispensati dalla fortuna sono quasi un soffio, del quale gli uomini si rigonfiano come fa otre o vescica, e vanno però sì trionfi vani; ma che quel vento prospero ha breve durata. Al Poeta corse per la fantasía l'idea di cotesta inane gonfiezza che sogliono male ingenerare favori della fortuna.» Da Siena.

64. SOTTO LA LUNA: nel mondo.

65. CHE GIÀ FU: il tempo ed i casi avendone sottratto molto all' uso degli uomini. Tutte quante le ricchezze del mondo non gioverebbero a procurare un po' di riposo ad una sola di queste misere anime. Forse si allude alle smanie ed inquietudini che i beni terrestri recano seco. Al peccatore da Iddio occupazione di adunare e di ammassare questo è tormento di spirito. Eccl. II, 26.

66. POTEREBBE :

temerebbe.

inflessione regolare da potere, siccome da temere,

della quale facesti menzione.

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67. LUI: a lui. - MI DÌ: dimmi. 68. TOCCHE: tocchi, = 69. CHE È QUOD EST; perchè mai; onde è che. HA SI TRA BRANCHE: ha in sua balia. «Branche: parola di spregio. Onde Virgilio lo riprende, e dimostra che la fortuna è spirito celeste ministro di Dio.»> Tom.

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