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E l' un gridò da lungi: «A qual martiro
Venite voi che scendete la costa?
Ditel costinci, se non, l'arco tiro.»>
64 Lo mio maestro disse: «La risposta

Farem noi a Chiron costà di presso:
Mal fu la voglia tua sempre si tosta.>>
67 Poi mi tentò, e disse: «Quegli è Nesso,
Che morì per la bella Dejanira,

E fe' di sè la vendetta egli stesso.
70 E quel di mezzo, che al petto si mira,
È il gran Chirone, il qual nudrì Achille;
Quell' altro è Folo che fù sì pien d' ira.
D' intorno al fosso vanno a mille a mille,
Saettando quale anima si svelle

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Del sangue più che sua colpa sortille.>> 76 Noi ci appressammo a quelle fiere snelle.

61. L' UN: quegli è Nesso, v. 67. pena e tormento.

A QUAL MARTIRO: a qual sorta di

63. COSTINCI: di costi, del luogo ove voi siete. SE NON: se non lo dite. L'ARCO TIRO: vi saetto.

65. CHIRON: capo de' Centauri. COSTÀ DI PRESSO: quando saremo giunti presso a voi. La mitologia chiama Chirone il più giusto di tutti i Centauri, e racconta che nella guerra di Ercole coi Centauri egli abbia voluto pacificare le parti. Era adunque il men furioso di quella brigata e perciò Virgilio vuol parlare a lui.

66. MAL: per te. TOSTA: precipitosa. per Dejanira, che gli costò la vita. 67. MI TENTO: mi toccò col gomito.

Allnde all' amore di costui

68. MORI: volendo rapire Dejanira, moglie di Ercole, costui lo saettò ed uccise.

69. DI SE: diede a Dejanira la camicia bagnata del suo sangue, facendole credere che essa avesse la virtù di fare innamorare chi se ne vestisse. Dejanira, credendogli, e volendo conservarsi l'amore di Ercole, gliela mise in dosso, onde Ercole montò in furore. L'ira è contagiosa.

70. SI MIRA: atto proprio a persone gravi e pensierose.

71. CHIRONE: figlio di Saturno e di Filira, figlia dell' Oceano. Saturno sua padre, infiammato di amore per Filira, e temendo nondimeno la gelosía di Rea, sua moglie, si trasmutò in cavallo, e sotto questa forma generò Chirone, il quale per tal motivo ebbe forma di Centauro. Egli è adunque diverso dagli altri Centauri. Secondo la favola Chirone fu medico, indovino, astrologo e musico famosissimo. Nudri ed educò Achille, Esculapio, Ercole e diversi altri famosi Greci.

72. FoLo: altro Centauro che nelle nozze di Piritoo ed Ippodamia, riscaldato dal vino, voleva sforzare la sposa e le altre donne dei Lapiti. "In Nesso è figurata la cupidigia violenta; in Folo, il violento furore.»> Tom.

73. VANNO: i Centauri, da' quali i tre nominati, come i principali, si erano dipartiti, v. 59. per andar incontro ai due poeti.

74. QUALE: ogni anima la quale, onde alleggerire le sue pene, si alza più di quanto la sua colpa le permette. I peccatori di questo cerchio escono di quel bulicame più o meno, secondo il grado della loro colpa.. SVELLE: si alzi, esca fuori del bollente sangue.

75. SORTILLE: le diede in sorte.

76. FIERE: tali erano i Centauri dall' ombelico in giù. SNELLE: veloci, leggiere.

Chiron prese uno strale, e con la cocca
Fece la barba indietro alle mascelle.
79 Quando s' ebbe scoperta la gran bocca
Disse ai compagni: «Siete voi accorti

82

Che quel di retro move ciò ch' ei tocca?
Così non soglion fare i piè de' morti.»

E il mio buon duca, che già gli era al petto,
Ove le due nature son consorti,
85 Rispose: «Ben è vivo, e sì soletto

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Mostrargli mi convien la valle buja,
Necessità il c' induce e non diletto.
Tal si partì da cantare alleluja

Che ne commise quest' uficio nuovo;
Non è ladron, nè io anima fuja.
Ma per quella virtù per cui io muovo
Li passi miei per sì selvaggia strada

Danne un de' tuoi, a cui noi siamo a pruovo,

94 Che ne dimostri là ove si guada,

77. STRALE: saetta.

penne.

COCCA: il di sotto della freccia, ove sono le

78. FECE si pettinò la barba indietro verso le mascelle. Voleva parlare, e per venir inteso gli bisognava aver la bocca libera, che la barba copriva.

80. SIETE: vi siete voi accorti, avete già osservato.

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Sotto i miei piedi per lo nuovo carco. v. 29. 30.

82. Così: Venendo morti essi non movono ciò che i loro piedi toccano; lo curco di un vivo era infatti nuovo a quelle pietre.

83. AL PETTO: non gli aggiungeva più su, essendo Chirone un grande, v. 71.

84. DUE: umana e cavallina. SON CONSORTI: si congiungono. 85. vivo: in doppio senso, corporalmente e spiritualmente.

SO

LETTO: solo. Da Virgilio in fuori nessun' altro poeta descrisse una discesa all' inferno fuorchè Dante. Con questo verso Dante protesta profeticamente contro l' accusa, aver egli imitato un qualche fratuccio od attinto alle sue visioni.

86. LA VALLE: l' inferno, cfr. Purg. I, 43. 44.

87. NECESSITÀ: di sua salute. IL C' INDUCE: lo induce a fare un tal viaggio.

88. TAL: Beatrice; cfr. Inf. IX, 8. DA CANTARE: dal paradiso. 89. NE: a noi due. UFICIO: di percorrere il regno de' morti.

90. NON È questo vivo che io guido. LADRON: violento rapitore dell' altrui avere, come son quelli che vengon puniti in questo cerchio. FUJA: ladra; da furo, mutata la r in i, come pur si dice paro e paio, danaro e danaio ecc. Ottimamente l' Ottimo: «non è ladrone elli, nè io anima di ladrone.» Questo senso ha per sè la ragione etimologica ed è inoltre il solo che si affà ottimamente col tutto insieme. Vedi Parad. 1X, 75.

91. VIRTÙ: divina.

93. UN: uno de' tuoi Centauri. A PRUOVO: appresso, vicino, dal lat. ad prope. Il senso è: Dacci uno de' tuoi Centauri che ci serva di guida. 94. NE: ci. - SI GUADA: il fiume di bollente sangue.

DANTE, Divina Commedia. I.

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E che porti costui in su la groppa; Chè non è spirto che per l'aer vada.» 97 Chiron si volse in su la destra poppa,

E disse a Nesso: «Torna, e si li guida, E fa cansar, s' altra schiera v' intoppa.» 100 Noi ci movemmo con la scorta fida

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Lungo la proda del bollor vermiglio,
Ove i bolliti facean alte strida.

Io vidi gente sotto infino al ciglio;

E il gran Centauro disse: «Ei son tiranni
Che diêr nel sangue e nell' aver di piglio.

106 Quivi si piangon li spietati danni,
Quivi è Alessandro, e Dionisio fero

95. COSTUI: Dante.

96. CHE: poichè costui essendo ancor vivo non può volar per l' aria come gli spiriti fanno.

97. SU LA DESTRA POPPA: sul latro destro; cfr. Inf. XVII, 31.

98. TORNA: indietro. Nesso con Chirone e Folo era venuto incontro ai due Poeti; questi continuano il loro cammino; onde accompagnarli Nesso deve dunque tornarsene indietro. Ricordiamoci che i due Poeti vanno sempre a sinistra. sì: così, cioè come Virgilio ha chiesto. 99. FA CANSAR: fa scostare. ALTRA SCHIERA: di Centauri, i quali D' intorno al fosso vanno a mille a mille. v. 73.

V' INTOPPA: vi scontra.

100. CON LA SCORTA: con Nesso. «Fida scorta, perchè era loro data che gli guidasse.» An. Fior. « Parla quivi per lo contrario, che non fu

fido a Deianira.» Buti.

101. PRODA: la ripa del fiume di bollente sangue.

103. GENTE: i tiranni.

104. IL GRAN CENTAURO: Nesso. Così pure: il gran Chirone, v. 71. 105. DIER DI PIGLIO: manomisero la persona e la roba altrui.

106. SPIETATI: crudeli. DANNI: recati altrui.

107. ALESSANDRO: di Ferèa, di cui parla a lungo Diodoro di Sicilia (1. 15 e 16), ponendolo, d' accordo col Nostro, insieme con Dionisio. Fra le altre crudeltà di costui si dice facesse vestire gli uomini di pelli ferine e poi gettarli ai cani onde essere lacerati; godeva inoltre di far seppellir vivi gli uomini, menava vanto delle sue atrocità, si vergognava di sentir qualche compassione degli infelici (Plut. Pelop. c. 29.). Altri pretendono che questo Alessandro sia piuttosto Alessandro il Grande, riferendosi al seguente passo di Lucano (Farsalia 1. X, 19):

Illic Pellaei proles vesana Philippi

Felix praedo jacet, terrarum vindice fato
Raptus, sacratis totum spargenda per orbem
Membra viri posuere adytis.

Ma nelle altre sue opere Dante parla di Alessandro il Macedone in modo troppo favorevole, che non lascia luogo a supporre aver egli qui posto lui a tanto cruda pena. Nel trattato De Monarchia (1. II c. 9. ed. Witte) egli annovera il gran Macedone fra que' che si accostarono alla palma della Monarchia universale: Alexander rex Macedo, maxime omnium ad palmam Monarchiae propinquans etc. E nel Convito (1. IV, c. 11.) ei lo loda di liberalità: E chi non ha ancora nel cuore Alessandro, per li suoi reali beneficii!

DIONISIO: tiranno di Siracusa, il seniore.

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Che fe' Cicilia aver dolorosi anni.
E quella fronte che ha il pel così nero

E Azzolino. E quell' altro che è biondo
È Obizzo da Esti, il qual per vero

112 Fù spento dal figliastro su nel mondo.>>
Allor mi volsi al poeta; e quei disse:

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Questi ti sia or primo, ed io secondo.»> 115 Poco più oltre il Centauro s'affisse

108. CICILIA: Sicilia. -ANNI: Dionysius Syracusarum tyrannus duo de quadraginta annorum dominationem peregit. Val. Max. 1. IX, c. 14. Tristes caedibus edidit annos. Stat. Achil. I, 80.

109. FRONTE: non si vede che questa, poichè costoro sono sotto infino al ciglio, v. 103. - IL PEL: i capelli.

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110. AZZOLINO: da Romano, perfido tiranno, della famiglia de' conti d' Onara, genero di Federico II imperatore; nacque nel 1194 e tiranneggiò la Marca Trivigiana e parte della Lombardia dal 1230 al 1260. Questo Azzolino fu il più crudele e ridottato tiranno che mai fosse fra' cristiani, e signoreggiò per sua forza e tirannia (essendo di sua nazione della casa di Romano gentile uomo) grande tempo tutta la Marca di Trevigi e la città di Padova e gran parte di Lombardia; e' cittadini di Padova molta gran parte consumò, e acceconne, pur de' migliori e de' più nobili in grande quantità, e togliendo le loro possessioni, e mandogli mendicando per lo mondo, e molti altri per diversi martirii e tormenti fece morire, e a un' ora undicimila Padovani fece ardere, -e sotto l'ombra di una rudda e scellerata giustizia fece molti mali, e fu uno grande flagello al suo tempo ecc.» Giov. Vill. 1. VI, c. 72. Vedi la dottissima opera di Filippo Zamboni: Gli Ezzelini, Dante e gli schiavi. 2a. ediz. (Vienna 1870.)

111. OBIZZO: Opizzone II da Este, marchese di Ferrara e della Marca d' Ancona. Guelfo rabbioso, crudele e rapace; dopo aver esercitato una tirannesca dominazione per 28 anni morì nel 1293. Si credette in quei tempi che il proprio figlio di Obizzo, Azzo VIII lo soffogasse con un piumaccio. Anche Dante sembra crederlo. Lo racconta pure il cronista Ricobaldo: Fraude filiorum suorum in lecto strangulatur, quia tertio filio minori aetatis sibi non inobedienti dominium Ferrariae conferre parabat. (Ric. ferrar. compil. chronol. apud Muratori: Rer. Ital. Script. T. IX, p. 253). Senonchè Ricobaldo è dei cronisti il solo che scrivesse Obizzo esser caduto per mano del figlio. « Dante cogliendo la mala voce che correva volgarmente di Azzo VIII, per colmo d' infamia, lo spaccia anch' egli per autore del parricidio nella persona di Obizzo suo padre. Ma per amore della verità, dobbiam dire che i suoi nemici gli avevano accumulate sul capo delle false imputazioni e calunnie, fra le quali ci sembra oramai indubitato che debba riporsi anche questa del parricidio, essendochè tutti gli storici convengono che fu egli piuttosto una vaga e crudele diceria, anzichè un fatto certo e provato.» (Mons. Cel. Masetti: Illustr. dell' epigr. di Martino ecc. Omaggio a Dante, p. 580. 581. Cfr. Gius. De Leva: Gli Estensi ricordati dall' Alighieri. Dante e Padova, p. 237 e seg.) PER VERO: se ne dubitava già allora.

112. SPENTO: ucciso. FIGLIASTRO: Azzo VIII. Era suo figlio. Dante lo chiama figliastro «però che figliuolo non può deliberato uccidere il padre. Molti si chiamano figli, e sono figliastri.» Ott. Per altro Dante lo credette forse figliastro. «Quelli che così scrivono, sono tra sè differenti, sì nel nome del padre come del figliuolo, che da alcuni di loro è chiamato figliastro.» G. Sardi: Hist. Ferr. (Ferrara 1556) pag. 143.

113. MI VOLSI: maravigliato di quel per vero udito da Nesso, v. 111. Dante stesso dubitava ancora della verità del parricidio imputato ad Azzo VIII, e ne chiede con uno sguardo il parere di Virgilio.

114. QUESTI: il Centauro. Vuol dire in sostanza: Intorno a ciò Nesso ne sà più di me.

115. S' AFFISSE: si fermò.

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Sovra una gente che infino alla gola
Parea che di quel bulicame uscisse.
Mostrocci un' ombra dall' un canto sola,
Dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
Lo cor che in sul Tamigi ancor si cola.»>
Poi vidi gente che di fuor del rio

Tenea la testa ed ancor tutto il casso;
E di costoro assai riconobb' io.
Così a più a più si facea basso

Quel sangue, sì che copria pur li piedi;
E quivi fu del fosso il nostro passo.
«Si come tu da questa parte vedi
Lo bulicame che sempre si scema»,
Disse il Centauro, «voglio che tu credi
Che da quest' altra a più a più giù prema
Lo fondo suo, infin ch' ei si raggiunge

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116. GENTE: gli omicidi i quali, men rei de' tiranni, sono men fitti nel sangue.

117. BULICAME: fiume di sangue bollente. << Bulicame chiama quel sangue che bolliva, et faceva cotali bolle come fa l' acqua calda, et da quelle gallozzole è detto bulicame, cioè bolicame.» An. Fior.

118. SOLA: per l' enormità del misfatto. È costui Guido di Monforte, il cui delitto Ricordano Malispini (cap. 208 ed. Follini) così racconta: «Negli anni di Cristo 1270, in Viterbo, essendo Arrigo fratello d' Adovardo figliuolo del Re Riccardo d' Inghilterra in una Chiesa alla messa, — Guido Conte di Monforte, il qual' era per lo Re Carlo Vicario in Toscana, non avendo riverenza di Dio nè del Re Carlo suo signore, uccise di sua mano con uno stocco il detto Arrigo, per vendetta del Conte Simone di Monforte suo padre, morto a sua colpa per lo Re d' Inghilterra: onde la Corte si turbò forte, dando di ciò grande riprensione al Re Carlo, che ciò non dovea sofferire, ma il detto Conte Guido, provveduto di compagnia, non solamente gli bastò d' avere fatto il detto omicidio, perch' uno cavaliere il domandò quello ch' egli avea fatto, rispuose: «ho fatto mia vendetta»; e quegli disse: «vostro padre fue trascinato», incontanente tornò nella Chiesa, e prese Arrigo per li capelli, e così morto il trainò fuori della Chiesa. Adovardo, fratello del detto Arrigo -se n' andò in Inghilterra, e 'l cuore del detto suo fratello in una coppa d' oro fece portare e porre in su una colonna in capo del Ponte di Londra sopra il fiume di Tamigi, per memoria agli Inglesi del detto fatto.>> Vedi inoltre: P. Rotondi, Guido di Montfort (Giornale del Cent. p. 398).

119. IN GREMBO: nella Chiesa.

120. SUL TAMIGI: a Londra. «Così denota Londra pel fiume, perchè il Tamigi è il fiume che scorre in mezzo a Londra.» Benv. Ramb. COLA: si venera; dal lat. colere, provenz. colar.

- SI

122. IL CASSO: il petto. Nel sangue basso giacciono i rei di ferite ed estorsioni.

124. A PIÙ A PIÙ: quanto più si andava in là, più si trovava mancare l'altezza del sangue nella fossa, e meno vi stavano fitti i peccatori. Buti. 125. PUR: solamente. LI PIEDI: de' peccatori.

126. PASSO: varco, guado, quivi noi passammo il fosso.

127. DA QUESTA: dalla parte onde siam venuti.

129. CREDI: creda. Gli antichi usarono per tutte le congiugazioni di terminare la seconda pers. del sogg. pres. in i ed in a.

130. GIÙ PREMA: la profondità del sangue va crescendo di passo in passo, finchè si raggiunge al luogo ove sono tormentati i tiranni, sommersi nel sangue infino al ciglio. Brg.

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