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Che copre il fosso in che si paga il fio

136 A quei che scommettendo acquistan carco.

135. IL FOSSO: la bolgia; cfr. Inf. XXVI, 41. — SI PAGA: «pagare il fio significava in origine pagare a chi era signore della terra chiamata jeudo, o fio, quello che gli era dovuto; onde in senso traslato si paga il fio vale qui si paga, si porta la pena meritata.» Greg. Così anche il Dan.: fio, feudo, tributo. Si usa tuttora pagar il fio per pagar le pene, venir punito. Cfr. Purg. XI, 88.

voc.

136. A QUEI: Al. da quei. SCOMMETTENDO: seminando discordie, da scommettere opposto di commettere, unire, mettere insieme; cfr. Voc. Cr. ad CARCO carico, peso, cioè di peccati e di pene. Un carco si acquista ordinariamente commettendo, cioè mettendo insieme; ma i dannati della seguente bolgia acquistano il loro carco scommettendo, cioè disunendo, separando, e si acquistano un carco tanto più grande e pesante, quanto più essi scommettono. Quoniam iniquitates meæ supergressæ sunt caput meum; et sicut onus grave gravatæ sunt super me. Psl. XXXVII, 5.

CANTO VENTESIMOTTAVO.

CERCHIO OTTAVO; BOLGIA NONA: SEMINATORI DI DISCORDIE CIVILI O RELIGIOSE. MAOMETTO ED ALI.

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FRA DOLCINO.

BELTRAMO DEL

BORNIO.

Chi poría mai pur con parole sciolte
Dicer del sangue e delle piaghe appieno,
Ch' i'ora vidi, per narrar più volte?

4 Ogni lingua per certo verría meno

Per lo nostro sermone e per la mente,

1. PORÍA: potrebbe; voce naturale, non licenza poetica. Cfr. Nannuc. Anal. crit. pag, 658 e seg. e Inf. XX, 69. PUR: anche in prosa, nella quale è più facile esprimere i suoi concetti. SCIOLTE: non obbligate alle leggi del metro e della rima. Verba soluta modis. Ovid. Trist. IV, 10. 2. DICER: dire. Dicere si disse anticamente e si usa ancora dai Napolitani. Cfr. Nannuc. Anal. crit. pag. 581.

Quis cladem illius noctis, quis funera fando
Explicet, aut possit lacrimis æquare labores?

3. CH' 1': che io.

Virg. Aen. 1. II. v. 361. 362.

ORA: quando fummo giunti sul colmo dello scoglio che soverchia la nona bolgia. PER: quantunque ne rinnovasse più volte il racconto. Chi mai potrebbe, nonchè in versi, ma in prosa, ed anche rifacendosi più volte a descriver la medesima cosa, dire appieno delle piaghe e del sangue che io vidi?

4. OGNI LINGUA: cfr. Virg. Aen. 1. VI. v. 624-627:

Non, mihi si linguæ centum sint, oraque centum,
Ferrea vox, omnis scelerum conprendere formas,
Omnia pœnarum percurrere nomina possim.

5. PER LO NOSTRO SERMONE: a motivo del nostro umano linguaggio, che non ha vocaboli abili ad esprimere adeguatamente tante e tante cose. Diligenter enim notandum est, quod dicit, NESCIT et NEQUIT. Nescit quia oblitus, nequit, quia, si recordatur et contentum tenet, sermo tamen dejicit. Multa namque per intellectum videmus, quibus signa vocalia desunt. Dant. Ep. Kani Grandi, §. 29. MENTE: ragione, intendimento. « L' anima ha tre potenze, cioè vivere, sentire e ragionare Queste potenze sono

7

Ch' anno a tanto comprender poco seno.
Se s' adunasse ancor tutta la gente

Che già in su la fortunata terra

Di Puglia fu del suo sangue dolente
10 Per li Trojani, e per la lunga guerra
Che delle anella fe' si alte spoglie,
Come Livio scrive, che non erra,
13 Con quella che sentì di colpi doglie
Per contrastare a Roberto Guiscardo,

In

E

intra sè per modo, che l' una è fondamento dell' altra. . . la vegetativa della sensitiva, la sensitiva della intellettiva, cioè della ragione questa nobilissima parte dell' anima (la sensitiva) sono più virtù tutte queste nobilissime virtù, e l' altre che sono in quella eccellente potenzia, si chiama insieme con questo vocabolo (mente) ... per che è manifesto che per MENTE s' intende questa ultima e nobilissima parte dell' anima» (l'intellettiva, cioè la ragione). Conv. tr. III, c. 2.

6. SENO: capacità, ricettacolo. «Come grande seno comprende grandi cose, così lo piccolo seno comprende piccole cose.» Buti. Seno propriamente significa cavità; ma qui dee intendersi per capacità.» Lomb.

7. ANCOR: In sentenza: Quand' anche tutte le genti che in varî tempi caddero sui campi di Puglia, combattendosi Pugliesi e Romani, Romani e Cartaginesi, si radunassero insieme coi saraceni disfatti da Roberto Guiscardo, e assieme colla gente che perì nelle battaglie di Ceperano e di Tagliacozzo, e tutta questa gente insieme adunata mostrasse chi un membro forato e chi un membro mozzo, essa gente non presenterebbe uno spettacolo da agguagliarsi a quello presentato dalla nona bolgia.

8. FORTUNATA: fortunosa, soggetta alle vicende della fortuna; dal verbo fortunare: mettere a fortuna (cfr. Polidori: Tav. Rit. Vol. II, pag. 85. s. v. fortunale; Dionisi: Serie di Aneddoti, No. II. Veron. 1786. pag. 12). 9. FU ... DOLENTE: sentì il dolor delle ferite, dello sparso suo sangue. Puglia è il nome di tutto il paese italiano che dopo gli Abruzzi si stende a oriente fino ad Otranto.

-

10. PER: sparso per li Troiani, cioè il sangue, v. 9. TROIANI: al. Romani, ma è correzione di copisti. Dante partecipa alla credenza dei suoi coetanei, che i Romani discendessero dai Troiani, venuti in Italia con Enea. E Troiani chiama sovente i Romani anche ne' suoi scritti in prosa. Allude alle guerre Sannitiche fatte nel corso del secondo secolo dopo lo stabilimento della Repubblica nelle quali perirono molte migliaia di uomini. Cfr. T. Liv. Hist. 1. X, c. 9 e seg. e la Storia Romana.Į — LUNGA GUERRA: la seconda guerra punica; lunga perchè durò tre lustri (218-202 a. Ch. n.). T. Liv. Hist. 1. XXII. XXIII.

11. ANELLA: tratte dalle dita de' Romani uccisi nella sanguinosa battaglia di Canne (Liv. 1. XXII, c. 26. Polib. 1. III, pag. 255-268), nella quale perirono sessantaduemila uomini (secondo Polib., secondo Liv. circa 43 mila). Ad fidem deinde tam lætarum rerum, effundi in vestibulo curice jussit annulos aureos; qui tantus acervus fuit, ut metientibus dimidium super tres modios explesse, sint quidam auctores. Fama tenuit, quæ propior vero est, haud plus fuisse modio. T. Liv. Hist. 1. XXIII, c. 7. «E non pose Iddio le mani quando per la guerra d' Annibale, avendo perduti tanti cittadini che tre moggia d' anella in Affrica erano portate, li Romani vollero abbandonare la terra ecc.>> Dant. Conv. tr. IV, c. 5.

12. NON ERRA: essendo storico degno di fede. Ma oggigiorno non è più tenuto per troppo veritiero.

13. QUELLA: gente. SENTI: sentì il dolore delle ferite, delle percosse. 14. PER CONTRASTARE: per aver contrastato, per volersi opporre. ROBERTO GUISCARDO: fratello di Ricciardo duca di Normandia, debellò i Saraceni e si fece duca di Puglia. Cfr. G. Vill. 1. IV, c. 18. 19. H. Leo, Gesch. der ital. Staaten, Vol. I, pag. 448 e seg., e la storia di que' tempi.

E l'altra il cui ossame ancor s' accoglie
16 A Ceperan, là dove fu bugiardo

Ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo
Ove senz' arme vinse il vecchio Alardo;
19 E qual forato suo membro, e qual mozzo
Mostrasse, d' aequar sarebbe nulla
Al modo della nona bolgia sozzo.

22 Già veggia, per mezzul perdere o lulla,

15. L' ALTRA: gente.

16. CEPERAN: avendo inteso la venuta di Carlo d' Angiò, Manfredi «mise tutto suo studio alla guardia de' passi del regno, e al passo al ponte Cepperano mise il conte Giordano e quello di Caserta» (G. Vill. 1. VII, c. 5). Quest' ultimo, quantunque fosse cognato di Manfredi, lo tradì non volendo difendere il passo, che fu preso da Carlo (G. Vill. 1. c.). Ci sembra fuor di dubbio che Dante allude qui alla famosa battaglia di Benevento. Presso Ceperano non ebbe luogo battaglia alcuna. Ma Dante non fu solo a confondere insieme i due avvenimenti. Il Postill. Cass. racconta: Karolus rex apulie posuit in conflictu regem manfredum apud terram Ceperani. E nel Chron. Astens. (ap. Murator. Rer. Ital. Script. Vol. XI, pag. 158) si legge: Ed ad Pontem Ceperani obtinuit in campo, et mortuus est ibi Manfredus cum exercitu suo. Secondo Petr. Dant. la battaglia ebbe luogo apud Ceperanum et Beneventum. Altri raccontano di una gran battaglia a Ceperano, che abbia preceduto quella di Benevento. Manfredus venit cum exercitu magno ad Pontem Ceperani. Tunc exivit ei obviam Carolus cum sua militia, et abstulit ei Pontem prædictum, et Castrum Sancti Germani. Manfredus vero recollegit se cum sua gente, expedita versus Beneventum, quem Carolus ibidem insequitur, pugnaturus cum eo. (Annal. Ptol. Lucens. ap. Murat. 1. c. Vol. XI, pag. 1284.) Il vero è, come ognun sa, che a Ceperano non ebbe luogo combattimento. Ma forse Dante nomina Ceperano per alludere al tradimento del conte di Caserta, non ignorando egli che Manfredi cadde a Benevento; cfr. Purg. III, 128. FU BUGIARDO: abbandonando Manfredi, al quale avean giurato fede. «La maggior parte de' baroni pugliesi . . . si fallirono e Manfredi, abbandonandolo e fuggendosi.» G. Vill. 1. VII, c. 9. cfr. Ricob. Ferrar. Hist. Imp. ap. Murat. 1. c. Vol. IX, pag. 135.

17. TAGLIACOZzo: castello nell' Abruzzo Aquilano, presso il quale il 23 agosto 1268 Corradino fu sconfitto da Carlo d' Angiò.

18. ALARDO: Alardo di Valleri, cavaliere francese «di grande senno e prodezza». Ai consigli di costui Carlo d' Angiò dovette principalmente la vittoria di Tagliacozzo. Disse al re Carlo, se volesse essere vincitore gli convenía usare maestria di guerra più che forza: il re Carlo confidandosi molto nel senno di Alardo, al tutto gli commise il reggimento dell' oste e della battaglia, il quale ordinò della gente del re tre schiere», delle quali due ne mandò a combattere coll' esercito di Corradino, e la terza, «il re Carlo col fiore della sua cavalleria e baronía, di quantità di ottocento cavalieri, fece riporre un aguato dopo uno colletto in una vallea.»> Le due prime schiere furono sconfitte da Corradino e dai suoi, i quali, dopo la vittoria ottenuta tutto occupati a far bottino, furono assaliti e sconfitti dalla terza schiera. Cfr. G. Vill. 1. VII, c. 26. 27.

19. QUAL: di tutta quella gente di cui si parla dal v. 7 al 18.

20. D' AEQUAR: così scrivo col Fanfani, fondandomi sui versi di Virgilio citati nella nt. al v. 2. Al. da equar. I codici hanno semplicemente daequar, che si può leggere nell' uno e nell' altro modo. La lezione adequar, che è pure di alcuni codici, conforta il da equar; la lezione comune d' agguagliar sente troppo di correzione. Senso: tutte quelle genti e le loro ferite sarebber nulla in confronto colle genti e ferite della nona bolgia.

22. VEGGIA: botte; voce d' origine ignota; vezza e vezzia in significato di botte vive nel Bergamasco. - MEZZUL: mezzule, apertura quadrango

Com' io vidi un, così non si pertugia,
Rotto dal mento insin dove si trulla:
25 Tra le gambe pendevan le minugia
La corata pareva, e il tristo sacco
Che merda fa di quel che si trangugia.
28 Mentre che tutto in lui veder m' attacco,
Guardommi, e con le man s' aperse il petto,
Dicendo: «Or vedi come io mi dilacco;

31

Vedi come storpiato è Maometto.

Dinanzi a me sen va piangendo Alì

Fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

lare, larghetta, fatta in uno de' fondi della botte, per poterla più agevolmente ripulire al di dentro. Cfr. Carena, Vocab. dom. LULLA: quella parte del fondo della botte che dal mezzule si congiunge all' estrema parte.

23. PERTUGIA: fora. «Una botte ch' abbia perduto o levato il mezzule, o quella doga laterale ch'è dalle latora, che si chiama lulla, non pare aperta come quivi il peccatore fesso dal mento infino all' anche.» An. Fior. 24. ROTTO: pertugiato, fesso, spaccato. -SI TRULLA: si tira coregge. 25. MINUGIA: le interiora, le budella. Minugia si disse anticamente anche in prosa. Cfr. Nannuc. Teor. dei nomi, pag. 313. 757.

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26. CORATA: fegato, cuore e polmone. PAREVA: appariva, si vedeva. TRISTO: lordo, fetente. Cfr. Luc. Phars. IX, 773 e seg.:

Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque
Viscera: nec, quantum toto de corpore debet,
Effluit in terras; sævum sed membra venenum
Decoquit: in minimum mors contrahit omnia virus.

Vincula nervorum, et laterum textura (scil. effluunt), ecc.

SACCO: lo stomaco, o, forse meglio, l' intestino cieco.

27. TRANGUGIA: mangia e beve. «Trangugiare è mandar giuso.» Buti. 28. M' ATTACCO: mi fisso. Mentre io stava tutto attento a mirarlo con occhio fisso. Cfr. Virg. Aen. I, 495:

Dum stupet, obtutuque hæret defixus in uno.

30. DILACCO: da dilaccare levar le lacche, cioè le cosce. Vedi come io mi dilacero, spacco, squarcio.

31. STORPIATO: altre lez. scoppiato, scempiato, scipato. I più tengono storpiato, ad eccezione naturalmente di quel tal Scarabelli, che la sa sempre più lunga di tutti gli altri, e la farebbe da maestro a Dante stesso. Storpiato significa qui: guasto nelle membra, come bene spiega il Lomb. MAOMETTO: il fondatore dell' Islamismo, n. a Mecca 560, † a Medina 633. Al. Macometto.

32. ALI: Ali Ebn Abi Talib, cognominato Assad Ollah el Ahalib (= Leone del Dio vincitore) e Murtadhi (= grato a Dio), cugino, genero e uno de' primi seguaci di Maometto, nato 597, ucciso nel 660. Fece una setta da sè.

33. CIUFFETTO: ciocca di capegli sulla fronte. Ali ha appunto quella parte del corpo fessa che Maometto ha ancora intiera avendo egli seminato scisma fra i Maomettani stessi. Maometto ha fesso il corpo, avendo egli seminato scisma nei popoli; Alì ha fesso il capo, avendo egli seminato scisma principalmente fra i capi della setta maomettana. Pro mensura peccati erit et plagarum modus. Deut. XXV, 2. Invece di fesso alcuni Codd. ed ediz. hanno rotto, e lo Scarabelli sentenzia: «tal varietà non può essere avvenuta che per pentimenti e rimutamenti del Poeta» (!!). Eh sì, se Dante fosse stato un dottor di lingua nato in una notte come il fungo, come è lei, sor Luciano! Ma, grazie a Dio, egli era un' altra pasta di uomo che non aveva bisogno di pentirsi, come ne avrebbe bisogno lei qualora ne fosse capace.

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