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Guarda la mia virtù, s' ella è possente
Prima che all' alto passo tu mi fidi.
13 Tu dici che di Silvio lo parente,

Corruttibile ancora, ad immortale
Secolo andò, e fu sensibilmente.
16 Però, se l'avversario d' ogni male

Cortese i fu, pensando l'alto effetto

Che uscir dovea di lui, e il chi e il quale,
19 Non pare indegno ad uomo d' intelletto:
Ch' ei fù dell' alta Roma e di suo impero
Nell' empireo ciel per padre eletto;
La quale e il quale a voler dir lo vero
Fûr stabiliti per lo loco santo

22

U' siede il successor del maggior Piero. 25 Per questa andata, onde gli dai tu vanto, Intese cose che furon cagione

Di sua vittoria e del papale ammanto.

28 Andovvi poi lo Vas d'elezione

Per recarne conforto a quella fede

11. GUARDA esamina; virtù, forza, facoltà; possente, bastante
a sostener la guerra

Si del cammino e sì della pietate.

12. MI FIDI, mi cimenti, commetta.

13. TU DICI, nel tuo libro cioè nel VI dell' Eneide. rente, Enea, il quale secondo Virgilio fù padre di Silvio.

Di Silvio lo pa

14. CORRUTTIBILE, vivo. Il corruttibile non può eredare l'incorruttibilità, I Cor. XV, 35; immortale secolo, l' Eliso; sensibilmente, in corpo. 16. L'AVVERSARIO, Dio. Tu odii tutti gli operatori d' iniquità, Sal. V, 5. 17. I, a lui. EFFETTO, Roma. IL CHI E IL QUALE, Cesare, l' im

pero, la sede papale. Tom.

20. EI, Enea.

21. EMPIREO, la sfera più elevata de' cieli, il seggio della divinità. Lo cielo Empireo, che tanto vuol dire, quanto cielo di fiamma ovvero luminoso. E questo quieto e pacifico cielo è lo luogo di quella Somma Deità che se sola compiutamente vede. Questo è lo luogo degli spiriti beati. Conv. II, 4.

22. LA QUALE, Roma; IL QUALE, l' impero romano.

24. U', dove. Il successor, il pontefice romano, successore del maggior Piero, «cioè di San Piero apostolo, il quale chiama maggiore per la dignità papale, e a differenza di più altri santi uomini nominati Piero.» Bocc. Nel Parad. XXV, 14. Pietro vien chiamato: la primizia

Che lasciò Cristo de' Vicarj suoi.

25. PER QUESTA ANDATA all' Eliso; TU, Virgilio, nel tuo poema. 25. CAGIONE, non già che le cose udite da Enea intorno all' impero di Cesare fossero causa della sua vittoria e della dignità pontificia: ma la dignità pontificia era l'ultimo fine delle cose da Enea allora udite che lo inanimirono a vincere. Tom.

28. ANDOVVI, corruttibile ancora ad immortale secolo, qui: nel paradiso. Io conosco un uomo in Cristo, il quale fù rapito fino al terzo cielo. E so che quel tal uomo fù rapito in paradiso, e udi parole ineffabili. II ai Cor. XII, 2-4. LO VAS D'ELEZIONE, l' Apostolo san Paolo, del quale il Signore disse: costui mi è un vaso eletto (Vas electionis); Act. IX, 15.

29. PER RECARNE CONFORTO, fortificando la speranza di arrivare alla fruizione del paradiso nel quale egli fù rapito.

31

Ch'è principio alla via di salvazione.
Ma io, perchè venirvi? o chi il concede?
Io non Enea, io non Paolo sono;
Me degno a ciò nè io nè altri crede.
34 Perchè, se del venire io mi abbandono,
Temo che la venuta non sia folle.

37

Se' savio, intendi me' ch' io non ragiono.»>
E quale è quei che disvuol ciò che volle,
E per nuovi pensier cangia proposta,
Sì che dal cominciar tutto si tolle:
40 Tal mi fec' io in quella oscura costa;
Perchè pensando consumai la impresa
Che fu nel cominciar cotanto tosta.

43

«Se io ho ben la tua parola intesa», Rispose del magnanimo quell'ombra,

34. DEL=al; ABBANDONO, ciecamente, senza ponderare imprima mia virtù.

36. ME' meglio.

Alla fine del primo canto Dante era risolto di seguire Virgilio. Ma già da bel principio nascono nuovi dubbj nel suo cuore. In questa circostanza si manifesta una profonda conoscenza del cuore umano, nonchè dei mezzi onde ottenere la salute. In principio quando l' uomo si risveglia dal suo sonno peccaminoso è egli pieno di buona volontà. Con un certo entusiasmo ei si decide di cambiar vita, di abbandonare le peccaminose vie che menano alla perdizione. Che le sue proprie forze bastino onde eseguire la grande sua risoluzione ei non ne dubita punto in questi primi momenti. Ben presto però ei deve esperimentare la verità di quella sentenza di Cristo: senza di me voi non potete far nulla, S. Giov. XV, 5. Il peccato non dà liberi i suoi servi a così buon mercato. Da sè stesso l'uomo non si converte, se la grazia divina non lo soccorre. Dopo le prime mosse illanguidiscono le sue forze. L'entusiasmo svanisce; la pusillanimità, il freddo calcolare, l' arida ragione che nella sua mancanza di fede inganna sè stessa, cercano di sviarlo dal salutevole suo proposito. «Sarebbero mai le mie forze bastanti onde eseguire l'alta impresa? Vero è che altri mi precorsero, - ma questi erano poi tutt' altro di quel che mi son io. Per mè è l'esecuzione troppo difficile, le forze mie non vi bastano.» - Così parla la falsa, codarda umiltà. Contra questi vili pensieri si innalza la ragione illuminata, di cui Virgilio è quì il rappresentante, ed incoraggia il peccatore desideroso di penitenza col ricordargli la grazia divina ed il soccorso del cielo. Così l'uomo sperimenta che, se dall' un canto è vero ciò che Cristo dice, senza di mè voi non potete far nulla, egli è pur dall' altro canto non men vero che l' uomo può ogni cosa in Cristo, che lo fortifica, Coloss. IV, 13, di modochè può egli dire con S. Paolo: quando io sono debole, allora son forte, II Cor. XII, 10. Questo ne sembra essere il concetto intrinseco di questo canto.

abbandona l'impresa.

39. SI TOLLE, si distoglie, si leva, 40. OSCURA COSTA; la costa del monte qui rammentata è la deserta piaggia, l'erta da cui (Inf. I, 29. 31) Dante si partiva colla scorta di Virgilio. È detta oscura, perchè ivi il giorno se n'era andato e l'aer bruno già si annerava. Giul.

41. CONSUMAI, fui alla fine dell' impresa, cioè l'abbandonai.

42. TOSTA, formata nel principio così prontamente, senza alcuna esitanza.

44. MAGNANIMO, virtù opposta alla pusillanimità da cui Dante era preso. Ott. DEL MAGNANIMO QUELL' OMBRA è una metatesi e vale quanto 'ombra di quel magnanimo, cioè di Virgilio.

«L' anima tua è da viltate offesa,
46 La qual molte fiate l' uomo ingombra,
Sì che d' onrata impresa lo rivolve,
Come falso veder bestia quand' ombra.
49 Da questa tema acciò che tu ti solve

Dirotti perch' io venni, e quel che intesi
Nel primo punto che di te mi dolve.
52 Io era tra color che son sospesi,

E donna mi chiamò beata e bella,

Tal che di comandare io la richiesi.
55 Lucevan gli occhi suoi più che la stella;
E cominciommi a dir soave e piana
Con angelica voce in sua favella:

58

,0 anima cortese mantovana,

Di cui la fama ancor nel mondo dura,
E durerà quanto il mondo lontana:
61 L'amico mio e non della ventura,
Nella diserta piaggia è impedito
Sì nel cammin, che vôlto è per paura:
64 E temo che non sia già si smarrito

Ch' io mi sia tardi al suo soccorso levata,
Per quel ch' io ho di lui nel cielo udito.
67 Or muovi, e con la tua parola ornata

47. ONRATA onorata. OMBRA, adombra. Tom.

49. SOLVE, sciolga, liberi; affinchè tu ti liberi dai tuoi timori. 51. DOLVE = dolse, ebbi pietà.

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52. COLOR CHE SON SOSPESI, gli abitatori del limbo, cfr. C. IV, 24 sgg. i quali essendo dall' un canto senza speme di conseguire il paradiso, e vivendo dall' altro canto senza martiri, sol di tanto offesi che senza speme vivemo in disio sono in certo modo sospesi fra cielo ed inferno. Alcuno crede aver Dante qui pensato ad un miglioramento nella sorte degli abitatori del limbo, ma allora questo limbo non potrebbe essere al di là della porta fatale sulla quale si legge: lasciate OGNI SPERANZA voi ch' entrate, nè Virgilio avrebbe detto che i suoi abitanti vivono SENZA SPEME.

53. DONNA, chi sia questa donna lo dirà in breve, v. 70.

55. LA STELLA, intende le stelle in generale, ponendo il singolare qual collettivo invece del plurale: le stelle.

56. PIANA con voce sommessa.

57. IN SUA FAVELLA, parlando con voce angelica. Non intendesi qui della lingua nella quale, ma del suono della voce con cui parlava.

-

60. MONDO, diversi codici ed edizioni leggono moto invece di mondo. Ma quest' ultima lezione, quantunque la più semplice, parmi preferibile all' altra. «E durerà quanto il mondo lontana; cioè durerà lontana, cioè lunga tanto, quanto durerà il mondo.» Buti. LONTANA lunga; così pure Parad. XV, 49: lontan digiuno lungo desiderio.

=

61. L'AMICO MIO ecc. Il Tommaseo spiega: «me ama, non i beni estrinseci a me.>> Ma Beatrice non poteva ancora dire che Dante lei amasse, anzi doveva lagnarsi: Questi si tolse a me, e diessi altrui, Purg. XXX, 126. Meglio perciò l'altra spiegazione: colui che è caro a me e bersagliato dalla sorte. E lo stesso come se Beatrice dicesse: lo sventurato mio amico.

62. IMPEDITO, dalle tre fiere, e più spezialmente dalla lupa (I, 49 sgg.), cioè dalla concupiscenza degli occhi.

E con ciò che ha mestieri al suo campare,
L'ajuta sì, che io ne sia consolata.

70 Io son Beatrice che ti faccio andare;
Vegno di loco, ove tornar disío:
Amor mi mosse, che mi fa parlare.
73 Quando sarò dinanzi al Signor mio,
Di te mi loderò sovente a lui.'
Tacette allora; e poi cominciai io:
76 -,0 donna di virtù, sola per cui

L'umana spezie eccede ogni contento
Da quel ciel che ha minor' li cerchi sui:
79 Tanto m' aggrada il tuo comandamento,

Che l' ubbidir, se già fosse, m' è tardi;

70. BEATRICE, l'eroe del Poema di Dante, fù l'oggetto del suo puro ed angelico amore. Vedi sopra Beatrice, figlia di Folco Portinari, la vita nuova e nei nostri prolegomeni il capitolo sulla vita di Dante. Diverse sono le opinioni intorno al senso allegorico di Beatrice. Chì la disse simbolo della teologia, chì della divina grazia, chì la chiamò il genio del cristianesimo ecc. Interroghiamone Dante medesimo. L' uffizio di Beatrice nella Commedia è di condurre Dante dal paradiso terrestre al paradiso celeste. Il paradiso celestiale è, come Dante ne insegna (De Mon. III §. 15), figura della «beatitudine di vita eterna, la quale consiste nella fruizione dello aspetto divino, alla quale la propria virtù non può salire se non è dal divino lume aiutata». A questa beatitudine l'uomo perviene «per gli ammaestramenti spirituali che trascendono l' umana ragione» sotto la direzione dell' autorità ecclesiastica (Mon. loc. cit. verso il fine). Dacchè dunque Dante perviene al paradiso celestiale sotto la direzione di Beatrice, converrà dire esser questa nel senso allegorico il simbolo dell' autorità ecclesiastica. E poichè questa autorità deve dirigere l' uomo «secondo la rivelazione», Beatrice simboleggerà la ecclesiastica autorità inquanto essa è in possesso della divina rivelazione. Ulteriori prove che confermano la nostra opinione ce ne somministreranno gli ultimi canti del Purgatorio.

Dal sin qui detto facilmente ricavasi quale sia il senso allegorico di Virgilio. L' uffizio suo è di condurre Dante per le regioni dello Inferno e del Purgatorio sino al paradiso terrestre. «Pel paradiso terrestre si figura la beatitudine di questa vita, che consiste nelle operazioni della propria virtù» (Mon. l. c.). A questa beatitudine l' uomo perviene «per gli ammaestramenti filosofici», sotto la direzione e mediante la guida dell' autorità imperiale (Mon. ibid.). Adunque Virgilio dovrà essere il simbolo dell' autorità imperiale la quale «secondo gli ammaestramenti filosofici dirizza gli uomini alla temporale felicità.»>

Beatrice è colei che fà andare Virgilio, poichè «il temporale riceve dello spirituale questo: che più virtuosamente adoperi per lo lume della grazia (Mon. III, 4.).

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71. DI LOCO, dal paradiso.

72. AMOR, l'amore che porto all' amico mio.

73. SIGNOR MIO, Dio.

74. DI TE MI LODERÒ, «<lodarsi d' uno ad un altro è acquistar grazia di uno ad un altro contandogli i meriti di colui colla persona che parla.»> Cesari. Cfr. Purg. I, 83.

76. DONNA DI VIRTÙ, - la «gentilissima Beatrice fù - - reina delle virtù V. N. §. 10. «Tutti sanno che tu sei donna di virtù», Rut III, 11. 77. CONTENTO = contenuto. Cfr. Par. II, 114.

78. QUEL CIEL, il cielo della luna.

80. SE GIA FOSSE, se già fossi occupato ad eseguire il tuo commandamento; << vorrei averlo già fatto.» Tom.

Più non t'è uopo aprirmi il tuo talento. 82 Ma dimmi la cagion che non ti guardi

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Dello scender quaggiuso in questo centro
Dall' ampio loco ove tornar tu ardi.'-
-,Da che tu vuoi saper cotanto addentro
Dirotti brevemente', mi rispose,

, Perch' io non temo di venir qua entro.
88 Temer si dee di sole quelle cose

91

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Ch' anno potenza di fare altrui male:
Dell' altre no, chè non son paurose.
Io son fatta da Dio, sua mercè, tale

Che la vostra miseria non mi tange,
Nè fiamma d'esto incendio non m' assale.
Donna è gentil nel ciel, che si compiange
Di questo impedimento ov' io ti mando,
Sì che duro giudicio lassù frange.
Questa chiese Lucia in suo dimando,

81. APRIRMI = non è oramai più necessario che tu mi manifesti ulteriormente il tuo talento, ossia la tua volontà, il tuo desiderio. 83. CENTRO, limbo. «La terra è centro del mondo

perocchè ella

è nel mezzo di tutti i cieli e di tutti gli elementi: ma il diritto centro si è appunto quel miluogo della terra dentro, che è in mezzo della terra, come la granella in mezzo del pomo. Quello è il diritto centro, ove noi crediamo sia l' Inferno.» Fra Giordano, Pred. 1, 147.

84. AMPIO LOco, l'empireo, il cielo ch'è pien d'amore e più ampio si spazia Purg. XXVI, 63. - ARDI, desideri ardentemente.

90. PAUROSE, da doverne avere paura. Avvegnachè io camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno. Salm. XXIII, 4. 92. TANGE, tocca.

93. FIAMMA D' ESTO INCENDIO, «dimostra quì la fiamma dell' incendio dello inferno; chè nel limbo non è incendio; ma quando dice la vostra miseria, s' intende di quelli del limbo: imperò che in miseria sono in quanto sono privati di beatitudine.» Buti.

94. DONNA GENTILE, nel senso letterale la vergine Maria, La cui benignità non pur soccorre

A chi domanda, ma molte fiate

Liberamente al domandar precorre. Par. XXX, 16.

Il nome della Vergine si tace quì e per ogni dove nell' Inferno, come pure il nome del divino di lei figlio; il motivo di questo silenzio si è, che questi nomi son troppo sacri e sublimi, per pronunziarli nel luogo del peccato, della depravazione e della brutalità. Nel senso allegorico la donna gentile è il simbolo della grazia divina, o dicasi della grazia in generale. - SI COMPIANGE, si duole a Dio.

95. IMPEDIMENTO, nella diserta piaggia v. 62 sg.

96. DURO GIUDIZIO, «la rigorosità della divina giustizia che vuol che chiunque pecca sia dannato.» Daniello. FRANGE, rompe.

97. LUCIA, letteralmente la Santa di questo nome, forse la celebre martira di Siracusa, forse Lucia Ubaldini, sorella del Cardinale Ottaviano Ubaldini (Inf. X, 120), la quale intorno al 1225 viveva nel chiostro di S. Chiara detto di Monticelli presso Porta San Pier Gattolini a Firenze e più tardi venne canonizzata. Allegoricamente Lucia è, come il di lei nome già lo dice, il simbolo della grazia illuminante. La chiesa cattolica venera S. Lucia come ajutatrice di chi soffre male di occhi. Dante è il suo fedele, dall' un canto perchè egli portava una venerazione speciale a S. Lucia (forse perchè egli stesso fù due volte infermo degli occhi, vedi

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