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Ben ten dee ricordar che non ti nocque
Alcuna volta per la selva fonda.»>

130 Sì mi parlava; ed andavamo introcque.

prende nell' uso comune del popolo, il quale allorchè vuole denotare la notte precedente il giorno, in cui si è, dice stanotte e non jernotte. Quindi è, che da quella notte al detto giorno essendo passate 30 ore, se allora la Luna fu piena o tonda, ne risulta che trovandosi ora sul tramonto, il sole è nato già da un' ora e 5. Conciossiachè se in un giorno o in 24 ore la luna è in ritardo di 52 minuti circa rispetto al sole, è chiaro che in 30 ore, o in un giorno ed ore 6, sarà in ritardo di un ora e 51, e però se essa tramonta si ha un' ora e 5 di Sole.» Della Valle: Il senso geograficoastronomico dei luoghi della D. C. pag. 12-15. Sarebbero dunque circa le 8 della mattina (Della Valle: Supplemento al libro: Il senso ecc. Faenza, 1870, pag. 50). Secondo il Filalete sono le 6, oppure le 7 e mezza della mattina. Lasceremo agli Astronomi il disputare sull' ora, e ci appagheremo di sapere che è la mattina del secondo giorno che Dante viaggia per l' Inferno, dove egli ha già passato due notti ed un giorno. 128. NON TI NOCQUE: ti giovò col suo lume.

129. ALCUNA VOLTA: poichè Dante non si aggirò una notte sola per la selva oscura; Vedi nt. sopra Inf. I, 60. FONDA: profonda; folta,

spessa.

130. INTROCQUE: intanto, dal lat. inter hoc; voce famigliare ai Fiorentini antichi, che occorre pure già nel primo verso del Pataffio. Nel Volg. eloq. (lib. I, cap. 13) Dante la cita come esempio di brutto parlare; ma fra la teoría e la pratica c' è alle volte un po' di divario. E invece di riprovar Dante per questo, lasceremo dire il nostro buon Fanfani: <<< Intervenne al Cesari, interviene a me, ed interverrà ad altri il riprendere una voce a poi l' usarla. Ma che vuol dire? Il riprenderla è conseguenza di osservazioni, di studj proprj e di altrui precetti; l' usarla può esser fatto senza matura considerazione.» (Fanfani: Voci e Maniere del parlar fiorentino, Fir. 1870, pag. 123.) E ciò basti in risposta alle osservazioni e critiche di alcuni commentatori.

CANTO VENTESIMOPRIMO.

CERCHIO OTTAVO; BOLGIA QUINTA: I BARATTIERI.
GISTRATO LUCCHESE. MALEBRANCHE.

MICA DIABOLICA.

UN MA

MALA CODA.

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Così di ponte in ponte altro parlando
Che la mia commedía cantar non cura
Venimmo, e tenevamo il colmo, quando
4 Ristemmo per veder l' altra fessura
Di Malebolge, e gli altri pianti vani;
E vidila mirabilmente oscura.

7 Quale nell' arzanà de' Viniziani

1. DI PONTE IN PONTE: procedendo dal ponte della quarta bolgia a quello della quinta.

2. COMMEDIA: vedi Inf. XVI, 128. XX, 113 nt.

3. TENEVAMO IL COLMO: eravamo sul punto culminante dell' arco che soprasta alla quinta bolgia.

4. RISTEMMO: ci arrestammo.

FESSURA: fossa, vallone; chiama così

la quinta bolgia, o piuttosto tutte le bolge in generale, quasi fossero fenditure di terreno.

5. MALEBOLGE: cfr. Inf. XVIII, 1. sono inutili.

VANI: non giovando lor nulla,

6. OSCURA: alla solita oscurità dell' Inferno si aggiunge in questa bolgia la pegola nera che era laggiù. In terra i barattieri cercano ascondere nelle tenebri le loro azioni, ma queste tenebri formano appunto il loro maggior supplizio.

7. ARZANA: arsenale. Al. arsenà, che N. Barozzi vuole sia la vera lezione (Vd. Accenni a cose venete nella D. C. nel vol. Dante e il suo secolo, pag. 801 e seg.); arzanà e arsenale, bisantino apaevas, dall' arabico darçanah: casa d' industria, casa dove si fabbrica alcun che, spezialmente navigli; persiano Aarsanah (Vd. Diez: Etym. Wörterbuch, 3a ediz. vol. 1. pag. 34). L' arsenale di cui parla il Poeta è il vecchio, eretto nel 1104, che ai tempi di Dante era considerato come uno dei più importanti d' Europa. Vi si preparava tutto quanto serve alla costruzione de' bastimenti. Il vanto principale dell' arsenale Veneto erano le Galeazze, vere fortezze galeggianti, basse di bordo, larghe e contenenti più di mille uomini d' eguipaggio. L' arsenale era circondato da alte muraglie, coronate di merli ed interrotte da torri. Fu ingrandito considerevolmente nel 1303 o in quel torno. Nel 1337 poi venne fabbricato il nuovo per opera di Andrea da Pisa (Vedi Barozzi, l. c.; Loria: l'Italia nella D. C. pag. 134 e seg.).

13

Bolle l'inverno la tenace pece

A rimpalmar li legni lor non sani,
10 Chè navicar non ponno, e in quella vece
Chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa
Le coste a quel che più viaggi fece;
Chi ribatte da proda e chi da poppa;
Altri fa remi ed altri volge sarte;
Chi terzeruolo ed artimon rintoppa:
16 Tal, non per fuoco ma per divina arte
Bollía laggiuso una pegola spessa
Che inviscava la ripa da ogni parte.
19 Io vedea lei, ma non vedeva in essa
Ma' che le bolle che il bollor levava,
E gonfiar tutta e riseder compressa.
22 Mentr' io laggiù fisamente mirava,

Lo duca mio, dicendo:,,Guarda, guarda!"
Mi trasse a sè dal loco dov' io stava.

8. L' INVERNO: perchè nell' inverno è il tempo in cui si acconciano legni, non essendo la stagione opportuna alla navigazione.

9. RIMPALMAR: rimpeciare. Quella pece è destinata a rimpalmare i navigli che sono rotti o malconci.

10. CHÈ: perchè.

-

NON PONNO: i Veneziani. Altri legge che, intendendo de' legni; ma in tal caso la costruzione sarebbe proprio mostruosa. IN QUELLA VECE: invece di navigare. Il Buti si lambica il cervello onde dare a questa frase un senso sopportabile; ma la è questa l' inevitabile conseguenza dell' aver voluto riferire non ai Veneziani ma ai legni quel Che navicar non ponno.

11. RISTOPPA: ritura le fessure; calafata.

12. LE COSTE: i lati della nave.

14. VOLGE SARTE: attorciglia la canape per far sarte, corde della veta del naviglio legate all' antenna.

15. TERZERUOLO: la minor vela della nave. — ARTIMON: artimone, vela latina, la maggiore, che s' inalbera sulla poppa. «La nave porta tre vele: una grande che si chiama artimone; una mezzana la quale si chiama la mezzana; ed un' altra minore che si chiama terzeruolo.» Buti. — RINTOPPA: rattoppa, rappezza.

16. TAL: come bolle la pece nell' arzanà de' Viniziani. - NON PER FUOCO: come a Venezia. - DIVINA ARTE: potenza divina.

-

PEGOLA: pece.

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SPESSA: densa.

17. LAGGIUSO: nella quinta bolgia. 19. LEI: la pece. «Il barattiere si può ben vedere, ma non la fraude che ti vuol usare, chè questa sta nel suo secreto.» Vellut.

20. MA' CHE: salvo che, fuorchè; cfr. Inf. IV, 26. Si usò sovente dagli antichi ed anche nel cinquecento: «non essendo morti de' suoi ma' che venti soldati »; Sasset. Vit. Ferruc. (Arch. Stor. Ital. IV, par. II, p. 523). I barattieri immersi nella pece Dante non li poteva scorgere; il motivo, come pure la causa delle bolle, lo dirà in seguito.

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21. GONFIAR: costruzione: Io vedeva la pece, ma in essa non vedeva che le bolle che il bollor levava, e vedeva la pece gonfiar tutta e riseder compressa, cioè riabbassarsi allo scoppiar delle bolle. RISEDER: Cfr. Virg. Georg. II, 479. 480.

qua vi maria alta tumescant. Objicibus ruptis, rursusque in se ipsa residant.

23. GUARDA: guardati.

24. DAL LOco: dalla sponda del ponte.

25 Allor mi volsi come l' uom cui tarda

28

Di veder quel che gli convien fuggire,
E cui paura subita sgagliarda,
Che per veder non indugia il partire,
E vidi dietro a noi un diavol nero
Correndo su per lo scoglio venire.
31 Ahi quanto egli era nell' aspetto fiero!
E quanto mi parea nell' atto acerbo,
Con l' ale aperte, e sovra i piè leggiero!
34 L'omero suo, ch' era acuto e superbo,

Carcava un peccator con ambo l' anche,
E quei tenea de' piè ghermito il nerbo.
37 - «Del nostro ponte»> disse «<o Malebranche,
Ecco un degli anzian' di Santa Zita;

cap. 30.

25. CUI TARDA: a cui un' ora par mille anni; cfr. Inf. IX, 9. «Molto gli tardava d' essere al torneamento.» Tav. Rit. 27. PAURA SUBITA timore improvviso. gagliardía. Il timore fa venir meno le forze. dice Ovidio.

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SGAGLIARDA: toglie la Vires subtrahit ipse timor

28. CHE: il quale; al. talmente che, ma non si vede a qual parte del periodo si possa appiccare un talmente che. PER VEDER: non ristà di fuggire onde vedere, ma guarda e fugge nello, stesso tempo. La curiosità lo eccita a guardare, la paura a fuggire.

29. NERO: come la pece di questa bolgia.

30. SU PER LO SCOGLIO: su pel sasso che faceva ponte sopra la bolgia. Non veniva dal fondo della bolgia ma d' altronde. Giungeva appunto con un' anima da lui «portata via» su nel mondo.

31. FIERO: terribile a vedersi.

32. ACERBO: crudele ne' suoi atti. 33. APERTE: onde volare. insieme.

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LEGGIERO: perchè camminava e volava

34. L' OMERO: quarto caso; costruisci: Un peccatore carcava con ambo le anche l'omero suo, ecc. - ACUTO E SUPERBO: alto, secco e dritto. Benv. Ramb. Il Tomm.: «Diavolo gobbo; che meglio vi stiano insellati i rei ch' egli porta.» Può darsi che quel diavolo sia anche stato gobbo; ma Dante nol dice.

35. CARCAVA: premeva, gravava. - PECCATOR: barattiere. « Il peccatore calcava l'omero del dimonio; et il dimonio, avendolo in sullo omero a guisa che fa il lupo la pecora, et tenealo avendo fitto gl' unghioni ne' nerbi che sono sopra' piedi, tra' piedi e le gambe.» An. Fior. 36. QUEI: il demonio. -PIE: del peccatore. «In una visione descritta da Gregorio (IV, 36) i diavoli tirano i rei giù per le coscie, gli angeli i salvati levano su per le braccia.» Tom. NERBO: la corda magna, il tendine d' Achille, che è il più sicuro e più facile luogo d' afferrare.

37. DEL: parole del demonio che arriva col peccatore, il quale grida: O voi, Malebranche del nostro ponte ecc. I ponti sembrano essere le stazioni dei demoni, cfr. v. 47. e 67. e seg. Molti all' incontro spiegano: D' in sul ponte, ove io e Virgilio stavamo, il demonio disse: ecc. MALEBRANCHE: nome generico dei demoni di questa bolgia, così chiamati a motivo de' loro unghioni ed uncini e come custodi di coloro che «abbrancarono con «branche mali» cioè ingiuste.

38. ANZIAN': gli anziani erano la magistratura principale della città di Lucca, rispondente a quella de' Priori nella repubblica fiorentina, la quale si componeva allora di dieci cittadini due per ciascuna delle cinque porte della città (Vedi E. Celesia: Dante in Liguria, Genova 1865. pag. 31. C. Minutoli: Gentucca e gli altri Lucchesi nominati nella D. C. nel vol. Dante e DANTE, Divina Commedia. I.

15

Mettetel sotto, ch' io torno per anche 40 A quella terra ch' io n' ho ben fornita;

Ognun v'è barattier, fuor che Bonturo,

il suo secolo, pag. 211). «Anziano è un offizio per le cittadi, massimamente di Toscana, de' cittadini medesimi, il quale ha speziale cura del governo della cittade, e che ella sia bene retta per li rettori forestieri, e che ella non sia oppressata da potenti; e tanto vale a dire anziani, quanto antichi, siccome senatori viene a d re vecchi. E nota, che questo male avventurato, di cui si tratta, era nell' offizio allora, e morì di subito. Ott. Il Poeta tace il nome di questo peccatore; il Buti osserva che «altri voglion dire c e costui fosse Martino Bottaio il quale morì nel 1300.» Un Martino Bottaio, notaio, viveva in Lucca nel 1325 (Minutoli, 1. c. p. 212); forse era un discendente di quegli che arrivava alla bolgia de' barattieri nel 1300, e forse il commentatore commise un' anacronismo. SANTA ZITA: fu oriun a di un villaggio su quel di Pontremoli, nacque in Monsagrati, piccolo luogo a sei miglia di Lucca nel 1218 da poveri genitori. A dodici anni divenne fantesca in casa di Pagano Fatinelli. Morì nel 1272 o 1278. Visse da sania; si raccontano di lei m Iti miracoli. Se era santa li avrà ben fatti. Si racconta che persino Angeli si innamorassero di lei e venisser giù dal cielo a lavorare in vece sua affinchè le rimanesse più lungo tempo per pregare, mentre essi preferivano forse il lavoro alla preghiera. Fu ven rata come santa già prima di esser canonizzata e divenne la compatrona di Lucca. Anzian di Santa Zita vuol dire Anziano di Lucca, non che gli anziani di Lucca s' intitolassero da Santa Zita, ma sibbene sotto tal nome intende il Poeta di denotare la città particolarmente devota di questa santa. «Le tombeau de sainte Zite est dans l'église de San-Frediano, vieille et curieuse basilique, et son histoire est le sujet d' un complainte populaire que j'ai achetée dans la rue. Sainte Zita est la Paméla de la légende: c'était une pauvre servante que son maître voulait séduire.» Ampere: La Grece, Rome et Dante (Paris 1859), pag. 248. ANCHE: di più, altri; torno a prenderne

39. SOTTO: la pegola. degli altri di questi anziani.

40. TERRA: Lucca. CH' IO N' HO: al. che n' è; la lezione da noi accettata fa sentire «l' arroganza di potere e la gioja maligna de' Diavoli,»> Foscolo. Il Lan.: «Io sono per addurvene assai di tal vizio, imperò ch' ho ben fornita quella terra di tal condizione.>>

41. FUOR CHE BONTURO: amarissima ironia, essendo costui il peggiore di tutti i barattieri. È costui Bonturo Dati. Fuit archibaracterius, quia sagaciter ducebat et versabat illud commune totum, et dabat officia quibus volebat; similiter excludebat quos volebat. Beno. Ramb. Questo Bonturo era capo della parte popolare in Lucca, e di tanta autorità ne' consigli da condurre e maneggiare il comune a sua posta. Per troppa arroganza fu cagione di condurre la città all' estremo della rovina. Ecco quanto in proposito scrive l'autore anonimo della cronica di Pisa (in Muratori, Rer. It. Script tom. XV. pag. 987. 988): «Nel mese di Settembre (1314) Pisa dimandò pace con Lucca Ambasciadori, e Cittadini Pisani insieme con quelli di Toscana. per parte del comune di Pisa addimandavano alli Lucchesi due delle loro Castella, che li aveano tolto, cioè Asciano e Buti, che li rendessino loro.... Et Bonturo Dati... rispose: Voi Ambasc adori ad mandate Asciano: ora sappiate, che noi lo tegniamo perche le vostre Donne vi si specchino dentro (Cfr. G. Vill. lib. VII, cap. 122). Allora Banduccio Buonconte, el quale era un gran cittadino di Pisa, disse alli suoi compagni, che lor piacesse di far questa risposta, e disse: Signori Lucchesi, innanzi otto di li Pisani vi mostreranno, se le donne loro hanno specchi.» Infatti pochi giorni dopo i Pisani condotti da Uguccione della Fagiuola «passarono in su quello di Lucca, e presono di molti pregioni, e di molto bestiame, e andorno insino alle porte della città di Lucca, e in su lo Prato ficcorno presso a Lucca due colone, cioè antenne grande con dui specchi grandissimi, come una botte Napoletana; e puoseno polizze appiccate all' antenna, che diceano: Tolle Bonturo Dati, ch' al core

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